IL PROGETTO DI AMPLIAMENTO DELLA CAVA DI NARDO’

| 15 Novembre 2015 | 0 Comments

Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Da Nardò, Massimo De Marco, Roberto Presta e Cristian Casili, per conto el locale meetup del M5S, ci scrivono______

La vicenda Itasmal ci da la reale percezione del fallimento, in ogni ambito, dell’amministrazione comunale attuale e della superficialità con cui si trattano tematiche delicate per i cittadini e l’ambiente.

La sentenza del TAR di Lecce ha posto in evidenza in maniera inconfutabile uno dei tanti pasticci che l’amministrazione di concerto con alcuni uffici ha compiuto sulla vicenda del progetto di ampliamento della cava di calcarenite adiacente la discarica di Castellino (nella foto, ndr) in località “Masseria Pantalei”.

Le motivazioni della sentenza portano alla luce l’inefficienza e la leggerezza con cui sono stati compiuti alcuni atti fondamentale per scongiurare un progetto potenzialmente pericoloso per i neritini e l’ambiente.

Tutto ha avuto inizio nel 2011, quando l’azienda Itasmal S.r.l. ha presentato richiesta del parere previsto dalla legge regionale N 47 del 1985 per un progetto di ampliamento della cava di calcarenite sita in contrada “Pantalei” adiacente la discarica RSU di Castellino.

Per tre anni, è stata fatta melina, con la produzione da parte dell’amministrazione di numerose richieste di integrazione documentale, soddisfatte dall’azienda, fino all’indizione della conferenza dei servizi che in prima istanza ha richiesto all’azienda di produrre e inviare a tutte le amministrazioni coinvolte, tutta la documentazione presentata al comune. In giugno 2014 il consiglio comunale di Nardò con provvedimento N 71 deliberava finalmente “la contrarietà al progetto della ditta Itasmal s.r.l. ritenendo lo stesso impattante per la popolazione e l’ambiente insistendo in una porzione di territorio già abbondantemente compromessa dagli interventi effettuati finora” (la discarica di Castellino) e imponeva al dirigente dell’area 2 e 4 di rappresentare tale decisione in conferenza dei servizi e di inoltrare il provvedimento al presidente della stessa Dott. G. Falco.

In luglio 2014 il Presidente della conferenza dei servizi approva una determina in cui, cita testualmente tutto l’iter endoprocedimentale, e da esito negativo alla richiesta dell’azienda, che ricorre al TAR che accoglie il ricorso.

Dalle motivazioni emerse con la sentenza del TAR possiamo ammirare la profonda superficialità con cui è stata trattata dagli organi preposti l’intera faccenda.

Insomma, appare evidente che l’amministrazione non è stata in grado in termini di competenza ed efficienza di prendere una posizione forte e decisa contro un progetto che potrebbe sussistere su di un territorio già mortificato e martoriato dalla discarica di Castellino, e che il provvedimento conclusivo sul procedimento di Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) del Responsabile dell’Area funzionale 4 – Attività Produttive – SUAP- Agricoltura, sia stato scritto dal dirigente con i piedi senza valide motivazioni; tanto è vero che il TAR, sempre nella sentenza, lo bacchetta dicendo …“Non si può ritenere assolto l’obbligo motivazionale dalla MERA elencazione degli atti endoprocedimentali laddove non siano esplicitate le ragioni di fatto e di diritto che hanno portato l’amministrazione ad escludere la compatibilità ambientale del progetto”…”considerato che il provvedimento impugnato dalla Itasmal NON CONTIENE una motivazione adeguata circa l’assoluta incompatibilità del progetto con le ragioni di tutela ambientale…” .

Noi crediamo che questo progetto sia da fermare una volta per tutte e facciamo nostre le osservazioni della consulta per l’ambiente che da parere negativo motivandolo essenzialmente in tre punti:

1) Manca una reale valutazione della potenziale dispersione acustica e delle polveri

2) Esiste il forte rischio che riducendo il diaframma roccioso tra la cava e la RSU di Castellino si possa verificare fuoriuscita di percolato, evento peraltro gia accaduto nel 2000, con conseguenze nefaste per la sicurezza e la salute dei lavoritori stessi e dell’ambiente in generale.

3) “appare giocoforza opportuno presumere che l’autorizzazione a coltivare quella porzione di cava ESAURITA possa solo servire a sanare una situazione di inadempienza alla rinaturalizzazione della cava stessa”.

La cosa certa è che i neretini escono sconfitti da questo pasticciaccio brutto, infatti a carico delle loro tasche ci saranno le spese di lite, il costo dell’eventuale ricorso al Consiglio di Stato, per non parlare del rischio dell’avverarsi di un progetto dannoso per una terra già martoriata.

Un’amministrazione attenta e capace non si sarebbe mai trovata in questa situazione.

Basta pasticci in Piazza Cesare Battisti

 

 

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