NOVITA’ DISCOGRAFICHE / TRE GIOVANI RAGAZZI SALENTINI ISPIRATI DAL FILM DELLE VERGINI DI SOFIA COPPOLA

| 17 Aprile 2022 | 0 Comments

di Roberto Molle  ______

“Il giardino delle vergini suicide” è il titolo di un film del 1999, scritto e diretto da Sofia Coppola (tratto dal romanzo “Le vergini suicide” di Jeffrey Eugenides).

La storia raccontata è quella di una famiglia americana composta da due genitori conservatori e le loro cinque figlie tra i quindici e i diciannove anni. La madre tiene sotto stretta sorveglianza le figlie, impedendo loro di vivere liberamente la propria adolescenza, mentre il padre, un professore di matematica, non prende mai posizione nelle decisioni familiari. Il destino delle cinque ragazze sarà tragico, dovendo muoversi tra barriere culturali e religiose, le loro vite finiranno strozzate sul filo della lucida follia dei due genitori convinti di fare il loro bene.

Tutto si svolge a Detroit, sullo sfondo patinato di paesaggi mozzafiato e quartieri residenziali, nella più apparente normalità.

I sentimenti che si generano e si saldano durante tutto il film ruotano intorno a tre parole: ossessione, amore, morte.

 

La colonna sonora de “Il giardino delle vergini suicide” è firmata dal duo francese di musica elettronica AIR che disseminano durante tutto l’arco del film tracce di dream-pop capaci di stemperare un malessere di sottofondo e rendere etereo e quasi sognante ogni passaggio visivo.

 

Questo è quanto a proposito del capolavoro della regista americana; ma agli opposti antipodi, nel profondo Sud dell’Italia, una realtà sonica che prende il nome di Misophònia (nella foto di copertina) ha rivisto con occhi più freschi e penetranti la storia delle cinque vergini. Una voce, una chitarra, un basso e una batteria capaci di mandare alle ortiche le smancerie glamour degli AIR.

Un brano che prende il nome dal titolo del film della Coppola (“Il giardino delle vergini suicide”, pubblicato da pochi giorni) che getta una luce più oscura sulla vicenda e la ravviva della tensione liberata dalle sonorità dei Misophònia.

Una visione speculare che si respinge e si attrae e aiuta a rendersi conto di quanto l’arte e la musica siano caleidoscopiche emanazioni della fantasia e della creatività.

 

Si diceva Misophònia, per l’appunto tre giovani ragazzi salentini che già nello scegliere il nome della band dimostrano ottimo gusto estetico per il suono delle parole. La misofonia è una forma di intolleranza a un certo tipo di suono, e sembrerebbe quasi un ossimoro per chi i suoni li crea, ma l’arte è fatta spesso di contraddizioni.

 

I Misophònia nascono da un’idea di Mattia Carluccio (che è autore e cantante del gruppo) e poggiano su prodromi musicali che forniscono un endorstment che non permette repliche: dal Jack White che ruota senza problemi dagli “The White Stripes” ai “Raconteurs” e “The Dead Weathers” fino ai “Muse” e “Royal Blood”. Tutte formazioni che in qualche modo hanno “cancellato” le tastiere e i suoni sintetici. Altre influenze non meno nobili sono quelle italiane di “Verdena”, “Afterhours” e “Quintorigo”.

In attesa del loro primo album ufficiale i Misophònia nel 2001 hanno pubblicato un primo singolo “Dentro il mio labirinto” e ora questo “Il giardino delle vergini suicide”.

 

Ascoltati a più riprese i due brani regalano buone vibrazioni.

Personalmente trovo la musica dei Misophònia di un livello superiore alla media delle novità che escono quotidianamente in Italia. Con venature hard-rock senza gli eccessi degli stereotipi degli anni settanta e ottanta, una scrittura fresca e asciutta, chitarre e tamburi analogici, i Misophònia mi riportano a un’altra formazione che infiammò gli animi degli appassionati rock verso la fine degli anni Novanta: gli “Enne Enne”: altra compagine salentina con un album pubblicato per l’allora prestigiosa etichetta IRA che si chiamava “Inchiostro e Volume”.

Gli “Enne Enne” avevano un groove forse più vicino ai “Sonic Youth” e un’attitudine che li rendeva affini ai “Marlene Kuntz”, artefici di uno dei dischi più belli dei ’90, quel “Vile” che racchiude perle sonore senza tempo.

“Enne Enne” e “Misophònia” in realtà hanno anche qualcos’altro in comune: la provenienza del batterista. Per gli “Enne Enne” si chiamava Ennio Colaci, per i “Misophònia si chiama Vincenzo Zizzi; di Ugento il primo, della frazione Gemini il secondo.

Oltre a Mattia Carluccio e Vincenzo Zizzi, il terzo musicista dei Misophònia è Mario Esposito.

 

 

Qui i link per ascoltare i Misophònia:

https://www.youtube.com/watch?v=YL4gVhPPpkM&ab_channel=Misoph%C3%B2nia-Topic

https://www.youtube.com/watch?v=v4ajzStYpT0&ab_channel=Misoph%C3%B2nia_official

 

Category: Cultura

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