SGOMINATO PERICOLOSO SODALIZIO DI DELINQUENTI / LA NOSTRA TERRA DEI FUOCHI. ALL’INIZIO CI FU SANDOKAN

| 17 Maggio 2021 | 4 Comments

di Giuseppe Puppo______Lo smaltimento illecito dei rifiuti è un business vertiginoso. Sovente è gestito da vecchie e nuove organizzazioni a delinquere. Come quella sgominata oggi, che, “incurante dei rilevantissimi danni ambientali causati”, parole del procuratore Leonardo Leone de Castris, ha intombato, o bruciato qui nel Salento seicento tonnellate di rifiuti, di cui centoquarantadue pericolosi.

Qui nel Salento, dove avevamo già il pozzo senza fondo della discarica di Burgesi di Ugento, che, al di là delle indagini e delle sentenze della magistratura, checché ne abbia promesso il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, è ancora da bonificare, e chissà che cos’altro c’è ancora da trovare.

 

Qui nel Salento, dove chissà quante altre discariche di minore ampiezza, ma di non minore pericolosità, sono occultate.

“La nostra terra dei fuochi. Così ci hanno avvelenato il territorio”, un territorio fra l’altro in avanzato stato di desertificazione, denunciava tre anni fa  la Lilt, la Lega per lotta contro i tumori, confermando che la più grande preoccupazione in quest’ultimo periodo sono i veleni nel suolo, e quindi gli effetti che questi veleni provocano sulla salute delle persone e della vegetazione, e anche il luogo da dove questi veleni si sono infiltrati, è fonte di preoccupazione. Lo studio Geneo (sistemi tra di valutazione delle correlazioni tra Genotossicità dei suoli e neoplasie in aree a rischio per la salute umana) – promosso dalla Lilt, condotto in cooperazione con Università del Salento, Provincia di Lecce e Asl di Lecce – ha riscontrato tre inquinanti del territorio: arsenico, berillio e vanadio, analizzando campioni di terra prelevati dai suoli di trentadue Comuni del Salento: soprattutto il berillio ed il vanadio sono metalli pesanti enormemente pericolosi e cancerogeni per l’uomo.

Come se non bastassero i veleni usati per decenni in agricoltura, e che purtroppo continuano ad essere adoperati.

Come se non  bastassero nell’aria i fumi che continuano ad arrivare dal Mostro di Taranto e dalla ciminiera di morte  di Cerano. Come se non bastassero i danni ambientali provocati dal gasdotto Tap/Snam.

Qui dove, per citare l’oncologo Giuseppe Serravezza, “Non c’è più spazio nemmeno per accendere un cerino, questa è la verità”…

E invece continua a prevalere la logica del profitto, dei pochi, a danno della democrazia e dell’esistenza stessa, di tutti.

Avanti, c’è posto…Anche se la mortalità per tumore è abnorme, anche se ormai i tumori spesso si  formano nei nascituri direttamente nel grembo delle madri gestanti.

So che sto dicendo cose terribili.

Ho un’ampia documentazione scientifica su tutto quello che ho detto.

Dobbiamo saperlo e dirlo tutti, anzi, che dico dirlo?…Gridarlo, dobbiamo!

Qui è in gioco la nostra stessa sopravvivenza, il futuro del nostro territorio che abbiamo il dovere di trasmettere alle nuove generazioni così come noi lo abbiamo avuto da Nostra Madre Natura, e il futuro delle giovani generazioni stesse.

 

Invece, come se nulla fosse, oggi abbiamo scoperto di assomigliare sempre di più alla Terra dei Fuochi.

Una storia lunga, di cui il fatto di cronaca odierno è solo l’ultimo tassello..

 

Occorre, oltre a risalire agli anni Ottanta, anche spostarsi geograficamente e ricominciare dalla Campania dove lo smaltimento illegale dei rifiuti tossici, tra la province di Napoli e quella di Caserta, precisamente in quelle zone che lo scrittore Roberto Saviano in “Gomorra” ha rinominato “Terra dei fuochi”, e l’omonima fiction televisiva ha fatto conoscere al mondo intero, è un fenomeno di notevole e drammatica evidenza.

In questi posti esistono molte discariche abusive, in piena campagna o lungo le strade: quando queste si saturano, per liberare spazio per i rifiuti successivi, vengono appiccati degli incendi.

La maggior parte dei rifiuti “smaltiti” in queste zone sono rifiuti speciali. Sono i rifiuti più pericolosi e inquinanti, per intenderci, specie se il loro “smaltimento” avviene con modalità così rudimentali.

Lo smaltimento dei rifiuti speciali dovrebbe seguire una modalità di trattamento e stoccaggio particolare, proprio per contenere i pericoli ambientali derivanti dalla loro gestione. Lo smaltimento è poi differente a seconda della tipologia di rifiuto: il percorso di un solvente di laboratorio è diverso da quello di un pannello di amianto.

La criminalità organizzata si è sempre fatta protagonista dello smaltimento e del riciclaggio dei rifiuti: infatti, proprio nella Terra dei fuochi, la camorra ha iniziato a occuparsi di rifiuti fin dagli anni Ottanta, prima di quelli urbani, poi di quelli speciali e pericolosi, più redditizi.

Il fenomeno è diventato più conosciuto grazie alle prime dichiarazioni del boss Nunzio Perrella ai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli: Perrella sottolineò l’enorme interesse finanziario della criminalità organizzata per questo settore.

Fra lui e a tanti altri boss che hanno commesso le sue stesse operazioni e hanno poi dichiarato come funziona il sistema agli inquirenti, c’è Carmine Schiavone che già nel 1995 ai magistrati aveva evidenziato come la Campania fosse destinata a diventare una discarica a cielo aperto, soprattutto di materiali tossici tra cui piombo, scorie e materiale acido.

Cosa succedeva? Lo dichiara proprio lo stesso Carmine Schiavone del clan dei Casalesi in un’intervista nel 2013: “Quando mi sono ribellato per la presenza di tutti questi rifiuti, gli altri del clan hanno continuato imperterriti, mi hanno fatto arrestare per mettermi fuori gioco. Scaricavano camion di rifiuti tossici, poi scaricavano i rifiuti normali e, sopra a tutto questo, mettevano la terra e sulla stessa si coltivava”.

Rifiuti chimici, farmaceutici, ospedalieri, fanghi termonucleari: tutti rifiuti provenienti da Germania, Francia e Austria, e arrivavano nel basso Lazio ma, principalmente, venivano portati a Casale, Santa Maria La Fossa, Grazzanise, e venivano sotterrati sia nelle campagne che nelle cave di sabbia. Rifiuti, dunque, hanno causato innumerevoli morti e continuano a farlo tuttora.

Carmine Schiavone non ha operato da solo, questo era ovvio. Tra i nomi da lui citati nell’audizione davanti alla commissione parlamentare sul traffico di rifiuti: Lucio Dell’ Anna (chiamato D’ANNA da Schiavone) e Antonio Ferente, detto Tonino o’ zingaro.

L’ex boss pentito, con il Salento ha un legame molto stretto.

Infatti è ad Otranto, tra il 1986 e il 1989, che il cugino di Carmine Schiavone, Francesco Schiavone, detto Sandokan,  viene mandato al soggiorno obbligato.

Il Salento gli è piaciuto talmente tanto che nel 1990, con i primi soldi della sua azienda “Ba.schi”, compra un appartamento a Maglie e lo sceglie addirittura come una delle basi operative della sua latitanza, finita con l’arresto il 3 luglio 1992 a Maglie.

In quegli anni di permanenza nel Salento, Carmine Schiavone ha avuto modo di conoscere il territorio e i criminali che lo popolavano. Un Salento dominato dalla SCU, dal traffico illegale di armi e droga, un Salento che faceva da collante con l’Albania e i paesi dell’ex Jugoslavia.

È proprio negli anni di soggiorno ad Otranto che Schiavone riceve la visita di tal Tonino o’ zingaro con il quale era stato detenuto nel 1980 nel carcere di Brindisi.

Durante lo stesso interrogatorio, il pentito ha dichiarato di aver conosciuto, durante la sua vacanza ad Otranto, anche Lucio Dell’ Anna. “Costui mi raccontò che era stato grosso imprenditore edile e che era poi fallito. Parlando, scoprimmo comuni amicizie, quali Tonino o’ zingaro e Mimmo ‘a strega. Ci lasciammo con l’intesa che egli sarebbe venuto a trovarmi a Casale e infatti venne nell’autunno-inverno 1990; lo prelevai dalla stazione di Caserta e fu ospite per un giorno a casa mia. Mi disse che aveva molte conoscenze a Roma, dove spesso si recava avendo anche un’abitazione. Mi raccontò che faceva parte della Massoneria e che tale appartenenza gli aveva procurato anche dei guai. Mi offrì di fare degli impianti di calcestruzzo in Camerun. In quell’occasione appresi che D’Anna era interessato anche a traffici di armi e i assicurò che non aveva difficoltà a procurarmeli in caso di bisogno”.

In seguito a tale affermazione, infatti, Schiavone comunicò a suo cugino Sandokan quanto gli era stato detto e si fece procurare due mitragliette per conto suo ma, quando arrivarono, le passò al cugino Walter, visto che Sandokan era stato arrestato.

Dopo qualche giorno, Schiavone, suo cugino Walter, Franco Di Bona e Mario Caterino, incontrarono Dell’Anna nell’azienda dell’ex boss per ordinare al criminale della Scu una notevole somma d’armi di taglio piccolo e lungo. Le armi arrivarono dopo circa un mese e potevano essere ritirate a Lecce, così Schiavone mandò alcuni dei suoi per ritirare la merce e, in quell’occasione, ordinò altre armi di cui non ha potuto accertare l’effettiva consegna perché venne arrestato prima che arrivassero le armi.

Tutte le dichiarazioni dell’ex pentito sono state riscontrate dalla DIA di Napoli, tranne l’appartenenza di Dell’Anna alla Massoneria.

Armi, droga, e rifiuti, in collaborazione con la Sacra Corona Unita. Rimane il ragionevole dubbio che rifiuti dalla Campania siano stati trasportati anche qui da noi e che giacciano ancora, da qualche parte.

 

Un incubo. Un incubo oggi, oggi nel senso di in data odierna, ritornato di attualità. I rifiuti interrati nel Salento per cui la Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce ha disposto l’arresto di tredici persone, venivano da un’ “azienda” della provincia di Caserta.

 

Un incubo che come la discarica di Burgesi – là dove stanno sepolte pure le motivazioni dell’assassinio di Peppino Basile, il consigliere dell’Italia dei Valori ucciso a Ugento nel 2008 e rimasto senza Verità e senza Giustizia, che ne aveva avuto contezza e avrebbe voluto denunciarlo pubblicamente, con ciò firmando in pratica la sua condanna a morte – è senza fondo. Negli ultime settimane si è ritornato a parlare di scorie nucleari portate nel Salento e chissà come, quando, dove, da chi e perché “smaltite”.

E chissà che in queste centoquarantadue tonnellate di rifiuti pericolosi intombati nelle nostre campagne di cui abbiamo appreso oggi non ci sia stato pure qualche altro carico radioattivo all’uranio e al plutonio.______

LA RICERCA nei nostri tre articoli immediatamente precedenti

SGOMINATO PERICOLOSO SODALIZIO DI DELINQUENTI CHE SMALTIVANO RIFIUTI IN MANIERA ILLECITA NEL NOSTRO SALENTO. IL PROCURATORE DE CASTRIS: “hanno provocato un danno ambientale di rilevanti proporzioni”

SGOMINATO PERICOLOSO SODALIZIO DI DELINQUENTI / video DELL’OPERAZIONE DI CARABINIERI E FINANZIERI

SGOMINATO PERICOLOSO SODALIZIO / GLI ARRESTATI

Category: Costume e società, Cronaca, Politica

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Comments (4)

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  1. Massimiliano Spinetta, Movimento Regione Salento - tramite mail ha detto:

    La notizia inquietante degli arresti dell’operazione All Black e la certezza dei rifiuti tossici bruciati e tombati sul nostro territorio ci intristisce, ci preoccupa, ma non ci coglie di sorpresa perché siamo costretti, purtroppo, a dire che avevamo ragione.

    Denunciammo già nel 2018 la cappa di cattivi odori sotto la quale, all’imbrunire, erano costretti a vivere gli abitanti di Surbo. Sull’argomento siamo tornati periodicamente, non abbiamo mai mollato.
    Il nostro intervento portò ai monitoraggi di Arpa con centralina ubicata all’interno della scuola materna di via Benedetto Croce anche se non riscontrò evidenti anomalie.

    I surbini però continuavano a chiudersi in casa a causa di quell’odore forte e nauseabondo che provocava un pizzico alla gola con conseguente irritazione delle vie respiratorie.

    Adesso scopriamo, quello che sembrava logico da quei tremendi miasmi, un mostro ecologico si cibava delle nostre terre e della nostra aria mentre Surbo ed i surbini, e l’intero Salento continuavano e continuano a pagare un prezzo molto alto in termini di malattie e morti dovute a questo inquinamento atmosferico provocato.

    Auspichiamo a questo punto che sia individuata con esattezza l’intera zona interessata e che sia bonificata in brevissimo tempo. Inoltre sarebbe opportuno che i controlli di Arpa continuassero periodicamente in modo efficace.

    È un vero peccato dover dire avevamo ragione, adesso ci auguriamo che eventi del genere non si verifichino più.
    Noi continueremo ad essere sentinelle attive e propositive e continueremo a denunciare ogni anomalia che si verificherà sul nostro territorio.

  2. Paolo Pagliaro, La Puglia domani - tramite mail ha detto:

    Seicento tonnellate di rifiuti urbani e industriali: uno spaventoso deposito di veleni nelle viscere della terra salentina e in capannoni tra Lecce, Surbo e Massafra. La scoperta dei Carabinieri del Noe e delle Fiamme Gialle di Taranto, coordinati dalla Dda di Lecce, rinnova l’incubo dei rifiuti tombati e dati alle fiamme in Salento.
    Il rischio è che la falda e il sottosuolo possano essere stati contaminati. Ed è un dubbio tremendo che va fugato subito, per tranquillizzare la popolazione già molto provata sul piano ambientale e della salute.

    Ecco perché ho presentato un’interrogazione urgente, indirizzata all’assessora all’ambiente Maraschio, per chiedere lo stanziamento di risorse congrue per l’opera di monitoraggio che dovrà essere eseguita urgentemente dall’Arpa Puglia, per verificare se la falda e il terreno abbiano subìto contaminazione.
    È un’operazione complessa, che richiede fondi specifici e immediati. Non c’è un minuto da perdere per scandagliare le aree dov’è stata accertato l’illecito stoccaggio di rifiuti, molti dei quali pericolosi: fanghi, plastiche, gomme, resti di guaine in catrame e ingombranti.
    Un occultamento criminale, con la complicità dei proprietari di terreni e cave del territorio, che potrebbe aver provocato l’ennesimo disastro ambientale.
    Da lungo tempo il Salento è divenuto cimitero di rifiuti anche pericolosi provenienti da ogni parte d’Italia, con conseguenze pesantissime sulla salute pubblica. Dai dati del registro tumori è emerso un elevato tasso di mortalità a causa di patologie tumorali, in particolare a polmoni e vescica, nella popolazione di Lecce e provincia, anche infantile.

    Questo scempio va fermato, e l’operazione messa a segno nei giorni scorsi è una buona notizia. Ma allo stesso tempo resuscita i fantasmi dell’avvelenamento del sottosuolo. Ci aspettiamo dunque un riscontro rapido alla nostra interrogazione, che dà voce alle ansie e alle paure della popolazione salentina.

  3. oronzo alessano ha detto:

    conosco bene la situazione e sono stato io a fare sequestrare tante discariche anke burgesi posso aiutare ancora

  4. Adriana Poli Bortone, Msi Fiamma Tricolore - tramite mail ha detto:

    Il problema dei rifiuti tossici individuati in alcuni terreni limitrofi alla città capoluogo, pone interrogativi pesanti sull’uso del territorio, sulla mancanza di controllo da parte dei soggetti competenti, sulla garanzia della salute dovuta ai cittadini.
    Non vorremmo che il Salento, già abbondantemente violentato nel suo ambiente identitario dall’incapacità di affrontare il tema della xylella, debba essere percepito come uno dei centri della Terra dei Fuochi che caratterizza purtroppo alcune zone del Mezzogiorno d’Italia.
    Abbiamo bisogno di certezze, noi cittadini pugliesi e salentini e di garanzia, appunto, per la nostra salute.
    Abbiamo bisogno di certezze per offrire non solo l’immagine, ma la sostanza di un territorio attrattivo, accogliente, sicuro, individuabile come tale da quel turismo che oggi rappresenta una delle più importanti fonti di economia a seguito dell’ulteriore sciagura Covid 19.

    Ci rivolgiamo, dunque, a tutte le autorità competenti, in materia di sanità e tutela dell’ambiente perché facciano con immediatezza e scrupolosità, indagini accurate sul territorio pugliese, a partire dal Salento.

    Siamo oltretutto in una fase decisionale importante per la scelta di località idonee per la costruzione di impianti di compostaggio e sarebbe un ulteriore vera e propria tragedia ecologia, se per mancanza di conoscenze adeguate, dovessero essere individuati i siti già oggetto di discariche o, peggio ancora, di sotterramento di materiali tossici.
    Gli strumenti di rilevazione attuali possono fornire tutte le garanzie richieste per conferire ai cittadini certezze salute, serenità personale, economia del territorio.

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