LECCECRONACHE / TITO SCHIPA E I MONOPATTINI

| 5 Settembre 2020 | 0 Comments

di Raffaele Polo______

È quasi mezzogiorno e sono in piazza Sant’Oronzo, a Lecce.

Ormai, anche a quest’ora, il centro salentino ha tanti turisti; possiamo dire che, in piazza, ci sono più ‘stranieri’ che cittadini. Ed è una cosa positiva, certamente. Ricordiamo la piazza semideserta, un po’ di anni fa….

Oddio, non era male neppure allora, non c’era il Mc Donald e non sfrecciavano i monopattini elettrici.  Ma lasciamo perdere e veniamo ad oggi, che mi siedo sui gradini del ‘Sedile’, dove c’è ancora qualche posto libero, e protendo l’orecchio.

Sì, a mezzogiorno parte l’inconfondibile voce di Tito Schipa, oggi c’è l’Ave Maria, chiudo gli occhi per un attimo, mi commuove sempre questo brano, ma li riapro subito, notando un po’ di agitazione attorno a me.

‘Ma cus’è, sta roba?’ sento in un borbottio maschile, sovrastato poi dalla squillante voce femminile che somiglia molto a quella della Melato nel film ‘Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto’, che dice: “Ma si sente male, non funzione l’audio, né. Ma guarda te…”

 

D’impulso, mi viene da redarguire severamente i due incauti spregiatori dellu Titu nesciu…Ma ci penso un po’ e mi dico che non hanno tutti i torti.

Noi lo sappiamo che, da tempo, la voce di Tito Schipa, a mezzogiorno, si libera per l’aere di Piazza Sant’Oronzo; ed è una voce amica, è la voce dei nostri ricordi. Ma un turista, venuto a Lecce magari per quel turismo mordi e fuggi così di moda, come fa ad immaginare tutta la storia del tenore leccese e la sua ‘appartenenza’ salentina?

Ora, mi dico, possibile che nessuno della provvida amministrazione comunale abbia mai pensato di far precedere il brano musicale da una brevissima presentazione, come fanno alla Radio (una volta era la Filodiffusione…) che dicono nome cognome dell’interprete e titolo del brano? Magari aggiungendo che trattasi di registrazione degli anni Venti o Trenta, per giustificare i fruscii e la non perfetta sonorità.  Non è difficile, credo, e farebbe comprendere a tutti cosa significa quel pezzo musicale che scandisce il mezzogiorno leccese.

Insomma, siamo alle solite: è come se ci nascondessimo, come se ci vergognassimo della nostra cultura, tanto da lasciarla là, nell’anonimato.

Oppure (e sarebbe peggio) pretendiamo che tutti, ma proprio tutti, sappiano chi era Tito Schipa e cosa cantava. Anche chi viene dalla Val Brembana (come direbbe il solerte ‘ghisa’ milanese, davanti a Totò e Peppino) afferma subito, con sicumera: “Ecco un originale Tito Schipa, in una registrazione degli anni Quaranta, si tratta del brano ‘Quando ti lavi la faccia, al mattino’, ma è cantata in dialetto leccese”. Ma è solo un sogno, non ci lasciamo trasportare dalle manie di grandezza.

Così, non dico nulla, ai lombardi che si interrogano su quel che hanno sentito.

Forse, in fin dei conti, ci sarà una ragione per cui l’amministrazione vuole ‘nascondere’ il nome di Tito Schipa. Magari non ha ancora individuato una voce che profferisca le indispensabili quattro-cinque parole, Pazienza, prima o poi ci arriveranno, adesso ci sono problemi più importanti da risolvere…

E guardo i monopattini che sfrecciano in tutte le direzioni.

 

Category: Cronaca, Cultura

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