LETTERA A UN DISCRIMINATORE TERRITORIALE

| 13 Luglio 2016 | 1 Comment

di Annibale Gagliani______

Tu, caro fratello,

ci accomuna un’inestricabile parentela: il genere umano. E da questo non si fugge, sappilo. Ti piace riempire di sterco la suadente bocca, quando, accecato da un’ impassibile vergogna disumana, offendi i tuoi conterranei del Sud (definiti parassiti da terzo mondo) o quelli del Nord (etichettati come snob che leccano il caviale operaio).

Ma quanto è ridicolo, questo eloquio spaventosamente ignorante: L’ITALIA è la tua terra e gli ITALIANI sono i tuoi compagni di ventura (o sventura). Ti senti diverso, forse migliore, in un abisso interminabile che secca gli alveoli del tuo cuore ogni giorno che passa.

Per cosa credi che Beppe Garibaldi, Beppe Mazzini, I Fratelli Bandiera e Carlo Pisacane abbiano donato la vita? A cosa cavolo è servito la costruzione magistralmente fiera dell’Inno nazionale di un giovane martire chiamato Mameli?

Può essere mai questo il ringraziamento per le tantissime vittime delle accecanti guerre, dall’ Unità a oggi? 

Non vergognarti, perchè è tale l’essenza che paventi, quando esponi fervida intolleranza a chi ti sorride a due passi dalla casa fetida in cui bivacchi.

Nel tuo piccolo, sai di essere un criminale, ma non comprendi le conseguenze di codesti gesti maledettamente dolorosi.

Per carità, viviamo in un Paese cristiano, il cittadino può e deve sbagliare. Però, caro nemico della società, resiste sempre il solito discorso: perseverare non è il primo passo verso il diavolo, ma verso la distruzione assoluta (di cui tu sarai il primo ad esserne vittima).

Continua pure su questa linea liquida, con chiarissimo modus vivendi nauseabondo: ti porterà incontrovertibilmente verso le fratte di una palude tenebrosa, dove api acuminate divoreranno i tuoi organi vitali.

Eppure l’indebita salvezza a cui vigoroso aspiri è a portata di mano.

Da vero Essere Umano dovresti ancora possedere la sensibilità di capire il circondario, o meglio l’arte di perdere il fiato su un’emozione, o forse chiedo troppo, un brivido lungo la schiena in grado di renderti di nuovo Bambino Puro (e non più il classico imbecille).

Se non fosse per la diversità che muove l’universo, talmente ricca, doverosa e elettrizzante nel suo incedere, tu non saresti mai planato su questa terra, caro discriminatore seriale.

Oggi quel pane che bruchi con immutata invidia, assieme al tuo vino frizzante, non possono gustarlo chi è in fila negli ospedali pugliesi per donare un grammo della propria vita a chi vede il pericolo reale di non aprire più gli occhi un domani.

E quello scirocco che accarezza come il più navigato latin lover le sponde dell’azzurro movimento, non potrà essere contempato da un pugno di angeli immacolati che erano in viaggio verso le doverose speranze giornaliere.

Loro sognavano con poco e amavano tantissimo in cambio.

In cotanto momento di disperato smarrimento meritano un’ovazione fraterna da una nazione UNITA e non da quattro gatti puntuali. Mai basterà l’ossequioso ricordo, servirà un’azione concreta nel complicato avvenire.

Migliorarsi per migliorare la propria terra!

Oggi rileviamo un sentimento foscoliano di pietà e sofferenza, sia per l’immancabile Carme eretto nella sfera pubblica e altresì perché ci rendiamo conto di andare a frantumare ogni giorno di più una patria che è il nostro primo e incommensurabile amore (un pò come il poeta romantico esprimeva nel pianto di “A Zacinto”).

A Zacinto, Ugo Foscolo

Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque
Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l’inclito verso di colui che l’acque
cantò fatali, ed il diverso esiglio
  per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.

Caro discriminatore territoriale, anche l’arte e la cultura ti sputano in faccia. Come potresti fare a cercare di essere finalmente una persona e non una bestia inutile?

Intanto piangi i tuoi fratelli pugliesi, poiché da qualsiasi landa tu provenga, essi sono stati allattati dallo stesso seno che ti ha fatto crescere e diventare un sano componente della massa.

Che le tue siano lacrime ardenti, in grado di ustionarti il viso! Solo così capirai il sacrificio di chi sotto quaranta gradi di paura ha offerto tutta la propria anima, senza remore, difendendo nel cor una rugiada che fendeva l’infinito.

Category: Cronaca, Cultura

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Comments (1)

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  1. Omnia mea.... ha detto:

    Che dire, commuove, strazia ed offre spunti di riflessione per quanto riguarda i contenuti. Complimenti alla “Penna”; argomento non semplice da trattare sul quale peregrine speculazioni e subdola demagogia hanno fatto da padrone…..

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