BANCA PIZZICATA DA UN CLIENTE OTRANTINO AD ARRICCHIRSI SUGLI ARROTONDAMENTI SUI TASSI D’INTERESSE IN UN CONTRATTO A TASSO VARIABILE

| 3 Maggio 2015 | 0 Comments

di Roberto De Salvatore___

Non sappiamo quale sia la banca in questione, ma questa è la realtà da sempre e ovunque. Mai una banca che sia trasparente quando apre un conto corrente o concede un mutuo. Solo quando i malcapitati cominciano ad accorgersi che i portafogli deperiscono più del dovuto aguzzano lo sguardo sulle carte alla ricerca degli ‘errori’. Ma quanti sono in grado di farlo? Un cittadino normale e che non abbia un master in economia alla Bocconi non può far altro che rivolgersi alla consulenza di una associazione di consumatori.

Nel caso di cui parliamo un cittadino di Otranto si è rivolto allo Sportello dei Diritti di Giovanni D’Agata da cui abbiamo ricevuto un comunicato stampa che descrive minuziosamente la disavventura occorsagli. Omettiamo per ragioni di privacy il nome della persona, tanto che si chiami Mario Rossi o Luigi Bianchi il copione è sempre lo stesso. Tutto nasce quando il malcapitato stipulò nel luglio 2011 un contratto di mutuo, a tasso variabile naturalmente (c’è da chiedersi che fine abbiano fatto i mutui a tasso fisso) con la sua banca accorgendosi che tale contratto presentava delle vere e proprie anomalie: in particolare verificava che la banca mutuante aveva proceduto nel corso degli anni all’aggiornamento erroneo su base trimestrale della misura del tasso contrattuale. La banca, infatti, aveva provveduto ad arrotondare, a proprio esclusivo vantaggio, il parametro di riferimento eletto in contratto (Euribor-365 a tre mesi, quotazione due giorni lavorativi precedenti), prendendo in considerazione anche i “millesimi” del relativo valore, nonostante tra le parti fosse stato concordato “l’arrotondamento al centesimo e cioè lo 0,05 superiore”. Lo stesso cittadino rilevava, infatti, in data 1 maggio 2014, un “aumento ingiustificato” dall’1,80% all’1,85% del tasso di interesse regolante le rate di maggio, giugno e luglio 2014, “nonostante l’Euribor nei due giorni lavorativi precedenti all’1 maggio (29.4.2014) risulta essere pari a 0,35% quindi sommando lo spread (l’unico profitto per la banca) di 1,45% la somma totale è di 1,80%”. A seguito delle ricognizioni del rimborso sin lì eseguito poteva rilevare che la prassi seguita dall’intermediario era quella “normale” tanto che “anche nei mesi di agosto/settembre/ottobre 2012, novembre/dicembre/gennaio 2013 e febbraio/marzo/aprile 2014 il tasso di interesse non corrispondeva a quanto invece sarebbe dovuto essere stato.

Viste tali incongruenze e la sorpresa manifestata dagli operatori della stessa banca alle legittime richieste di spiegazioni, l’utente decideva di presentare ricorso il 13 giugno 2014 allegando anche un preciso prospetto di calcolo, all’Arbitro Bancario Finanziario del Collegio di Napoli il quale nonostante le resistenze dell’istituto di credito con decisione prot. N. 0003262/15 dello scorso 28 aprile sul ricorso n. 0608908/2014 dava completamente ragione al consumatore, disponendo il diritto del ricorrente alla rideterminazione del tasso d’interesse nei sensi di cui in motivazione e condannando l’intermediario a corrispondere alla Banca d’Italia la somma di € 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di € 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso. Si legge in motivazione infatti: “In conclusione, l’interpretazione che appare più corretta della clausola di cui all’art. 5 del contratto qui dedotto, alla luce dei canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e seguenti del codice civile, con particolare considerazione per la regola dell’interpretatio contra proferentem di cui all’art. 1370 c.c. (peraltro, sostanzialmente riprodotta nell’art. 35, 2° comma, cod. consumo), induce il Collegio ad affermare come le correzioni della seconda cifra decimale, al fine di operare l’“arrotondamento allo 0,05 superiore” siano giustificate solo quando la detta cifra centesimale sia diversa dallo 0 o dal 5, con questa particolare avvertenza, che se la cifra è compresa tra 1 e 4 l’arrotondamento è alla cifra superiore 5, mentre se la cifra è compresa tra 6 e 9, l’arrotondamento conduce alla correzione anche della prima cifra decimale dopo la virgola (es. 0,39 va arrotondata a 0,40).

Diversamente, la soluzione che è stata concretamente applicata dall’intermediario non può essere condivisa, e la sua erroneità è dimostrata dalle conseguenze che essa trae con sé: tutte le somme sarebbero bisognose di arrotondamenti, anche nel caso in cui si abbiano già in partenza valori pari a multipli di 0,05. L’interpretazione propugnata e applicata dall’intermediario presuppone, infatti, un’indebita equiparazione tra la nozione di “arrotondamento” e la distinta nozione di “maggiorazione”.

Per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, si tratta di un’importantissima decisione da parte dell’ABF che la nostra associazione segnala in anteprima e che potrà avere potenziali riflessi su migliaia di contratti di mutuo analoghi giacché la prassi denunciata dall’attento consumatore riguarderebbe la generalità dei contratti di tal tipo.

Ci sarebbe da chiedersi come mai le banche siano tutte in sofferenza e la politica (Monti ne è un esempio lampante, ma non il solo) si prodighi nel salvataggio delle stesse, dimenticando che una banca è solo una azienda e in tutti i paesi civili quando una azienda è malata non può essere salvata sulla pelle dei cittadini ma muore come stanno morendo migliaia di aziende italiane. Lo aveva detto il filosofo Platone che il vero pericolo destabilizzante di una democrazia sono i mercanti, il denaro è la chiave per creare le dittature. Non farsi ingannare da questo sistema è prioritario: le banche saranno pure in sofferenza, ma lo sono perché hanno finanziato politici amici o sono state ingolfate dai titoli derivati tossici nei quali qualcuno le ha costrette ad investire. Per il colmo dell’ironia poi se apri oggi un conto corrente la banca ti fa pagare anche le spese per i documenti sulla ‘trasparenza’, documenti che non è in grado di leggere nessuno a meno che non sia un esperto in finanza. E allora? Ricorrere al vecchio, caro, borbonico libretto postale? Può essere anche un’idea, almeno fino a quando la Cassa Depositi e Prestiti, in cui sono convogliati i risparmi postali non passerà di mano. Forse lo sarà presto, e secondo voci accreditate saranno i cinesi ad acquisirla, sperando almeno di liberarci dalla truffa dell’euro e fare riferimento allo yuan!

 

Category: Cronaca

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