COME ERAVAMO / LA SPESA DAL MACELLAIO

| 19 Gennaio 2023 | 1 Comment

di Raffaele Polo ______ 

Si andava dal macellaio una volta alla settimana. C’erano i giorni preferiti, concordati col macellaio, a secondo del tipo di carne che si voleva acquistare. La mamma comprava la ‘catena’ che era un lungo pezzo di polpa da preparare in vari modi. Ma altri tagli di carne venivano definiti in modo particolare, andava molto il ‘lacerto’ mentre filetto e controfiletto non li chiedeva praticamente nessuno. C’era, piuttosto, una rincorsa alle ossa per il brodo che, in molti, con sussiego, chiedevano ‘per il cane’.

A Lecce e in genere nel Sud, la spesa dal macellaio era frequentata, più che per altri acquisti, dai capi famiglia, ovvero dai maschi, dai professionisti che godevano dei particolari saluti del furbo macellaio che, al loro ingresso, si sperticava in manifesta sudditanza. ‘Buongiorno, avvocato!’, ‘Carisimo, dottore!’, ‘Che desidera oggi, ingegnere?’ oppure ‘Maresciallo, comandi!’.

Insomma, il censo era mostrato in bella vista proprio perché faceva piacere agli interessati  guardarsi attorno e verificare la propria importanza nella scala sociale.

Naturalmente, a chi non aveva particolari titoli e benemerenze, era riservato solo un sorriso e una strizzatina d’occhio, da parte del macellaio. Perché era una tradizione che, allontanatisi i titolati col loro pacchettino avvolto in carta giallastra, ci fossero commenti non sempre positivi su chi, fino a qualche minuto prima, era incensato. ‘Che tirchio l’avvocato! Chiede le ossa per il cane e poi compra una fettina sottile…’ faceva notare il macellaio, rivolto alle comari chiaccherone che lo chiamavano per nome. ‘E lu professore, sia ca nu la sapimu ca la mugghiere se ndà ffusciuta..’ commentava una pettegola, attirando l’interesse di tutto l’uditorio.

La mamma aspettava con impazienza, poi faceva l’ordinazione, terminando sempre con la postilla: ‘Me raccumandu, sennò te cangiu!’.

Era poi usanza, terribile usanza, esporre in tempo di Pasqua gli agnelli appena macellati in vetrina.

Se qualcuno protestava, il macellaio si difendeva; ‘Così vedete che è carne fresca, la migliore!’. Ma tutti quegli animali uccisi non erano per nulla un bello spettacolo…

Si vendeva di tutto, anche ‘lu sangunazzu’. ‘Mamma cos’è?’, chiedevo incuriosito. La mamma non rispondeva, faceva la faccia disgustata. ‘Lu sangu de lu puercu’ mi sorrideva il macellaio, cui mancava una falange del dito medio. A tutti i macellai mancava qualche falange, era una sorta di onorevole distintivo…

‘E la matriata?’ chiedevo ancora. ‘La trippa dell’agnellino di latte’ mi rispondeva.

Dal fondo, emergeva la voce del professore; ‘Si dice busecca, non trippa. E dammi un po’ di ossa. Per il cane.’

Ci guardavamo in silenzio, sorridendo.

Category: Costume e società, Cultura

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Comments (1)

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  1. Giuliana Silvestri ha detto:

    La figura del macellaio solitamente era un omone dai modi grossolani e rudimentali, che con un linguaggio diretto e senza tanti convenevoli si approcciava bene ad una clientela maschile piuttosto che a quella femminile, specialmente se si trattava di una signora di ceto medio borghese che strideva al confronto per le maniere più eleganti e raffinate, pertanto quel mestierante dal grembiule bianco ma sempre imbrattato di rosso e pronto ad affettare con un coltellaccio ciò che era appartenuto ad un povero animale ucciso, esordiva dal suo bancone con un vocione altisonante, chiedendo al cliente cosa dovesse incartare… Il macellaio era un personaggio che insieme ad altri venditori animava il mercato coperto e,come personaggi di una commedia teatrale, esibivano quella autentica e colorita popolarità che faceva sorridere noi bambini spettatori…

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