DELITTO DI VIA POMA, EMERGONO DOPO 30 ANNI INTERCETTAZIONI CHOC

| 9 Dicembre 2022 | 0 Comments

L’ASSASSINO DI SIMONETTA CESARONI POTREBBE FINALMENTE AVERE UN VOLTO

di Flora Fina ______

Nella scorsa primavera sono stati tanti gli organi di stampa che hanno riportato della riapertura delle indagini sull’intricato caso del delitto di Simonetta Cesaroni, altrimenti noto come il caso di Via Poma: proprio nei giorni scorsi tuttavia, è emersa la notizia di alcune importantissime intercettazioni secondo le quali più di qualcuno sapeva che in quell’appartamento del terzo piano dell’edificio al civico 2 c’era il corpo senza vita di Simonetta che – come già ribadito più volte – venne poi rinvenuta dalla sorella e dal titolare della società per la quale lavorava.

In particolare, ciò che è accaduto nelle ultime ore ha dell’incredibile: un’intercettazione, secondo quanto riporta Repubblica.it, potrebbe condurre ad un clamoroso colpo di scena a distanza di ben un trentennio dopo l’assassinio di Simonetta Cesaroni.

Le intercettazioni sono infatti riportate in un documento di trentade pagine, e a firmare il rapporto proposto dalla deputata Stefania Ascari, è stata la commissione Antimafia.

La conversazione che è rimasta sconosciuta ai più fino ad oggi  risale al 30 marzo 2008, e potrebbe cambiare le carte in tavola dell’oscuro mistero romano: come spiega la Commissione infatti

“Costituisce il definitivo suggello circa l’intervento, nell’appartamento teatro del delitto, di una o più persone, nei momenti o nelle ore successive alla consumazione del crimine”

A essere intercettati sono proprio la moglie di Mario Macinati – factotum del controverso avvocato Francesco Caracciolo di Sarno, presidente regionale degli Ostelli e datore di lavoro della vittima – e suo figlio Giuseppe. L’avvocato era nella sua tenuta fuori Roma, a Tarano, e per essere contattato aveva lasciato il numero di Macinati.

Non solo: nelle intercettazioni a parlare è proprio la donna, che afferma di aver ricevuto il giorno del delitto “non una, ma più telefonate” da un uomo che diceva di chiamare “dagli ostelli”, ed ancora, in una seconda telefonata, la voce al telefono fa espressa menzione della notizia “di una persona deceduta”. Ci sarebbe stata poi anche una terza telefonata.

Il portiere dello stabile di via Poma, Pietro Vanacore (nella foto)– morto nel marzo 2010 –  «scoprì il cadavere» di Simonetta Cesaroni «ore prima dell’ufficiale ritrovamento del corpo». Vi fu, secondo gli atti dell’attuale inchiesta, un’attività «post delictum, intesa ad occultare il fatto omicidiario o quantomeno a differirne la scoperta, oppure persino ad attuare un qualche proposito di spostamento della salma dal luogo in cui fu poi rinvenuta».

E’ quanto per l’appunto si legge nelle risultanze dell’attività di indagine e acquisizione documentale svolta nella scorsa legislatura dalla Commissione parlamentare antimafia sull’omicidio del 7 agosto del 1990.

Questo fondamentale documento è stato inoltre approvato nelle recenti sedute del 7 e del 13 settembre scorso e trasmesso ai magistrati della Capitale che adesso indagano nuovamente e alacremente sull’omicidio avvenuto nella sede Associazione Italiana Alberghi della Gioventù (Aiag): nell’atto si afferma inoltre, che «resta ragionevole credere che l’omicida fu persona che aveva un notevole livello di dimestichezza con lo stabile, se non proprio con l’appartamento. Si deve essere trattato di persona che poteva contare su un rapporto di confidenza con la vittima o che era in grado di approfittare della fiducia di Simonetta o quantomeno, in via subordinata, di non indurla in sospetto o in allarme, trovandosi a tu per tu, in situazione di isolamento».

Tuttavia, per la Commissione “rimane estremamente probabile che l’omicida sia di gruppo sanguigno A, perché sarebbe altrimenti poco spiegabile che a tale gruppo sanguigno debbano essere ricondotte le macchie ematiche rinvenute su interno, esterno e maniglia della porta della stanza dove venne ritrovato il cadavere”.

Ed ancora delle molte ipotesi “avanzate per spiegare questa risultanza degli esami sui reperti ematici, tutte comunque risultano conducenti nell’identificare il sangue repertato nell’appartamento come quello dell’omicida, magari anche frammisto a quello della vittima. Appare altamente probabile che l’aggressore si sia ferito nella colluttazione e nella ancor più feroce e violenta dinamica omicidiaria”.

Tra i vari spunti che l’Antimafia offre agli inquirenti c’è anche quello legato al colpo al caveau del Tribunale di Roma nel luglio del 1999 compiuto, tra gli altri, dall’ex Nar Massimo Carminati: “ Delle 900 cassette di sicurezza presenti nel caveau della banca ne vennero aperte soltanto 147, a riprova dell’interesse non tanto per i valori contenuti, ma per i documenti ivi conservati. Una delle cassette il cui contenuto fu sottratto era intestata proprio a Francesco Caracciolo di Sarno”, ora deceduto ma all’epoca dei fatto presidente regionale degli Ostelli della Gioventù.

Non solo emerge anche che tra i centoquarantasette persone “che furono oggetto mirato del furto del caveau a Piazzale Clodio, vi fosse, quale titolare di una cassetta di sicurezza, proprio Francesco Caracciolo di Sarno, è un fatto che, se da un lato rende utile tentare di accertare quale fosse il contenuto sottratto da Carminati, dall’altro, induce a ritenere che Caracciolo di Sarno avesse un ruolo di potere ed una riserva di influenza tutt’altro che trascurabili quando, nel 1990, fu perpetrato il tragico delitto di Simonetta Cesaroni”.

Resta tuttavia da ricalcolare per la Commissione l’orario esatto in cui Simonetta è stata uccisa, che potrebbe restringere il campo attorno all’assassino: l’autopsia effettuata all’epoca ha infatti collocato il decesso tra le ore 17.30 e le 18.30. L’attenzione ricade su due gruppi di telefonate: quelle fatte da Vanacore anche a Tarano e quelle riconducibili ai dialoghi tra Simonetta, Baldi e Luigia Berrettini tra loro. La chiamata tra Simonetta e la collega Berrettini risale alle ore 17.30, mentre alle 18.30 Simonetta avrebbe dovuto chiamare il datore di lavoro per aggiornarlo sulla chiusura. Una chiamata che però non c’è mai stata.

Come per tutti i casi irrisolti e avvolti ancora in una fitta nebbia di dubbio e mistero, ci si aspetta finalmente che anche per il delitto di Via Poma (nella foto) tutti i nodi si possano sciogliere: In un universo parallelo, oggi la ragazza sarebbe una donna, cinquantatré anni appena compiuti, festeggiati in famiglia. In questo universo, invece, la ragazza ha vent’anni, ce li ha da sempre, e dal 5 novembre, giorno della sua nascita, Simonetta ci guarda, ma da una fotografia che abbiamo visto tutti.

È una di quelle immagini che puoi sentire da più di trent’anni: c’è l’estate, il mare, il caldo, il costume appiccicato alla pelle, i pantaloncini di jeans ripiegati sul telo e sotto il telo, bollente, la sabbia del litorale romano.

LA RICERCA nel nostro articolo del 29 marzo scorso.______

SESSO, BUGIE E VIDEOTEL. ALLA LUCE DEGLI ULTIMI SVILUPPI DELLE INDAGINI, ABBIAMO PROVATO A SCIOGLIERE TUTTI I NODI RIMASTI AL PETTINE DI SIMONETTA CESARONI. CON L’AIUTO DEL GIORNALISTA E SCRITTORE ANTONIO PARISI, INFATICABILE ANALISTA DI MISTERI ITALIANI

Category: Cronaca

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