LA LETTERA DI DIMISSIONI DI FITTO AL CAPOGRUPPO DEL PPE AL PARLAMENTO EUROPEO MANFRED WEBER.

| 18 Maggio 2015 | 1 Comment

di Roberto De Salvatore___

 A proposito di situazioni ‘intoccabili’, dignitosa appare la lettera di dimissioni dal Partito Popolare Europeo di Raffaele Fitto indirizzata al capogruppo Manfred Weber (in foto). Uno scatto di orgoglio per non restare invischiato in una rete soffocante rappresentata da Forza Italia e dal fatale declino di Berlusconi, che aveva fatto male i suoi conti con il coraggio e l’intraprendenza del suo ex delfino.

Alcuni in questi giorni hanno paragonato lo strappo Fitto-Berlusconi a quello avvenuto qualche tempo fa fra Berlusconi e Gianfranco Fini, o a quello più recente fra il ‘cavaliere’ e Angelino Alfano. Niente di più sbagliato. Lo strappo che ha portato Fitto fuori da Forza Italia non ha niente a che vedere con i personalismi legati alla persona ma sulla sostanza, una sostanza che vede oggi FI disgregata nella sua personalità originaria e appiattita alla politica renziana. Fitto in sostanza si sarà domandato su cosa abbia portato nove milioni di elettori, naturalmente orientati verso il centrodestra liberale costruito in anni da Silvio Berlusconi, a scegliere altri lidi. Sicuramente avrà giocato un ruolo importante il fatto che il PPE non abbia saputo svolgere un ruolo decisivo nella creazione di programmi europei alternativi a quelli basati sul rigore.

Fitto nella lettera a Weber afferma infatti: ‘Non si tratta – come purtroppo accade – di difendere l’esistente come se fosse un impianto “intoccabile”, ma occorre semmai avere la visione l’ambizione di ridiscutere i Trattati. Ad esempio, come alcuni di noi dicono da tempo, cogliendo la suggestione e il percorso indicato da sinceri europeisti come gli ex ministri italiani Giuseppe Guarino e Paolo Savona, occorre mettere in campo la contestazione giuridica, non solo politica, del Fiscal Compact. Il Fiscal Compact sopprime infatti la sovranità fiscale degli Stati firmatari, in violazione del Trattato di Lisbona al quale pure si richiama. È probabile che il Fiscal Compact sia stato una scorciatoia, visto che l’unanimità tra i 27 Paesi membri necessaria a modificare il Trattato di Lisbona non sarebbe mai stata raggiunta. Fatto sta che questo Trattato rimane illegale. Non ha la forza costituzionale per modificare il Trattato di Lisbona. Venendo all’Italia, in particolare, è ormai chiaro a tutti che senza una crescita economica robusta non può esserci nemmeno un vero risanamento dei conti pubblici, cioè il rientro da deficit e debito che l’Europa ci chiede. Ormai tutti riconoscono che è la scarsa crescita ad ostacolare il percorso di risanamento, e che l’austerità non solo non è bastata, ma si è rivelata controproducente. Il rischio di inseguire gli obiettivi di bilancio a colpi di tasse e manovre meramente ragionieristiche, senza riforme né una vera politica economica, è quello di avvitarsi in una spirale recessiva senza fine e, quindi, verso il declino.’

Un declino, aggiungiamo noi, evidente e non solo per quanto riguarda l’economia miope dell’UE ormai concepita con ostilità da ogni cittadino di qualsiasi paese europeo, ma ad esempio anche nella incapacità, o peggio indifferenza, nell’affrontare il problema dei flussi migratori. L’Europa si trova d’accordo solo quando si tratta di essere intransigenti su economia e quadrature di bilanci, tralasciando tutto il resto, e i cittadini vivono questa scelta scellerata con sempre maggiore insofferenza (tranne i tedeschi). Questa è l’Europa delle banche e dei tecnocrati, non certo dei politici. I politici che pensarono l’Europa unita hanno commesso solo un errore: non mettere nell’agenda all’ultimo posto l’unione monetaria, a parte l’ingenuità di ritenere di poter rendere omogenei paesi e popoli con storie ed economie assolutamente diverse. Forse Schumann, Adenauer e De Gasperi avrebbero fatto meglio a dormire sonni senza sogni.

 

Category: Politica

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Comments (1)

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  1. Cristina ha detto:

    E’ sempre un piacere leggere i suoi articoli dott. De Salvatore

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