NOVITA’ DISCOGRAFICHE / “Un’abitudine” DEI MIGRAINE, IL ROCK CHE SI RIGENERA
di Roberto Molle __________
Chissà cosa penserebbe oggi Lester Bangs del fatto che la vigilia di Pasqua ci si possa mettere a scrivere la recensione di un disco poco in sintonia con l’atmosfera d’intorno. D’altra parte era uno che poteva scrivere di musica stando al bancone di un bar, davanti a un jukebox, al volante di una macchina con l’autoradio a palla o nel cuore della notte con le cuffie alle orecchie e cori di angeli e diavoli nel cervello.
Non voglio di certo paragonarmi a Lester, vivo mondi interiori più tranquilli anche se mi sento più o meno nel mood di una delle situazioni succitate.
Ieri è uscito il nuovo album di una band che apprezzo e stimo e volevo renderlo noto ai lettori di leccecronaca.it.
Si chiamano Migraine e “Un’Abitudine” è il titolo del loro primo disco (avevano già pubblicato un extending-play dal titolo “Migraine”) realizzato in autoproduzione, così dopo essermi concesso lo spazio veloce di un ginseng al bar provo a riordinare le idee, mettendo nero su bianco quello che mi è girato in testa durante la decina di ascolti di “Un’Abitudine” effettuati negli ultimi giorni.
Quando lo scorso settembre ho avuto modo di ascoltare l’EP, scrissi di getto da qualche parte “…me lo ero perso l’omonimo ep (uscito un paio di anni fa) del power-trio Migraine, miei conterranei (Brindisi non finirà mai di stupirmi) e responsabili di una miscela esplosiva capace di coniugare acerbe sonorità garage-punk trafugate dalla “solita” sonnacchiosa Seattle a guizzi di sotterraneo lirismo italico.”; oggi i Migraine hanno alzato l’asticella realizzando un disco che rafforza la loro personalità, hanno irrobustito il loro sound portandolo dentro un solco che gli ha dato suggestioni heavy-metal giocato su innesti stoner-rock frammisti a rigurgiti grunge (mutuate da band seminali come Queens of The Stone Age, Mudhoney e Soundgarden).
La prima cosa che colpisce di “Un’abitudine” è la freschezza che lo caratterizza: suoni definiti, testi accattivanti, ottimo bilanciamento tra strumenti e voce. Le sue dieci tracce al fulmicotone si muovono tra drumming incalzanti, schitarrate fuzz e una liricità nel cantato che trascina dentro storie affascinanti e liberatorie.
Ogni brano ha una sua particolarità, si accende di rimembranze che di volta in volta si fanno tonalità visive. Canzoni come sfogo di rabbia e speranza nel vuoto cosmico di un edonismo strisciante. “Un’abitudine”, la title-track che si fa inno e possibile hit dentro un’estate infuocata. “Andromeda”, con un intro pulsante e tagliente grida un’urgenza interiore a un mondo sordo e rassegnato. “Era”, acida ballata psichedelica in odore di punk australiano; “The Height Of Summer”, una chitarra imprigionata dentro una caverna risuona distorta mentre fuori langue un amore. Brano strumentale scuro e bellissimo, intenso ed evocativo. “Marlboro”, parte soffusa, incalzata da un canto dolce e ruvido allo stesso tempo, poi si stende e muore dentro un groove accattivante. “Linda”, con un attacco che mi riporta ai Morphine di “Good” ha dei rimandi caraibici: deliziosa. “Indagini”, quasi una patchanka-core con richiami a implicazioni di natura politica e di cronaca. “Tatooine”, è un blues giocato sulla disperata ricerca di autenticità rispetto alle mille apparenze che il sistema ci porta a vivere. “Gocce”, è spaccato di vita vissuta. Delirio di fragilità che induce a cercare strade alternative alla felicità. Un outing spontaneo, presa d’atto con coraggio e sincerità.
“Un’abitudine” alla fine, rimane disco solido e corposo, trascinante espressione di un rock che pur morendo mille volte, riesce a rigenerarsi di generazione in generazione, rinnovandosi nella forma rimanendo solida sostanza.
Per conoscere meglio i Migraine affido la loro presentazione al comunicato del loro ufficio stampa che lo fa in maniera chiara ed esaustiva:
“I Migraine nascono nel 2019 a Brindisi con l’obiettivo di riportare in primo piano le sonorità ruvide e graffianti dello stone-rock, tra chitarre distorte e un basso sporco e pulsante. Un power trio essenziale ma potente, fondato dal batterista Jordan Reich, a cui si sono aggiunti Alex Pagano al basso e Winnie Brown alla chitarra e voce. La band si muove con naturalezza nell’universo dell’alternative rock, attingendo alla tradizione degli anni ’90 ma con lo sguardo rivolto al futuro. Il loro sound è un viaggio tra heavy riff, groove massicci e un’attitudine senza compromessi, capace di evocare sia le radici del genere che spingersi verso le sue evoluzioni più attuali. Il nome Migraine non ha una storia precisa, ma porta con sé un’ironia di fondo: l’emicrania, un disturbo tanto comune quanto imprevedibile, proprio come la loro musica. Può essere una cura o un’esplosione sensoriale, tutto dipende dallo stato d’animo di chi ascolta”.
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