IL VERDE PUBBLICO, INFRASTRUTTURA NECESSARIA

| 23 Giugno 2022 | 0 Comments

Riceviamo e volentieri pubblichiamo il seguente comunicato, firmato da Francesca Casaluci, antropologa culturale, per conto dell’associazione Salento Km0  ______

 

È arrivato il momento di riconoscere alberi e boschi per i loro servizi ecosistemici e progettarne la diffusione per il benessere collettivo

Se una volta il viaggiatore o l’emigrante di ritorno riconosceva la terra salentina per le distese di olivi verdeggianti che subito dopo Brindisi iniziavano a dominare il paesaggio, oggi è solo allontanandosi dal Salento che è possibile prendere una boccata d’ossigeno e godere nuovamente del verde e del fresco dell’ombra.

 

Già in Valle d’Itria i salentini sono presi dalla nostalgia delle belle fronde che un tempo ricoprivano la terra, oggi secca e brulla, in cui dominano il giallo e l’ocra già da metà maggio e in cui gli incendi stanno finendo di distruggere ciò che il disseccamento rapido ha risparmiato: mandorli, lentischi, mirti, perastri, pini, carrubi…

Sì, perchè il fenomeno degli incendi dolosi ha raggiunto proporzioni estremamente preoccupanti.

È sufficiente monitorare il sito dell’European Forest Fire Information System (EFFIS) che attraverso dati satellitari fornisce una cronistoria degli incendi georeferenziandoli. Consultando questo prezioso database, ci si accorge che il Salento è una terra in fiamme, alla mercè di incendi che ne stanno cambiando la forma e il futuro.

Si può parlare dunque, senza paura di sembrare allarmisti, di una vera “emergenza incendi”: basti verificare come i fuochi siano stati centinaia solo nella frazione di 30 giorni a partire dal mese di maggio 2022. Non solo: il sito mostra in maniera inequivocabile che il Salento brucia più di altre zone della Puglia e dell’Italia, e negli ultimi 3 anni è stato un trend in crescita. Ciò rappresenta, se non una prova, almeno un indizio della presenza di precise cause sociali, economiche e politiche legate alla specifica situazione della provincia di Lecce. Prolungarsi sull’analisi di queste cause è un’opera da rimandare ad altra sede, ma è il caso di citare un articolo apparso su Leccecronaca che apre interrogativi in questo senso e pone punti di vista fino ad ora poco considerati.

È plausibile che il Salento possa avere un triste primato di disboscamento in Italia data la velocità e la potenza del fenomeno a causa del quale, nel giro di pochi anni, si è persa tanta superficie alberata. I dati Coldiretti solo nel 2019 parlavano di 21 milioni di ulivi infetti, mentre uno studio di Italia Olivicola stima che siano state 4 milioni le piante disseccate e 50 mila gli ettari olivetati distrutti.

Se l’albero di ulivo ha visto la sua diffusione per il valore economico dell’olio, oggi è proprio la perdita di quel valore economico che sta determinando l’abbandono totale delle campagne ad un destino misero e triste: il fuoco. Ma nel 2022, in piena crisi climatica ed ambientale, con una siccità a livelli allarmanti, non possiamo più permetterci di ragionare come contadini dell’800.

 

È arrivato il momento di capire che gli alberi non rappresentano solo un valore economico diretto dovuto alla loro produzione di beni agroalimentari.

Parlare di alberi vuol dire prima di tutto parlare di servizi ecosistemici. Gli alberi offrono ossigeno, raffreddano il terreno, trattengono l’umidità, regolano le precipitazioni, mantengono la fertilità del suolo, offrono cibo e riparo ad altri esseri animali e vegetali, dando sostegno ai legami ecosistemici che ci tengono in vita.

Masanobu Fukuoka scrisse «È stato in un deserto americano che improvvisamente mi sono accorto che la pioggia non cade dal cielo, ma viene dalla terra. La formazione dei deserti non è dovuta all’assenza di pioggia, ma la pioggia smette di cadere perché la vegetazione è scomparsa. Costruire una diga in mezzo al deserto è come cercare di curare un solo sintomo, ma l’unico modo valido per aumentare le piogge è imparare a rigenerare le foreste antiche».

 

La domanda è dunque: perchè un bosco non può essere pensato come una infrastruttura strategica? Al pari di ospedali e scuole, gli alberi (o meglio dire gli habitat boschivi e forestali) dovrebbero rappresentare infrastrutture basilari per la popolazione.

 

Come mai non ci sono politiche di rimboschimento nel Salento dopo il disastro del disseccamento?

Ad oggi purtroppo niente è stato fatto, nè a livello comunale nè a livello regionale. Solo la società civile ha saputo proporre modelli di ricostruzione, ma lotta oggi incessantemente contro il fuoco che vanifica in un attimo gli sforzi di anni. In ogni caso la risposta non può e non deve arrivare sempre da sparuti gruppi di cittadini.

Moriamo di morte lenta dunque, come il nostro paesaggio, con i nostri millenari ulivi, “antenati mitici” a cui non si è voluto dare una possibilità di cura, nè si è riusciti ad assicurare una fine dignitosa.

Bisogna che il popolo salentino si metta a lavorare, a “faticare” si direbbe, per la ricostruzione. Una fatica non solo fasica, ma anche morale, etica, che tocca a chi è rimasto in questa terra: faticare per ricostruire, per esigere il diritto all’ecologia, un diritto di cittadinanza che è quello di avere una casa comune in cui vivere bene.

Francesca Casaluci – Associazione Salento Km0

info@salentokm0.com

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L’APPROFONDIMENTO nel nostro articolo immediatamente precedente, e in quello di ieri

 

DESERTIFICAZIONE DEL TERRITORIO, L’ALLARME CONTINUA

 

SALENTO FUOCO E FUMO / LA PUGLIA BRUCIA. INCIDENTE SULLA STATALE, UN CAMION SI RIBALTA

 

Category: Costume e società, Cronaca, Cultura, Politica

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