NECESSARIA E URGENTE UNA CORRETTA GESTIONE DEL CICLO DEI RIFIUTI: CHE FARE?

| 14 Dicembre 2016 | 3 Comments

di Stefania Isola * (avvocato – per leccecronaca.it)______

Abbiamo visto quali enormi interessi economici, spesso illeciti, muova la gestione dei rifiuti. Cerchiamo di capire adesso quali potrebbero essere le strategie più opportune.

Guardando anche all’Europa, si nota, che sono stati generati 475 chili di rifiuti pro capite nel 2014, e solo il 44% di essi è stato riciclato o compostato. Il restante 56% è finito in discarica (per il 28%) o incenerito (27%). Tra chi utilizza pesantemente gli inceneritori, in cima alla classifica vi è la Danimarca che ha prodotto ben 758 kg pro capite, mandandone oltre il 53% ad incenerimento.

Enzo Favoino, responsabile scientifico di ZeroWaste Europe, dichiara: “All’opposto c’è la Slovenia che ha adottato il modello Zerowaste ed è lo stato europeo con la minore quantità di rifiuti residui senza ricorrere alla combustione: solo 102 kg pro capite nel 2014. Lubiana, dopo aver dismesso il progetto di un mega inceneritore, è divenuta la prima capitale europea ad aver dichiarato l’obiettivo Rifiuti Zero”.

I dati sulla raccolta differenziata in Italia, pubblicati nel rapporto Ispra Rifiuti Urbani 2015 e rielaborati da Wired grazie all’apertura in open data da parte di Openpolis, confermano che sono stati almeno 2.245 su 7.724, i comuni che nel 2014 hanno superato il fatidico 65% di riciclo. Tra le migliori città in testa Pordenone, Treviso, ma anche Salerno, Acerra, Mantova, Benevento, Pozzuoli.

La città di Parma, con oltre il 72% di raccolta differenziata raggiunto nel 2015, è la prima città capoluogo ad aver superato il muro del 65%.

“Al di là della presenza dell’inceneritore, il dato oggettivo è che sono stati aboliti i cassonetti stradali, si è passati al porta a porta e nel giro di due anni una città di quasi 200 mila abitanti ha quasi raddoppiato la percentuale di raccolta differenziata” dice Marco Boschini di Comuni Virtuosi.

Milano “con la raccolta separata della frazione umida è la città europea metropolitana con la migliore performance di raccolta, oltre il 50%”, continua Boschini.

E secondo il rapporto Comuni Ricicloni 2016 di Legambiente, su 1.520 comuni che superano il 65% di raccolta differenziata, almeno 525 producono meno di 75 chilogrammi annui per abitante di rifiuto secco indifferenziato, (pari al 7% del totale nazionale), per una popolazione che sfiora i 3 milioni di cittadini. “Una buona pratica nazionale che ci mette all’avanguardia in tutta Europa – aggiunge Enzo Favoino – e che non è l’unica, pensando alla città di Treviso che produce 350 kg pro capite annui di rifiuti, ne ricicla oltre l’85% grazie al consorzio Contarina e ne invia a discarica solo 50”.

Tutto questo conferma l’importanza dell’economia circolare: le materie prime non sono inesauribili. E con la futura scarsità delle risorse, il prezzo delle materie prime aumenterà.

A questo proposito, l’Unione Europea impegnerà finanziamenti per oltre 650 milioni di euro provenienti da Horizon 2020 e per 5,5 miliardi di euro dai fondi strutturali per sostenere l’economia circolare.

 

Inoltre riciclo, riuso, riduzione del conferimento in discarica, riutilizzo delle materie prime e incentivazione di prodotti ecologici ed a basso impatto, sono azioni che porteranno almeno 180mila posti di lavoro diretti nell’Unione europea entro il 2030, che si aggiungerebbero agli oltre 400mila che sarebbero già disponibili se si attuasse la legislazione sui rifiuti in vigore.

Conseguenza: un risparmio di materie prime, tra il 10% e il 40% contribuendo, allo stesso tempo, a ridurre del 40% i gas serra, obiettivo che l’Ue si è impegnata a raggiungere entro il 2030 e che equivarrebbe all’abbattimento di 62 Mt (megatonnellate) di anidride carbonica l’anno.

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha reso pubblica, a febbraio 2016, un report, riferito al 2014, secondo cui i potremmo risparmiare notevolmente in bolletta con “meno discariche e più raccolta differenziata”.

E’ necessario, però, che l’industria sopporti l’intero costo della gestione della parte riferibile agli imballaggi della frazione differenziata dei rifiuti urbani. Questo accade, secondo il rapporto Ocse, The State of Play, in Austria, Belgio, Germania, Repubblica Ceca e Paesi Bassi, mentre in Francia il contributo delle aziende ammonta al 75% del costo totale. In Italia la situazione è differente e si va da un rimborso ai comuni che varia dal 20 al 35%. Nel 2014 solo 390 milioni di euro sono rientrati nelle casse dei comuni e dei consorzi di filiera da Conai, a fronte di un valore di 1,9 miliardi di euro di rifiuti differenziati.

“Numeri che si trovano nel nostro dossier aperto dal 2013 e sono in continuo aggiornamento. Quasi tutta la politica si appella a inceneritori e discariche per risolvere il problema rifiuti, quando in realtà la soluzione è sotto i nostri occhi. Sebbene la raccolta differenziata sia aumentata negli anni, e con essa quindi l’impegno di cittadini ed amministratori locali, così come i costi complessivi di gestione, in realtà a pagare l’80% del costo delle operazioni di gestione siamo tutti noi con la tariffa rifiuti” è quanto affermato da Marco Boschini portavoce dell’associazione Comuni Virtuosi.

La raccolta tramite cassonetti delega in toto alle amministrazioni per la gestione e lo smaltimento. La raccolta differenziata coinvolge attivamente gli utenti alimentando direttamente il flusso per il recupero, il riuso e il riciclo.

Ognuno di noi, nel 2014, ha speso mediamente in bolletta 213,95 euro, secondo i dati del Rapporto Rifiuti Urbani (Ispra 2015). Per i contratti di servizio per lo smaltimento le grandi città vengono impiegati centinaia di milioni di euro: il comune di Napoli nel 2015 ne ha spesi 232.752.001, Milano ne ha spesi 350.236.714, Parma 34.717.121, Palermo 118.548.431, Roma 796.838.964, come è possibile verificare su SoldiPubblici.it.

Quanto spendiamo varia da comune a comune, da regione a regione, come documenta Openbilanci. Le differenze sono imputabili a una serie infinita di fattori, a partire dal tipo di flusso privilegiato nella gestione dei rifiuti nella propria comunità, dall’incaricato di gestire il servizio, se esso sia una società partecipata o un consorzio e dal tipo di tariffazione prescelto dall’amministrazione locale.

A questo riguardo la mancanza di trasparenza ha attivato le indagini di Anac e Antitrust. Chi ha subito le inefficienze maggiori sono gli abitanti di Roma. Nonostante la differenziata tocchi il 37,3% dei rifiuti nel 2014 ed il 41,2% nel 2015, i romani hanno pagato ancora la gestione in discarica (destinazione per l’81,6%) e il trattamento meccanico biologico al 18,4%, spendendo 249,92 euro all’anno. Ben il 14% in più della media nazionale secondo quanto rilevato da Ispra.

Nel rapporto Rifiuti Urbani 2015 viene dato ampio spazio al passaggio dal tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, la cosiddetta Tari normalizzata, creata nel 2014, alla tariffazione puntuale detta Pay as You Throw, vale a dire “paghi quanto produci”.

Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente , dichiara: “Eppure sono passati quasi vent’anni dal decreto legislativo 22 del 1997. Manca ancora il regolamento attuativo; nel frattempo non è un caso che dei 525 comuni italiani Rifiuti free, ben 255 abbiano adottato volontariamente il sistema di tariffazione puntuale”. E, come conferma il ministro Galletti: “Il ministero dell’Ambiente ha redatto lo schema di regolamento e ha avviato l’istruttoria, nell’ambito della quale sono stati ascoltati gli operatori pubblici e privati del settore. Sullo schema è stato chiesto il parere dell’Ispra. Dopo questo passaggio, il testo sarà inviato, come previsto, al ministero dell’Economia per l’acquisizione del parere, e successivamente alla Conferenza Stato-città”.

La migliore applicazione di quanto detto avviene a Parma, come informa Gabriele Folli, l’assessore all’ambiente del comune: “I cittadini pagano in modo commisurato alla produzione di rifiuti: meno ne producono più risparmiano in bolletta. Nel giro di due anni la raccolta differenziata è passata dal 47,8% al 72,75% del 2015. Non solo abbiamo affamato l’inceneritore ma abbiamo abbassato ancora il costo della bolletta per 92mila famiglie passando dai 188,15 euro pro capite/anno a 182,52 euro nel 2015”.

E non ricorrere agli inceneritori conviene di più.

Anche solo, infatti, con un campione limitato a 102 comuni del nord Italia a tariffazione puntuale, si vede come venga dimezzato il costo pro capite per il servizio rifiuti arrivando a quota 140,33/abitante per anno nel 2014, avendo una percentuale di raccolta differenziata al 68,6% (ed una parte destinata all’incenerimento).

In Friuli Venezia Giulia con l’80,3% differenziata e nessun costo imputabile per l’incenerimento, il costo scende a soli 94,33 euro/abitante per anno. Nel campione di comuni dell’Emilia Romagna esaminato da Ispra, la gestione del ciclo con incenerimento, discariche e la raccolta differenziata al 57% si è rivelato, invece, il più caro in assoluto con 199,27 euro per abitante/anno.

Finora, però, gli impianti di incenerimento sono stati ampiamente incentivati.

Dai dati del Gse, nel 2015, su 1.063 milioni di euro, il 23% ha sostenuto la produzione di energia attraverso i rifiuti, quindi con 224 milioni di euro. Un cambiamento è avvenuto con l’ultimo decreto del 23 giugno 2016 per la produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili, diversi dal fotovoltaico, entrati in esercizio dal 1° gennaio 2013. A questo proposito il ministro dell’Ambiente, Gianluca Galletti, ha chiarito che “Tra le rinnovabili incentivate dal decreto, è compresa la frazione biodegradabile dei rifiuti. Il beneficio è riconosciuto se questa è utilizzata per la produzione di energia in nuovi impianti di incenerimento o recupero energetico e fino al limite di potenza complessivo di 50MW; per questo è previsto un impegno annuale di 10 milioni di euro, che corrisponde a circa il 2,5% delle risorse finanziarie destinate con il decreto a tutte le rinnovabili”.

La cattiva gestione dei rifiuti preoccupa anche l’OMS che già due anni fa considerava una priorità il controllo e la limitazione dei gas emessi dalle discariche, inceneritori e roghi tossici causa di enormi danni alla salute.

“Ci sono alternative possibili e a basso costo all’incenerimento dei rifiuti solidi. Quando è inevitabile, allora le tecnologie di combustione devono essere attuate con severi controlli delle emissioni” dice l’OMS.

E cambia idea anche ministero della Salute, che, insieme all’Istituto superiore di sanità ammette che solo con la raccolta differenziata al 70%, la riduzione del 10% dei rifiuti prodotti, il compostaggio ed il divieto di conferimento in discarica dei rifiuti indifferenziata, vivremmo più a lungo e meglio.

La prova di questi danni è tristemente salita alla ribalta con gli eventi della terra dei fuochi in Campania. A questo proposito l’ISS afferma che: “l’esposizione a un insieme di inquinanti ambientali che possono essere emessi o rilasciati da siti di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi e alla combustione incontrollata di rifiuti sia pericolosi, sia solidi urbani” è legata all’aumento della mortalità e dell’incidenza di tumori negli adulti e un eccesso di tumori per i bambini.

In Puglia preoccupa la discarica di Conversano, da poco messa sotto sequestro dal giudice per le indagini preliminari. Mentre è in svolgimento il processo di primo grado per disastro ambientale (che vede sul banco degli imputati gli amministratori della Lombardi Ecologia, e, tra le parti civili il Ministero dell’Ambiente, Regione Puglia, la città di Bari, nove comuni, Legambiente e Wwf), sono gli stessi operai a denunciare come “il percolato ha intaccato le falde acquifere e ci sono emissioni gassose fuori controllo”.

Anche gli inceneritori sono fonti di problemi alla salute.

“Un inceneritore dotato delle migliori tecnologie a oggi disponibili [il richiamo alle tecnologie e alla modalità di gestione non è incidentale] emette particolato, diossine, furani, idrocarburi policiclici aromatici e metalli in misura di molto inferiore agli attuali valori limite di emissione” come ha affermato Benedetto Terracini, responsabile del comitato scientifico del rapporto Moniter 2011, Monitoraggio degli inceneritori nel territorio dell’Emilia Romagna.

A questa conclusione il prof. Terracini perviene dopo una campagna negazionista sull’impatto sanitario degli impianti di combustione dei rifiuti sostenuta dalla Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica (Siti) e da una nota dell’Istituto superiore di sanità, che sostengono il “termovalorizzatore come ‘strumento adeguato a contrastare’ l’emergenza rifiuti e capace ‘di garantire l’assenza di rischio sanitario per i cittadini che vivono nelle zone limitrofe’”.

Alla fine, il padre dell’epidemiologia italiana Terracini chiarisce a Wired: “C’è stato un travisamento dei risultati scientifici da parte degli igienisti sulle conclusioni di Moniter. Conclusioni che sono state redatte con moltissima attenzione. Come comitato scientifico e gruppo operativo le abbiamo curate parola per parola in perfetto accordo: se i risultati sono stati complessivamente rassicuranti, abbiamo rilevato un’evidenza sulle popolazioni che vivono intorno agli inceneritori dell’Emilia, con l’eccesso di esiti sfavorevoli sulla gravidanza, dall’aumento dei parti pretermine agli aborti spontanei. Risultati pubblicati anche sulle riviste scientifiche internazionali”. Con la richiesta finale ed ufficiale alla Siti ed al presidente dell’Istituto superiore di sanità, di smentire le prime dichiarazioni.

Non esistono,purtroppo, studi di economia sanitaria che possano quantificare il costo dei problemi alla salute dovuti alla gestione degli inceneritori.

In Italia sono attivi inceneritori di prima, seconda e terza generazione che hanno una capacità di smaltimento di gran lunga più grande rispetto a quelli più vecchi.

“Quindi pur emettendo concentrazioni minori di inquinanti producono volumi maggiori che soprattutto in area urbana e industrializzata si sommano alle altre fonti emissive”,chiarisce Fabrizio Bianchi dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa.

Rigiardo agli effetti sulla salute, la rivista scientifica Epidemiologia e Prevenzione riporta indicazioni di rilevanza per alcune cause tumorali, per malattie cardiache e respiratorie e per alcuni esiti avversi della riproduzione come la ricorrenza di aborti spontanei.

Gli studi hanno valutato l’impatto di impianti chiusi tra il 2013 e il 2015, come quello di Vercelli e Tolentino nelle Marche, o ancora attivi come quello di Arezzo e Busto Arsizio, valutando la ricaduta delle micropolveri come Pm10, Pm2,5 e dell’ossido di azoto.

Appena dopo la dismissione dell’inceneritore di Vercelli, uno studio epidemiologico curato dal Dipartimento di epidemiologia e salute ambientale dell’Arpa Piemonte ha accertato il 60% in più di rischio di mortalità in eccesso rispetto alla popolazione non esposta ai fumi dell’inceneritore. Con valori molto elevati per il tumore del colon-retto (più 400%) e del polmone (più 180%). Altre cause di mortalità in eccesso riguardano la depressione (rischio aumentato dell’80% e più), l’ipertensione (più 190%), le malattie ischemiche del cuore (più 90%) e le bronco pneumopatie cronico-ostruttive negli uomini (più 50%).

Ad Arezzo, invece, un altro studio epidemiologico, che fa parte progetto di monitoraggio internazionale HIA21. La valutazione partecipata degli impatti sanitari, ambientali e socioeconomici derivanti dal trattamento dei rifiuti urbani, ha accertato eccessi per le malattie cardiovascolari, per i più esposti, del 18%, per le malattie urinarie del 13%; inoltre un aumento della mortalità sia per malattie cardiovascolari che per malattie respiratorie acute nelle donne fino al 154% in più dei non esposti.

Riguardo l’impianto di incenerimento Cosmari di Tolentino (MC),spento nel 2013, un altro studio ha evidenziato un rischio aumentato di ricovero ospedaliero per tutte le cause (più 15%); per tutte le cause aumenta del 14% la probabilità di ricovero ospedaliero con un rischio superiore di 2,4 volte di ricovero per le infezioni respiratorie acute, polmonite e influenza rispetto a quella non esposta a Pm10 tra 0,035-0,075 µg.

Per l’inceneritore Accam di Busto Arsizio è stato possibile collegare i ricoveri per patologie cardiovascolari associati all’esposizione, con circa 60 soggetti che sono stati ricoverati almeno una volta, tra il 2012 ed il 2014.

E’ necessario tenere presente, per merito dello studio del Dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario regionale del Lazio inoltre, che è nociva per la salute anche l’esposizione ai gas di fermentazione, come l’acido solfridico, emessi dalle discariche non a norma, prodotti dalla componente umida, non separata dal rifiuto secco, e che è causa accertata di tumori al polmone negli adulti e dell’incremento fino al 10,6% delle infezioni acute alle vie respiratorie dei bambini da zero a 14 anni.

In verità non sono soltanto importanti le informazioni riguardanti le ricadute delle emissioni nocive sulla salute dei cittadini ma anche la trasparenza sul flusso di smaltimento dei rifiuti speciali.

Tali rifiuti raggiungono i 130,6 milioni di tonnellate l’anno, sono provenienti dal circuito industriale e produttivo e sono di ben di 4 volte superiori a quelli prodotti nel ciclo urbano.

Ma chi gestisce questi dati?

Marco Grondacci, giurista esperto di problemi riguardanti bonifiche e rifiuti, chiarisce che: “L’articolo 29 del nuovo collegato ambientale introduce delle modifiche all’attività di vigilanza sulla gestione dei rifiuti. In particolare sono stati aboliti gli osservatori rifiuti e le funzioni di vigilanza, con il nuovo articolo 206 bis del Testo Unico dell’ambiente sono trasferite al ministero dell’ambiente ed Ispra. Mentre le regioni non devono pubblicare solo i piani regionali ma anche il loro stato di attuazione, dalla produzione totale e pro capite dei rifiuti solidi urbani suddivisa per ambito territoriale ottimale, se costituito, ovvero per ogni comune, come dice il nuovo articolo 199 del Testo Unico dell’ambiente”.

Il trasferimento che per legge deve essere dichiarato tramite il Modello unico di dichiarazione ambientale (Mud), come emerso anche dal dossier di Comuni Virtuosi in cui si analizza il passaggio di informazioni tra Anci e Conai, non è chiaro.

L’unica possibilità per conoscere come questo venga attuato, è quello di ottenerlo attraverso richieste di accesso agli atti sollecitando le amministrazioni con l’accesso civico previsto sia dal decreto 33/2013 che dalla legge 97/2016 che entrerà in vigore da dicembre 2016 (anche se l’Italia ha recepito dal 2005, la Convenzione di Ahrus che riconosce il diritto di conoscere le informazioni ambientali).

La tracciabilità sarebbe assicurata se tutto fosse informatizzato: “Con le nuove tecnologie possiamo tracciare ogni flusso: un sistema in grado di creare la struttura ora utilizzata dai comuni (MudComuni) e aziende (MudTelematico). Sia per creare i file da inviare alla banca dati regionale, al sistema Anci-Conai, al centro di coordinamento Raee” come chiarisce l’ingegnere Carlo Di Domenico, ideatore di MySir, piattaforma web realizzata dalla Microambiente, azienda campana che sta anche alla base dei dati aggiornati in tempo reale comuniricicloni.it.

Il problema successivo da affrontare è quello di cancellare il traffico internazionale di rifiuti, cioè lo smaltimento che oltrepassa i confini nostrani. “Non si esce però dall’emergenza favorendo il traffico transfrontaliero anche dei rifiuti urbani“,conferma Alessandro Bratti, presidente della Commissione sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, alla presentazione del rapporto Ecomafia.

A questo proposito, dai dati ricavati da Legambiente, e attività organizzate di traffico illecito dei rifiuti sono state oggetto al 31 maggio 2016 di ben 314 inchieste con 1.602 arresti, 7.437 denunce e 871 aziende coinvolte in tutte le regioni d’Italia, a cui si aggiungono 35 Stati esteri (14 europei, 7 asiatici, 12 africani e uno dell’America Latina), per un totale di oltre 47,5 milioni di tonnellate di rifiuti finiti sotto i sigilli. Solo nelle ultime 12 inchieste di quest’ultimo anno e mezzo (gennaio 2015-maggio 2016) le tonnellate sequestrate sono state 3,5 milioni, più o meno l’equivalente di 141mila tir.

Franco De Roberti, il procuratore nazionale antimafia, lo ha ricordato alla presentazione del rapporto Ecomafia 2016: “Le mafie giocano un ruolo importante sui reati ambientali ma secondo noi sono per lo più reati ascrivibili alla criminalità d’impresa in tema di rifiuti e lesioni all’ambiente”. E proprio dall’analisi dei flussi dei rifiuti illecitamente gestiti emerge che, al contrario che in passato, vanno dal sud verso nord e all’estero. “Il perché lo scopriremo solo analizzando le indagini in corso, certo tra le cause possibili sono la gestione oligopolistica dei rifiuti e lo spostamento di chi ha maturato il know out sullo smaltimento illecito dal Sud Italia al Nord”.

Le idee di base nel contrasto dei reati ambientali nella filiera dei rifiuti sono scritte nelle linee guida del progetto europeo di monitoraggio europeo Civic, come chiarito dal Corpo forestale dello stato, Legambiente e l’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

Antonio Pergolizzi, responsabile scientifico del progetto, infatti dichiara: “Oltre che estendere tra i paesi membri Ue, il delitto di traffico organizzato di rifiuti (secondo l’art. 260 Dlgs 152/2006), introdurre incentivi alla raccolta differenziata e alla differenziazione all’origine dei rifiuti (urbani e speciali), occorre il miglioramento della tracciabilità, anche facendo ricorso ai più innovativi strumenti tecnologici e di investigazione”. Anche l’adozione di misure fiscali ed economiche per incentivare il recupero di materia, è una strada percorribile.

Dalla prevenzione dei rifiuti, dalla rigenerazione, riparazione e dal riciclaggio è possibile generare risparmi per circa 600 miliardi di euro, riducendo nel contempo l’emissione di gas serra del 2-4%, come stimato dalla Valutazione d’impatto della Commissione europea già nel luglio 2014. Nella terza edizione del Forum Rifiuti potrebbero essere 199mila i nuovi posti di lavoro creati in Italia dall’economia circolare.

E Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, conclude: “Sulla gestione rifiuti abbiamo avviato una serie di attività di vigilanza che riguardano varie regioni, nate dagli esposti di cittadini e associazioni. Ne abbiamo una in corso sulla Sicilia, ne abbiamo in Puglia. Poi una serie di vicende che hanno riguardato fatti specifici come il termovalorizzatore di Parma e l’impianto di compostaggio a Salerno. Abbiamo verificato come la normativa sia carente. Tutto ciò da luogo a fenomeni di opacità nella scelta dei concorrenti anche se dobbiamo ancora attuare uno specifico monitoraggio in materia di trasparenza”.

Il trattamento dei rifiuti è, in conclusione, un argomento fin troppo importante per la collettività, e, per quanto detto, non può essere né ignorato (per non incorrere in danni futuri, economici ed ambientali, che coinvolgerebbero tutti) né gestita senza controllo perché, in caso contrario, non diventerebbe che un altro grande affare nelle mani della criminalità. ______

LA DOCUMENTAZIONE nel nostro articolo di ieri

https://www.leccecronaca.it/index.php/2016/12/13/1/ ______

LA RICERCA nei nostri articoli del 6 novembre

https://www.leccecronaca.it/index.php/2016/11/06/contro-il-modello-di-consumo-dominante-la-risposta-ce-e-l-obsolescenza-programmata-andiamo-a-scoprire-di-cosa-si-tratta/

e del 19 ottobre scorsi

https://www.leccecronaca.it/index.php/2016/10/19/cerano-ilva-discariche-rifiuti-speciali-interrati-una-nuova-conferma-della-tragica-situazione-salentina/

 

 

 

Category: Costume e società, Cronaca, Cultura

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Comments (3)

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  1. Leonardo ha detto:

    Articolo molto interessante, grazie. Se con la sua realizzazione a Lecce mi era apparsa come un gran fastidio, ora ne capisco l’importanza. Non lasciamo anche questo affare alla mafia

  2. Antonia ha detto:

    Vivo ormai da venti anni a Roma ma resto legata alla mia terra d’origine. Leggo con piacere un nell’articolo e vi dico che nella capitale e’ proprio uno schifo. Fate la differenziata e controllate cosa fanno i vostri amministratori.

  3. Gabriele Ferraris ha detto:

    Importantissimo articolo su un problema che dovrebbe interessare tutti.
    Visto che ormai anche nel mediterraneo esistono le “isola di plastica” ( vedi link: http://www.corriere.it/ambiente/16_dicembre_17/mediterraneo-zuppa-plastica-64ef7ca2-c43a-11e6-bdd5-b215bf22a380.shtml ), la gestione corretta dei rifiuti è la questione su cui i nostri politici dovrebbero interessarsi invece della legge elettorale. E grazie a leccecronaca che si incarica di farci conoscere argomenti così attuali.

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