IN MEMORIA DI PINO RAUTI

| 4 Novembre 2012 | 0 Comments

 IL BILANCIO STORICO DI MARIO BOZZI SENTIERI- LA TESTIMONIANZA SALENTINA DI ROBERTO TUNDO

A caldo, nella mattinata di venerdì scorso, a pochi minuti dalla notizia, con la necessaria tempestività, che però è andata a discapito della completezza, avevamo  ricordato la figura di Pino Rauti:

https://www.leccecronaca.it/index.php/2012/11/02/ultimora-ore-13-00-e-morto-pino-rauti-leader-storico-del-msi-il-decesso-a-roma-questa-mattina-alleta-di-86-anni/

In sua memoria, abbiamo il piacere di ospitare adesso un vero e proprio, sia pure in efficacissima sintesi giornalistica, bilancio storico, sull’uomo e l’opera, scritto da Mario Bozzi Sentieri; e un ricordo dell’uomo e l’opera dall’angolazione salentina, scritto da Roberto Tundo

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ELOGIO DEL “RAUTISMO”

di Mario Bozzi Sentieri

Per chi lo ha conosciuto, letto, compreso veramente,   l’ “incendiario di anime” – come venne definito Pino Rauti, nel 1978, dalla “Pravda”, allora organo del Partito Comunista dell’Unione Sovietica  – aveva ben poco dei tratti muscolari di certo neofascismo.  La sua “intransigenza” era tutta culturale. Il suo “vigore” era spirituale. Il suo radicalismo era intellettuale,   ma nient’affatto dogmaticamente sterile.

La scoperta – in origine –  di Julius Evola, figura marginalizzata  durante il  regime fascista, l’attenzione nei confronti della cultura rivoluzionaria conservatrice tedesca, l’idea europeista (in alternativa alle superpotenze Usa-Urss), la critica non qualunquista alla partitocrazia,  il rifiuto di quella “politica nostalgica” , praticato da certa destra,  attenta –parole di Rauti – agli “applausi degli ultimi habituès dei comizi e i relativi, ricercatissimi voti preferenziali”, furono le basi di una strategia politico-culturale in divenire, che, con gli anni, seppe misurarsi con le nuove emergenze, prefigurando scenari riaggiornati e nuovi ambiti d’intervento.

Presentando, nel 1966, il periodico “Noi Europa”, Rauti evocava non l’Italia del Ventennio, ma una Nazione soffocata dall’ “abito stretto” dei suoi ritardi, “costretta a vivere sulla base di leggi superate, di regolamenti confusi, di norme incredibilmente arcaiche”. E, con il rientro, nel 1969,  nel Msi, lanciava il suo “progetto” culturale, quello dello “sfondamento a sinistra”, invitando il mondo missino a superare certa retorica d’ambiente (“della Patria e della Nazione è doveroso, e bello parlare, e anche dell’Europa e del mondo occidentale; ma non basta”), ponendo sul tappeto le nuove tematiche della modernità: quelle legate all’urbanesimo, all’ecologia, alla scienza e alla tecnologia, alla congestione industriale, ai risvolti negativi della crescita italiana.

A quelle analisi,  a quelle “fonti” culturali si è richiamato, anche  in anni  non facili e “di piombo”, il movimentismo giovanile “di destra”.

Da lì, dal demonizzato “rautismo”,  venne l’idea dei Campi Hobbit, delle cosiddette “iniziative parallele”, delle associazioni ambientaliste, delle cooperative librarie, dei gruppi femminili, delle radio libere, del movimento giovani disoccupati, tutti strumenti inventati per fuoriuscire dalla sindrome del nostalgismo e dallo scontro generazionale post sessantottesco.

Strumenti a cui si affiancava una non banale rilettura culturale e politica   della realtà, che evidenziava, già allora, l’usura della vecchia dicotomia destra-sinistra, che preconizzava la fine del comunismo, che “reinterpretava” il fascismo-movimento, criticando il fascismo-regime, che paventava i rischi del “mondialismo”, che guardava all’Europa, quale alternativa geopolitica e spirituale.

Tutto questo e molto ancora è stato il “rautismo”. Che fu “duro e puro” nella volontà politica e culturale ed insieme capace di non sclerotizzarsi nel radicalismo, tipico della vecchia destra, e che cercò di essere un passo avanti, rispetto alle contingenze e alle emergenze del momento.

Non sempre ci riuscì, pagando lo scotto dell’opportunismo politico e dell’essere oggettivamente minoranza all’interno di una minoranza. Ciò che riuscì a “seminare” resta comunque come un esempio  della volontà di rinnovamento culturale e politico, sviluppata da destra, a partire dagli Anni Settanta del ‘900.

I decenni passati , con, in mezzo,  tutti i traumi “epocali” accaduti e lo sconvolgimento del panorama politico nazionale ed internazionale, ed ora la scomparsa di Pino Rauti, impongono a tutti una rilettura attenta  di quell’esperienza, evitando le facili “marchiature”, buone magari per qualche polemica contingente e per qualche cronaca superficiale, ma inadatte a cogliere  la sostanza di  percorsi personali e di gruppo , che, comunque li si voglia giudicare, furono tutt’altro che banali e che segnarono positivamente, grazie a Rauti, un’intera generazione.

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PINO RAUTI, UN SIMBOLO DEL M.S.I. ANCHE A LECCE

di Roberto Tundo

La corrente rautiana, dalla prima metà degli anni  Settanta fino alla svolta di Fiuggi (1994) in provincia di Lecce è stata sempre molto radicata nel territorio. Non ha mai vinto un congresso provinciale del Msi, ma è stata sempre la protagonista di tutti i confronti interni al mondo missino. A differenza dell’immagine di “duri e puri”, riservata ai militanti rautiani, proprio con Pino Rauti la destra missina si sforzò di “andare oltre” il nostalgismo per intraprendere un percorso politico-culturale di grande respiro.

Fu soprattutto tramite il quindicinale “Linea” che Pino Rauti anticipò i temi del dibattito politico dando risposte “rivoluzionarie” ai problemi del tempo.

Pochi ricordano, ad esempio, la nascita (1977) dei Gruppi di Ricerca Ecologica, l’associazione ambientalista che da destra -per la prima volta in Italia- analizzava le cause del depauperamento ambientale (ancora prima che nascessero, a sinistra, Legambiente ed i Verdi). I Campi Hobbit, la musica alternativa, l’impegno con le radio libere, le librerie di destra.

Fu proprio Rauti a “profetizzare” la fine del comunismo ancora prima della caduta del Muro di Berlino, quando ancora il Pci si contendeva la supremazia con la Democrazia Cristiana. Ed ancora Rauti spronò il Movimento Sociale Italiano a politiche ancora più sociali per ottenere i voti di quanti erano rimasti delusi dalla sinistra. Il Msi -diceva Rauti- non deve andare a sinistra, deve invece “sfondare a sinistra”. Discorso ardito per quegli anni, deriso anche all’interno dello stesso Msi.

Rauti non aderì alla svolta di Fiuggi, come fece, invece, la gran parte dei ‘rautiani’ che diedero vita alla Destra Sociale.

Oggi lo ricordo con affetto e con gratitudine politica.

 

 

Category: Costume e società

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