IL MIO LUIS SEPULVEDA

| 17 Aprile 2020 | 0 Comments

Da Lecce Francesco Trinchera ci manda un suo ritratto politico dello scrittore cileno morto ieri (nella foto)______

Il Cile è sempre stato una terra di feroci contraddizioni, di uomini eroici pronti a sacrificare la loro vita per i valori della libertà e dell’indipendenza e di vili traditori pronti a svendere la propria terra ed i propri fratelli per le briciole di un piatto divorato da altri.

Il Cile è la terra dei Mapuche, eroico popolo guerriero, ieri impegnato in una lotta impari con i conquistadores, oggi impegnato in un altrettanto grave battaglia contro i colossi del neoliberismo. Mapuche era Caupolican che guidò il suo popolo contro l’invasori spagnoli e che morì impalato su di un tronco, che gli spagnoli stessi l’avevano costretto a portare sulle spalle, di fronte alla moglie impietrita.

Il Cile è la terra di Manuel Rodriguez, eroico libertadores, da molti indicato come il Bolivar delle Ande, che durante il periodo della Reconquista spagnola condusse i suoi uomini contro le armate reali per ristabilire l’indipendenza e la libertà sul suolo natio, Manuel Rodriguez che diede il nome a quel Frente Patriotico, ala militare del Partito Comunista Cileno, che sotto la bandiera rossa e l’esempio del Libertador si oppose al terrorismo di stato imposto da Pinochet riuscendo anche , nel 1991, ad assassinare Jaime Guzman, braccio destro ed ideologo del tiranno di Santiago.

Il Cile è il paese della musica di Victor Jara e degli Inti Illimani, che tramite le vibrazioni delle corde delle loro chitarra ed il respiro nei flauti di legno seppero raccontare le tradizioni, le tensioni, le paure ed i sogni di libertà di un popolo in catene. Il primo morì massacrato dalla DINA di Pinochet nel tristemente noto matazo dello Stadio di Santiago, gli altri furono costretti ad una vita in esilio, allietata dal poter cantare il proprio popolo, soprattutto sulle note di quel manifesto intergenerazionale che è El Pueblo Unido Jamas Serà Vencido.

Il Cile è la terra di Pablo Neruda, tra i più grandi poeti della storia umana, che con la semplicità dei suoi versi seppe sbeffeggiare i tiranni, osannare il duro lavoro degli uomini comuni e far toccare all’arte dei poeti nuove vette. Anche Neruda come i suoi predecessori morì in circostanze tragiche, avvelenato da una iniziazione letale praticatagli da un agente CIA, la cui identità oggi è preservata dal programma protezione testimoni, mentre era ricoverato in un ospedale per curare un cancro alla prostata.

Il Cile è anche e soprattutto la terra di Salvador Allende, il compagno, il proletario, il guerrigliero, l’uomo che cercò di condurre il Cile sulla strada del socialismo. Pur utilizzando una strategia rivelatasi da sempre fallimentare quale il riformismo, Allende cercò con tutti i suoi sforzi di compiere passi da gigante per liberare il suo paese dal giogo neocolonialista: nazionalizzò le imprese d’estrazione del rame vero fulcro dell’economia cilena, strinse rapporti di amicizia con la sempre più isolata (in ambito latino-americano) Cuba, riportò fiducia e speranza tra i campesinos ed i trabajadores del paese della cordigliera, seppe guidare un popolo sconfitto da anni di soprusi verso nuovi sogni di pace, libertà ed unità. Ciò che accadde a Salvador è tristemente noto, in quell’11 Settembre del 1973, il Palacio de la Moneda, sede del Presidente della Repubblica venne cannoneggiata dai boia militari guidati da Pinochet a sua volta manovrato da Nixon e Kissinger (quest’ultimo poi addirittura insignito di un Nobel per la Pace).

Allende poteva scappare a L’Habana, poteva scappare a Mosca, ed invece no, rimase li sotto i bombardamenti, fucili in mano, a morire da uomo e da guerrigliero, Allende non svendette la sua lotta e la sua patria, e tra gli uomini che passarono con lui quelle ultime tragiche ore vi era un giovane scrittore: Luis Sepulveda.

 

Il Cile, oggi più che mai, è anche e soprattutto la terra di Luis. Un uomo conosciuto per la sua maestria di scrittore, ma che dovrebbe essere conosciuto anche e soprattutto per il suo esempio umano di militante e di attivista politico. Sepulveda era di origini spagnole, il nonno aveva combattuto nelle file repubblicane durante la Guerra Civil. Condannato a morte dal nuovo regime ultrareazionario di Franco trovò asilo in Cile. Suo nipote Luis crebbe in una famiglia politicamente schierata e fu sin da giovanissimo accanito divoratore dei grandi classici della letteratura, dimostrando sin da subito una spiccata propensione a quell’arte che aveva avuto in America Latina mirabili rappresentanti come Jose Martì e Ruben Dario. A 15 anni entra nelle fila della Juventud Comunista, all’impegno politico si connubia la passione per lo studio e la scrittura sino a quell’annus mirabilis che fu il 1969: Luis vince il premio letterario “Casa de las Americas”, grande invenzione figlia del nuovo corso cubano intrapreso da Fidel Castro, avente il fine di unire, grazie alla grande ala della scrittura, tra di loro i paesi latino-americani e Cuba. Bisogna ricordare ch

Bisogna ricordare che in quegli anni a capo de la Casa de las Americas vi era Haydee Santamaria, grande donna e rivoluzionaria, che sin dall’assalto al Moncada era sempre stata al fianco di Fidel in ogni fase della Rivoluzione. La vittoria dell’ambito premio aprì a Luis le porte del successo internazionale portandolo sino a Mosca, dove ottenne la possibilità di studiare all’Università Lomonosov di Mosca, la più prestigiosa del mondo socialista. Di ritorno da Mosca Luis decise di intraprendere quello che già era stato el camino del Che e si recò in Bolivia per unirsi alle milizie dell’Ejercito de Liberacion Nacional fondato dal Che nel 1966.

Nel 1970 Allende trionfa in Cile contro il candidato fantoccio degli Usa Jorge Alessandri Rodriguez, esponente del Partido Nacional di orientamento nazional-conservatore. Ricolmo di gioia per il vento di cambiamento che soffiava in patria Luis ritornò a Santiago, divenne attivo militante del Partido Socialista e grazie alle dure esperienze di lotta e privazione vissute in Bolivia si guadagnò la fiducia di Allende che lo inserirà tra le sue guardie del corpo. In quegli anni la lotta comunista imperversava in tutto l’America Latina dando i suoi frutti, e Washington tutto questo non lo poteva tollerare. I primi anni ‘70 furono gli anni della famigerata Operacion Condor, gli Usa si riappropriavano dell’America Latina, loro “cortile”. L’ELN boliviano veniva massacrato, Banzer spadroneggiava in Bolivia, in Paraguay si rafforzava la terribile dittatura di Stroessner, il Brasile era sempre più schiacciato dalla violenza della dittatura militare e sotto la cenere a Buenos Aires covavano i golpisti che guidati da Videla avrebbero condannato l’Argentina ad anni buii ricolmi di angoscia e terrore. Al Cile non toccò miglior sorte, come anticipato poc’anzi il golpe ordito da Pinochet esplose con atroce violenza l’11 Settembre del 1973, di fronte agli occhi di un incredulo Sepulveda Allende lanciò il suo ultimo appello alla nazione di cui riportiamo un breve estratto:

“Trovandomi in questa tappa della storia, pagherò con la vita la lealtà al popolo. E vi dico con certezza che il seme affidato alla coscienza degna di migliaia di Cileni, non potrà essere estirpato completamente. Hanno la forza, potranno sottometterci, ma i processi sociali non si fermano né con il crimine né con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli. Lavoratori della mia Patria: voglio ringraziarvi per la lealtà che avete sempre avuto, per la fiducia che avete sempre riservato ad un uomo che fu solo interprete di un grande desiderio di giustizia, che giurò di rispettare la Costituzione e la Legge, e cosi fece. In questo momento conclusivo, l’ultimo in cui posso rivolgermi a voi, voglio che traiate insegnamento dalla lezione: il capitale straniero, l’imperialismo, uniti alla reazione, crearono il clima affinché le Forze Armate rompessero la tradizione, quella che gli insegnò il generale Schneider e riaffermò il comandante Ayala, vittime dello stesso settore sociale che oggi starà aspettando, con aiuto straniero, di riconquistare il potere per continuare a difendere i suoi profitti e i suoi privilegi. […] Starò sempre insieme a voi. Perlomeno il mio ricordo sarà quello di un uomo degno che fu leale con la Patria. Il popolo deve difendersi ma non sacrificarsi. Il popolo non deve farsi annientare né crivellare, ma non può nemmeno umiliarsi. Lavoratori della mia Patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore. Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole e sono certo che il mio sacrificio non sarà invano, sono certo che, almeno, sarà una lezione morale che castigherà la fellonia, la codardia e il tradimento.

 

Poco dopo Allende morì, così come ci hanno raccontato in una poesia musicata I Nomadi, da uomo con un fucile in mano. Sepulveda non dimenticò mai gli attimi di quella tragedia in cui tutto il mondo sembrava cadere sotto i cannoni dell’esercito. La violenza si propagò come un cancro, migliaia di giovani vennero massacrati e scaraventati ancora vivi da imponenti aeroplani sulle vette delle Ande, si realizzava la tragedia dei desaparecidos. Tutte le SS ed i criminali del Terzo Reich che in Cile avevano trovato rifugio grazie ad i corridoio organizzati da Washington e dal Vaticano tornarono ad occupare posti di rilievo, a Colonia Dignidad si ripresero sui giovani cileni quei terribili esperimenti che poco più che 30 anni prima avevano avuto negli internati dei lager delle cavie umane. La famigerata DINA, polizia politica di Pinochet riempì le galere senza un precisa accusa di militanti politici, lavoratori e studenti, l’unico scopo era quello di fiaccare il morale della popolazione e farla vivere nel terrore più assoluto. Neg

Negli oscuri meandri di quelle galere ormai inferno sulla terra giaceva un esasperato ma mai sconfitto Luis Sepulveda. Il mondo tutto si indignò di tanta violenza, di tanta crudeltà, più che mai il volto terroristico ed assetato di sangue degli Stati Uniti si era rivelato, in tutte le piazze del mondo migliaia di giovani scesero a chiedere libertà per i prigionieri politici cileni, gli stati socialisti iniziarono ad esercitare fortissime pressioni presso gli enti internazionali, alla fine alcune piccolissime concessioni si ottennero, tra queste la liberazione di Luis Sepulveda, che mai stanco della lotta e sempre sostenuto dai suoi ideali di libertà nel 1978 partirà per il Nicaragua alfine di unirsi ai Sandinisti nella lotta contro la tirannia del regime di Managua. Nel Frente Sandinista de Liberacion Nacional Sepulveda si contraddistinse per eroismo ed abnegazione. Appena un anno dopo nel 1979 le truppe di Daniel Ortega entravano a Managua rovesciando Anastasio Somoza. La causa del popolo nicaraguense, coadiuvato dal sostegno del Patto di Varsavia e di Cuba, aveva trionfato. Un nuovo corso, un corso socialista prendeva vita nel Nicaragua.

Dal 1981 gli USA cercarono in ogni modo di opporsi alla Rivoluzione grazie ad i Contras, terroristi assoldati dalla CIA e sostenuti dai narcotrafficanti messicani che avevano perso nel Nicaragua una base d’appoggio per i loro traffici che dalla Colombia portavano la cocaina direttamente a Miami e Los Angeles. Oltre agli Stati Uniti altri giganti militari riversarono la loro violenza sul Nicaragua: Israele, Germania Ovest ed ancora Honduras, Brasile, Cile, Paraguay, Argentina, Pakistan, Filippine. Ma la Rivoluzione era sana, la Rivoluzione era forte, la Rivoluzione persistette, la Rivoluzione in Nicaragua prosegue ancora oggi.

Eppure Luis sentiva che il suo impegno militante non si era esaurito li, sposò la causa dei diritti dei popoli indigeni e la causa dell’ambientalismo, che egli ben comprendeva, avevano un unico nemico e carnefice comune: il capitale. Sepulveda girerà il mondo dalla suo piccolo “campo base” nelle Asturie nel quale si era trasferito con la moglie.

I suoi romanzi ed i suoi racconti, intrisi di una così forte e luminosa semplicità hanno educato, cresciuto e tenuto per mano generazioni di giovani lettori. I suoi sogni di pace e libertà hanno impregnato ogni pagina dei suoi scritti.

Non lo fermarono i torturatori della DINA, non gli uomini di Somoza, non gli squadroni della morte boliviani, non le multinazionali, lo ha fermato oggi un maledetto virus che con inaudita violenza strappa via migliaia di vite, spesso le vite di quegli ultimi, gli stessi ultimi serviti da Luis, che non possono permettersi le cure in un economia mondiale sempre più elitaria ed egoistica. Di Luis oltre che i meravigliosi racconti deve rimanere ben impresso l’impegno militante e l’abnegazione con cui servì la causa dei popoli e del socialismo.

Buon viaggio compagno scrittore, Buon viaggio compagno rivoluzionario, Buon viaggio compagno Luis.______

LA RICERCA nel nostro articolo di ieri

LUIS SEPULVEDA E I SUOI SOGNI

Category: Cultura, Politica

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