‘Non nel mio piatto’ – video / PARTITA UNA CIVILISSIMA CAMPAGNA DI COMUNICAZIONE CONTRO LE SOFFERENZE INFLITTE AGLI ANIMALI DALL’ INDUSTRIA ALIMENTARE. OCCORRE COMINCIARE A CREARE SUBITO LE CONDIZIONI “per un cibo più giusto e per tutti”

| 20 Gennaio 2016 | 0 Comments

“Quando ci sediamo a tavola a colazione, pranzo o cena, sappiamo cosa mangiamo? Per le ricette e per i sapori ci affidiamo al nostro gusto ma per la bontà, la salubrità, i valori nutrizionali del nostro cibo ci rifacciamo alle informazioni che troviamo sull’etichetta e ci lasciamo suggestionare dalle immagini stampate sulle confezioni, dagli slogan, dai jingle della pubblicità e dai consigli di tanti “esperti”.

Così, ad esempio, finiamo per pensare che comprare un formaggio con l’immagine di una vacca al pascolo sulla confezione sia sinonimo di genuinità, buon trattamento dell’animale, e rispetto per l’ambiente. O che la denominazione “da allevamento a terra” scritta su una confezione di pollo significhi che l’animale sia libero di razzolare. Purtroppo le cose non stanno così”.

Comincia così il comunicato dell’ associazione Ciwf Italia, con sede a Bologna, con cui presenta un’ iniziativa di informazione, partita nei cinema di tutta Italia, finanziata da 539 singoli cittadini con donazioni su internet, con la proiezione di questo video:

https://www.youtube.com/watch?v=p86qKOM-vnI

La campagna di comunicazione ad esso collegata, prosegue così:

APRIAMO GLI OCCHI SULLA VERITA’. La propaganda della grande industria alimentare si guarda bene dal mostrare le reali condizioni di vita degli animali negli allevamenti italiani. Ha creato un immaginario artificiale per poter nascondere le pratiche crudeli d’allevamento come le gabbie, oppure le condizioni vergognose in cui si trovano gli animali negli allevamenti intensivi: stipati in recinti sovraffollati, collocati in edifici sudici, costretti a vivere nella melma, tra i loro stessi escrementi. 

Come le immagini creano un immaginario distorto, anche alcune espressioni come “100% prodotto italiano” e “fatto in Italia” sembrano suggerire che gli allevamenti italiani siano diversi da quelli del resto dell’UE e del mondo. L’italianità come una sorta di garanzia di affidabilità, qualità e benessere animale. Purtroppo un mito tenuto vivo solo dalle apparenze. L’industria alimentare gioca con il nostro immaginario e lascia passare messaggi fuorvianti, nasconde la verità sui cibi che mangiamo, perché in definitiva la verità farebbe vendere di meno.

LA SOFFERENZA DEGLI ANIMALI È UNA CATASTROFE PER NOI E PER IL PIANETA 

Il sistema attuale di produzione del cibo per i paesi industrializzati si sta sempre più dimostrando una grandissima catastrofe: si fonda sulla sofferenza di miliardi di animali e impatta in modo drastico sulla nostra salute e sulle risorse necessarie alla vita come acqua, biodiversità, suolo e clima. 

Si pensava che questo sistema, improntato sull’intensificazione della produzione agricola, in particolare zootecnica, fosse quello in grado di garantire l’accesso universale e democratico al cibo, incentivando il consumo di carne e prodotti di origine animale.

Ma se andiamo a vedere come stanno le cose, a oggi ci sono ancora 795 milioni di persone nel mondo che non hanno abbastanza da mangiare; e dall’altro lato la popolazione occidentale è spesso ipernutrita con cibo malsano che la porta a sviluppare malattie quali diabete, malattie cardiovascolari, specifiche tipologie di tumori. 

E di pari passo all’intensificazione dei sistemi d’allevamento, si è registrato un uso eccessivo di antibiotici nella zootecnia, con enormi impatti sulla salute pubblica. In Italia, il 71% degli antibiotici venduti è destinato agli animali, ed è una delle principali cause dell’antibiotico resistenza, un fenomeno che rende i nostri farmaci inefficaci proprio nel momento in cui sarebbero più necessari. Ogni anno, in UE, la resistenza agli antibiotici provoca 25 mila decessi e una spesa sanitaria di 1,5 miliardi di euro. 

CHIEDIAMO UN’ALTERNATIVA SOSTENIBILE 

L’idea di un’intensificazione sostenibile è solo un modo per riciclare gli allevamenti intensivi.

Ci dicono che per sfamare la popolazione in continua crescita (9,6 miliardi entro il 2050) dovremmo produrre il 70% di cibo in più. Ma questo è solo un pretesto per continuare a sabotare la nostra salute e il nostro pianeta! 

La strada che dobbiamo percorrere invece si basa su una produzione che mette in primo piano il benessere degli animali e la sostenibilità ambientale, adottando diete salutari che prevedono una riduzione del consumo di carne. Mangiare meno carne, ma di allevamenti maggiormente rispettosi del benessere degli animali come sistemi all’aperto o biologici. 

Queste sono le armi più potenti che abbiamo per difenderci dalla falsa propaganda e contribuire a creare le condizioni per un cibo più giusto, per TUTTI. 

 

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Category: Cronaca

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