‘NEGATIVO’ DI SABATO SANTO

| 16 Aprile 2022 | 0 Comments

di Raffaele Polo ______

Sono in fila.

E, fin qui, non ci sono note di interesse: la fila la facciamo almeno due, tre volte al giorno e per le più svariate occasioni. Prima, anni fa, c’era la fila il 27 del mese alla Banca d’Italia, per ritirare lo stipendio. Almeno, per gli statali (che da noi erano tantissimi) c’era questa edificante processione che il buon capoufficio concedeva in deroga a tutti gli altri permessi, erano d’accordo anche i sindacati e si andava tutti, felici, a riscuotere quelle banconote fruscianti e quelle monetine fior di conio che non servivano a nulla, ma ce le davano e le riponevamo nel cassetto…

Poi, c’era la fila alle Poste. Lì l’età media era decisamente superiore, la fila si formava la mattina presto, davanti al portone delle Poste centrali. A Lecce, questo imponente portone doveva aprirsi alle 8 e trenta. Ma non è mai successo… C’era sempre la tradizione di aprirlo DOPO questo orario e non mancavano gli impazienti che bussavano freneticamente e gridavano con forza agli impiegati asserragliati dentro che era ora di calare il ponte levatoio… Che bei tempi, lo dico adesso, ma quella quotidiana liturgia aveva finito per farci odiare le Poste Italiane, quando dovevamo ritirare una raccomandata c’era da giocarsi mezza giornata…

 

Mi accorgo che mi sto lasciando prendere la mano dai ricordi: ma, ogni giorno, mi capita di confrontare la realtà odierna a quel ‘come eravamo’ che, immancabilmente, mi fa sentire vecchio. Vecchio e stanco.

 

Sì, per non stancarsi, nel fare la fila, il segreto c’è: e consiste nel distrarsi, parlano e sorridendo con i vicini di fila, soprattutto se si tratta di una signora simpatica, sono rare, ma ogni tanto capitano anche loro e tra una chiacchiera e l’altra, eccoci arrivati, senza aver avvertito più di tanto il trascorrere del tempo…

 

Allora, volgo lo sguardo attorno a me, ma sono tutti immersi a consultare il telefonino e nessuno pare disponibile ad intavolare un frammento discorsivo. Né mi pare il caso di usare l’approccio solito, relativo al freddo o caldo e all’immancabile ‘domani porta pioggia’.

Peraltro, mi viene da osservare, questa è una fila particolare. Anzitutto siamo alla vigilia di Pasqua e qui c’è una farmacia dove ti effettuano il tampone per verificare se sei positivo o negativo al Covid.

Questa malevola e contagiosa forma pandemica ha rovesciato ormai tutta la nostra precedente esistenza: pensate che siamo felici se l’esame cui ci sottoponiamo è ‘negativo’. Abbiamo sempre sperato, fino ad ora, ad una positività che sancisse il superamento di una prova impegnativa. Adesso, invece, si legge proprio il contrario, ovvero si spera di risultare ‘negativi’ ad un contagio. È un po’ come nei referendum, ai quali dovevamo votare ‘si’ se non volevamo qualcosa…. Io non l’ho mai compresa perfettamente questa cosa, mi è sempre parsa una sorta di truffa giocherellona…

 

Comunque, qui si fa l’Italia o si muore: siamo tutti in attesa di quello col camice bianco che ci infila una sorta di pinzetta nei buchi del naso, la cosa è fastidiosa ma dura pochissimo, meno male, anche i bambini superano senza sforzo questo esame, é più lo spavento iniziale che la cosa in sé, ci confortiamo in silenzio noi più anziani, ne abbiamo passate tante, ormai…

Ma il momento clou è quando il camice bianco chiama per nome e allora ci trasferiamo subito con l’immaginazione alla Rivoluzione Francese, che si apriva la porta a sbarre del sotterraneo e la guardia leggeva i nomi dei condannati…

Un po’ di suspense e poi il verdetto. Il camice bianco sorride, nonostante tutto, è anche lui un uomo, ha figli, un cane, gli piace la parmigiana, vorrebbe un lavoro meglio retribuito… ‘Negativo’, c’è scritto sul foglio che ci danno. E col cuore lieve, come quando abbiamo ritirato l’attestato di maturità, ci avviamo a compiere l’aspetto più lieto delle feste pasquali: fare la spesa perché domani è tutto chiuso… Perciò c’è la fila anche davanti al supermercato, ma qui è tutta un’altra aria, tra colombe, uova di pasqua e offerte speciali, siamo perfettamente a nostro agio, nonostante mascherina e distanziamento.

Alla cassa, c’è davanti a noi, uno che era all’esame tampone, lo riconosciamo perché ci siamo consolati a vicenda. Ma qui, neanche ci salutiamo. Siamo tornati numeri, proprio come c’è scritto sul certificato. Io sono 625A68B03946C…

Category: Costume e società, Cronaca, Cultura

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