XYLELLA E RICERCA. IL MONOPOLIO CONTINUA

| 14 Febbraio 2016 | 0 Comments

di Eleonora Ciminiello_____Studio, sperimentazione, ricerca: sono questi gli strumenti necessari ad un ricercatore per costruire la sua credibilità agli occhi dell’universo scientifico. Ma cosa succede se, studio, sperimentazione, ricerca, diventano strumenti per raggiungere un preciso obbiettivo?

Siamo nel 2006. Nell’ambito del programma di Sviluppo Rurale della Regione Puglia, il dirigente Giuseppe D’Onghia, approva un progetto a tema “Miglioramento e qualificazione del vivaismo olivicolo, diagnosi delle malattie da virus e virus simili, loro ruolo eziologico, e tecniche di risanamento, miglioramento delle tecniche di propagazione dell’olivo. Identificazione e riordino del patrimonio olivicolo mediante analisi e descrizione del loro DNA”, meglio noto come progetto OLVIVA.

Partecipano al progetto 12 regioni di cui è capofila la Puglia attraverso l’operato dell’Università degli Studi di Bari, lo IAMB di Valenzano e il Centro di Ricerca e Sperimentazione e Agricoltura “Basile Caramia” di Locorotondo. Ad aver proposto il progetto è infatti, il Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata dell’Università di Bari. L’ammontare del progetto è pari a 1.012.000€ di cui 720.000 versati dalla Regione Puglia guidata dall’onorevole Nichi Vendola.

Obiettivo del progetto è il risanamento sanitario di 100 varietà d’olivo e la loro certificazione. In termini spiccioli lo scopo è quello di possedere 100 varietà CERTIFICATE da immettere sul mercato. Il progetto nasce quindi allo scopo di avviare la PRODUZIONE DI FONTI PRIMARIE attraverso UNA SELEZIONE CLONALE e SANITARIA capace di promuovere nel territorio le specie virus-tested e virus-free.

Il progetto si conclude nel 2011 con 84 varietà identificate come Fonti Primarie, e 13 accensioni non ancora risanate fra Puglia e Sicilia. Per la Puglia risultano non risanate la Cellina di Nardò, l’Ogliarola barese e la Cima di Bitonto. Quelle che sono indicate come Fonti Primarie sono conservate presso la Reposity Regionale, ubicata nel Centro “P. Martucci” del Di.S.S.P.A. dell’Università di Bari “Aldo Moro”.

IL risultato, fra gli altri, è quindi il controllo delle Fonti Primarie da propagazione da parte dell’Università di Bari.

Concluso OLIVIVA nel 2011, nel 2012, gli stessi professori e dottori attivi a Bari, si interessano ai “Progetti integrati per la bio-diversità” istituiti nell’ambito del programma di Sviluppo Rurale 2007/2013. La scadenza, per presentare il proprio progetto, è fissata al 29 settembre 2012. Il 20 settembre 2012, a 9 giorni dallo scadere dei termini per la presentazione della domanda di inclusione, il verbale del DISSPA dell’Università di Bari riporta quanto segue: “Il prof. Savino comunica l’intenzione di presentare, in qualità di co-proponente, tre proposte di progetto integrato dai rispettivi titoli: – Recupero del Germoplasma Olivicolo Pugliese “Re.Ger.O.P.” – Recupero del Germoplasma Frutticolo Pugliese “Re.Ge.Fru.P.” – Recupero del Germoplasma Viticolo Pugliese “Re.Ge.Vi.P.”

Il progetto Re.Ger.O.P. sarà presentato da SINAGRI s.r.l., la quale ha come rappresentante legale il professor V. Fucilli, e come il responsabile scientifico la dottoressa C. Montemurro. Il responsabile scientifico del progetto è Vito Nicola Savino. Al progetto prende parte anche il Basile Caramia che offre la sua esperienza nel miglioramento genetico, e la sua collezione di germoplasma conservata nell’agro di Palagiano. Costo del progetto 1.500.000€, di cui, secondo le intenzioni di Savino, 241.000€ andranno al DiSSPA.

Il progetto Re.Ger.Fru.P. è presentato dal Basile Caramia. Il centro di ricerca è rappresentato legalmente e scientificamente dal professor Vito Nicola Savino. Responsabile scientifico di questo progetto, sempre lui: Vito Nicola Savino. Budget del progetto 2.500.000€, di cui, secondo i calcoli fatti dal professor Savino, 272.600€ spetteranno al DiSSPA.

Il progetto Re.Ge.Vi.P. è proposto sempre dal Basile Caramia, struttura che vede il suo rappresentante legale nel professor Vito Nicola Savino e il responsabile scientifico del settore vite nel dottor P. La Notte dell’istituto di Virologia Vegetale – CNR. Il responsabile scientifico del progetto resta comunque anche questa volta il professor Vito Nicola Savino. Il progetto avrà un budget di 2.500.000€ di cui, secondo le stime del professor Savino al DiSSPA-Uniba, saranno accordati 333.4000€.

Partner comuni ai tre progetti sono il DiSSPA, il Basile Caramia, la Federazione Regionale Coldiretti Puglia, Confagricoltura Puglia, Confederazione Italiana Agricoltori (CIA) Puglia, e varie aziende “custodi”.

Ai Progetti di Sviluppo rurale che chiedono di valorizzare la biodiversità, come risponde quindi una parte della ricerca barese? Da ciò che si evince, ma potremmo anche sbagliare, sembra quasi che l’intenzione sia quella di selezionare ed estrarre argomenti utili alla causa, quella delle certificazioni, delle procedure, delle analisi, di una commercializzazione ed un reimpianto gestiti e controllati. E ci chiediamo: avendo in mano tutte le varietà pugliesi, sarebbe plausibile volerne certificare alcune piuttosto che altre? Sarebbe verosimile che dei centri di ricerca indirizzino il reimpianto di alcune “varietà resistenti”? Come mai, dalle fonti primarie sono state escluse alcune delle varietà monumentali più prestigiose, ovvero quelle che più di altre sono sopravvissute al tempo ed ai malanni? In questo modo si difende la biodiversità o si detiene il controllo dell’intero sistema agricolo pugliese?

Questo non possiamo dirlo noi, ma certo è che, intanto si fa curriculum e si ottengono competenze agli occhi del mondo scientifico internazionale. A ridosso di queste ricerche, e di queste acquisizioni, scoppia l’emergenza xylella, scoppia l’inferno salentino.

Intanto Basile Caramia, Università di Bari, CNR sono pronti, hanno materiale, verifiche, analisi, hanno fondato aziende ad hoc per la commercializzazione delle varietà ed hanno stipulato contratti per dar vita a specie resistenti. Insomma, non è che siano proprio presi alla sprovvista dalla nuova fitopatia.

Ma xylella fa di più: accreditati come gli unici referenti in Italia “capaci” di affrontare il problema in virtù delle loro competenze, i ricercatori baresi si aggiudicano, secondo un procedimento che a tutt’oggi resta ignoto, almeno fino a quando non giungeranno le risposte che attendiamo da Bruxelles e da Roma, un nuovo progetto. Il progetto si chiama PonTE, finanziato con 6.850.000€ nell’ambito di Horizon 2020, e vede coinvolti il CNR di Bari, l’Università degli Studi di Bari mediante Agritest s.r.l., ma anche il Basile Caramia e A.C.L.I Racale. Coordinatore del progetto è Donato Boscia.

La stranezza è che, uno dei più rilevanti portali di agricoltura, seguito da tecnici e professionisti, qualche giorno fa pubblica la notizia che è in dirittura d’arrivo la chiusura di un nuovo bando, sempre a tema xylella, aperto al pubblico. Forse, e dico forse e senza voler offendere nessuno, all’autore dell’articolo è sfuggita la parte del bando in cui si sottolinea come esso sia complementare al progetto POnTE.

In poche parole, questo nuovo bando, che ha scadenza 17 febbraio, non fa che integrare il progetto POnTE, con un budget di 7 ulteriori milioni di euro, anche se l’Europa non esclude di finanziare anche importi superiori, pur di fermare il batterio; ciò significa che il bando è stato creato su misura e sarà affidato agli stessi attori del progetto POnTE, il quale, ricordiamo, ha come obbiettivo quello di creare delle biomolecole e brevettare nuovi pesticidi per fermare il batterio xylella fastidiosa, oltre a produrre una “varietà resistente d’olivo”.

Che dire se non che fra ricerche ed intuizioni i ricercatori baresi sono stati davvero “fortunati”? Se nessuno ci ha ancora pensato, noi, fossimo in loro, a questo microscopico batterio faremmo una statua: sempre che avanzi qualche euro, ovviamente.

 

 

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Category: Costume e società, Cronaca, Politica, reportage

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