RITRATTO DI ANASTASIYA, L’ULTIMA DARK LADY

| 24 Gennaio 2020 | 0 Comments

di Giuseppe Puppo______

La cronaca nera è stata sempre il primo oggetto dell’interesse collettivo. A parte le percentuali più o meno ampie di  morbosità, guardiamo tutti ai fatti più eclatanti, anche per capire che cosa cambia, nel bene, nel male, intorno a noi, anche  per misurarci e compararci, spesso per poi assolverci con indulgenza.

Qualche caso, pompato ad arte, diviene più spesso a torto, senza cioè ragioni plausibili, che a ragione, per gli elementi dirompenti che contiene, ma solo per gli imponderabili meccanismi che sottendono i mass media, più famoso degli altri.

Come negli ultimi tempi, l’omicidio del giovane personal trainer Luca Sacchi, avvenuto a Roma il 24 ottobre scorso davanti al pub  John Cabot, che si trova tra le fermate della linea A della metropolitana Colli Albani e Arco di Travertino, quartiere Tuscolano.

 

E di oggi 25 gennaio 2020 la notizia che sono stati rinviati a giudizio i due presunti autori materiali dell’aggressione, Valerio Del Grosso e Paolo Pirino; la fidanzata della vittima, la modella e baby sitter ucraina Anastasiya Kylemnyk, e il suo amico Giovanni Princi, entrambi coinvolti nel segmento di indagine sul tentato acquisto di sostanza stupefacente.

Secondo l’accusa furono loro due a ordire la compravendita di quindici chilogrammi di marijuana al prezzo di 70 mila euro.

Per lo stesso reato, sono imputati anche Marcello De Propris, quale fornitore della droga, Valerio Del Grosso e Paolo Pirino, in qualità di intermediari. A questi ultimi tre tre viene anche contestato anche il reato di rapina aggravata e detenzione illegale d’arma da fuoco. Un reato contestato anche ad Armando De Propris, padre di Marcello e reale proprietario dell’arma dell’omicidio.

La prima udienza del processo dinnanzi alla corte d’Assise di Roma è stato fissato per il prossimo 31 marzo.

 

Sono convinto che i processi li debbano fare i giudici nelle aule di Tribunale, non i giornalisti negli studi televisivi, o sulle colonne dei giornali.

Perciò non entrerò minimamente negli aspetti giudiziari dei fatti criminali contestati agli imputati, per i quali come sempre vale la presunzione di innocenza fino all’eventuale condanna definitiva.

Il mio interesse è di natura giornalistica, e pure letteraria, mi si perdoni la presunzione, e ad essa mi atterrò, alla luce del materiale fin qui emerso sulla vicenda che ho potuto studiare, per cercare di capire, appunto, che cosa cambia, nel bene, nel male, intorno a noi, nella nostra vita quotidiana, e nella nostra identità di contemporanei, il relazione alla figura principale di tutta questa vicenda.

 

UNO, NESSUNO E CENTOMILA

Mi ha molto colpito la personalità di Anastasiya Kylemnyk , 25 anni, di nazionalità ucraina, in Italia dall’età di 9 anni, studi al liceo classico Augusto di Roma, iscritta all’Università, che parla un italiano pressoché perfetto, a riprova della mia convinzione radicata che oramai la nostra lingua la parlino bene comunemente quasi solo più gli immigrati che abbiano studiato.

Ivi comprese nella fattispecie le espressioni idiomatiche mutuate in loco dal lessico famigliare romanesco: “…Mi ha dato i soldi per un impiccio con le moto”, dove il termine a Roma indica una pratica più o meno fastidiosa da sbrigare, un affare più o meno lecito da concludere, anche se non era una moto l’oggetto della compravendita, bensì una grossa partita di marijuana.

 

Un esempio di ottima integrazione possibile?

Anche troppo.

E’ che poi, le cose cambiamo, a volte per fortuna, a volte purtroppo.

Anastasiya che “si spaventava se solo qualcuno si faceva una canna vicino a lei“, come ha raccontato il suo ex, il primo fidanzato italiano; ma poi capace e determinata in una grossa trattativa con i pusher, “fredda e professionale”, come hanno scritto gli inquirenti.

Tranquilla, amante dello sport, degli animali, socievole con la sua famiglia di origine, per quanto allargata, come pure con quella acquisita del suo nuovo fidanzato, Luca Sacchi, la vittima dell’omicidio, tutta palestra, cani da portare a passeggio, studio, lavori occasionali da cameriera e baby sitter.

Apparentemente.

Simulatrice e dissimulatrice, di animo variabile, di giorno in giorno sempre di più la sua indole inquieta era devastata dal desiderio di indipendenza logistica e di benessere economico, per raggiungere i quali rapidamente aveva maturato la convinzione di prendere qualche  scorciatoia, la prima passando attraverso l’acquisto di quindici chili di marijuana e 70 mila euro avuti in prestito per concludere l’affare.

 

LA SOCIETA’ LIQUIDA (E L’AMORE LIQUIDO, O LA FRAGILITA’ DEI RAPPORTI AFFETTIVI)

“Luca non è quello che dicono, Luca è l’amore, non ci possono essere altre cose per definirlo, Luca è l’amore”, aveva detto a caldo, fra le lacrime, Anastasiya, intervistata dai telegiornali.

Un amore che però, è emerso nel frattempo, negli ultimi tempi si stava rapidamente sciogliendo.

Quando nelle nostre esistenze cambiano le prospettive, le aspirazioni, i desideri, a volte anche i lavori oppure le  semplici occupazioni, e nella nostra società liquida essi scorrono sempre più  velocemente, oramai cambiano di conseguenza anche gli amori: i vecchi rapporti affettivi diventano “un impiccio”, da gestire per utilitarismo, per convenienza, per opportunismo, fintanto che piano piano diventino evidenza conclamata, quindi è facile mettere il partner davanti al fatto compiuto dell’inevitabile separazione.

La mamma di Luca aveva intuito.

Le mamme hanno un sesto senso particolare per i propri figli.

Poi, le donne si capiscono da sole fra di sé con un niente, che comunemente agli uomini sfugge del tutto: a volte, basta un gesto, un atteggiamento, una parola sola.

Un pretesto in più per Anastasija per rompere, anche con quella famiglia felice che assomigliava a tutte le altre felici, per uscire da quel Mulino Bianco in cui si sentiva oramai macinare.

 

IL FLAGELLO DELLA DROGA

Uno degli ultimi fatti di cronaca nera che aveva più scosso gli Italiani era avvenuto sempre a Roma il 18 ottobre  2018: una ragazza tossicodipendente di 16 anni, Desirée Mariottini, era stata drogata, violentata e uccisa da un branco di spacciatori al quartiere San Lorenzo.

Indignazione generale, parata di politici, promessi solenni.

Mi dicono che dopo un anno e tre mesi a San Lorenzo non sia cambiato nulla, per lo spaccio a cielo aperto.

Del resto, un fenomeno di degrado sociale che accomuna tantissime città italiane, l’elenco di zone simili sarebbe lunghissimo.

Si tratta di un’emergenza sociale che non si riesce non dico a risolvere, ma nemmeno ad affrontare in maniera organica.

Gli interessi della criminalità organizzata, che si serve degli immigrati irregolari, in cui i due affari si saldano, e in ultima analisi dei tossicodipendenti italiani, sono enormi.

Le famiglie italiane sono lasciate sole davanti alle devastazioni operate in moltissime di esse dal dramma della droga, tutta, la marijuana, a torto considerata ‘leggera’ e oramai quasi socialmente accettata, compresa, anzi, più di altre, proprio perché considerata ‘leggera’ e oramai quasi socialmente accettata.

Dietro l’omicidio del povero Luca Sacchi, c’è il dramma della droga, proprio della marijuana, che rovina le persone, che le abbrutisce, che devasta le famiglie infelici, ognuna delle quali è infelice a modo suo.

Capace pure di trasformare direttamente o indirettamente, in un’integrazione compiuta con i coetanei italiani, in dark lady, una ragazza che prima tremava di paura, quando vedeva qualcuno che si faceva una canna, nel parco dove portava a passeggiare il suo cane.

 

 

Category: Cronaca

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