INCENDI: LE VERITA’ DI leccecronaca.it

| 16 Giugno 2025 | 2 Comments

di Maria Antonietta Vacca __________

Fine settimana disastroso a Torre Chianca, marina di Lecce, e dintorni di Torre Rinalda, Spiaggia Bella e Parco Rauccio. Un incendio continuo, nelle giornate di sabato e domenica, ha distrutto decine di ettari di macchia mediterranea ed ha minacciato le abitazioni dei residenti in zona, rendendo loro la vita un inferno.

Insieme alle fiamme, fra l’altro in separata sede ritornate pure nelle altre già martoriate sedi di Salve e di Ugento, è ripartita anche la narrazione dominante del caso, del caldo, della prevenzione inattuata, dell’incuria.

Noi di leccecronaca.it ricominciamo invece a fare chiarezza, sulla base sia delle inchieste giornalistiche fatte in passato, sia delle riflessioni compiute in questi due giorni.

Che sia necessario fare prevenzione e repressione pure sulle pratiche agricole raccomandate, o vietate, è un dato di fatto e non vogliamo certo sminuirne l’importanza. Tutto questo però non c’entra niente con quanto accaduto a Torre Chianca e dintorni.


Gli incendi non sono neanche colposi, sono dolosi, cioè c’è qualcuno che li ha appiccati apposta.
Perché?
La risposta è difficile e non abbiamo prove al riguardo.
Sospetti, sì, e tanti.

Non aiutano i precedenti, rimasti senza motivazioni, se non nei casi di pazzi furiosi, quei due o tre scoperti e identificati qui da noi.


Non si può però ridurre il fenomeno ai piromani che agiscono diciamo così per follia, oppure per interessi personali, limitati al proprio caso.
Ci deve essere, c’è dell’altro.


Intanto, non è stata attuata nessuna forma di sorveglianza e gli incendiari hanno potuto agire indisturbati e impuniti.

I controlli sul territorio restano insufficienti, la bonifica e il ripristino delle aree a rischio lacunose.
Eppure non bisogna essere dei geni per capire che gli incendiari avrebbero colpito di nuovo proprio là.
L’ultima volta fu lo scorso dicembre, in pieno inverno, per la terza volta in pochi mesi.
A contare gli episodi degli ultimi anni, sono una decina.
C’è qualcuno al quale il parco del Rauccio non piace. O comunque ha interessi grossi, tali da spiegare l’accanimento dimostrato.

Non aiuta la burocrazia, i tavoli che si aprono ogni qualvolta poi il problema rimane irrisolto, come da italico costume.
Non aiuta la stratificazione delle competenze.
Non aiuta la legislazione sul tema, spesso confusa, misconosciuta e di difficile attuazione, specie quella emergenziale e stratificata su emergenze, competenze, rimborsi spese e incentivi.

Non aiutano gli enormi interessi in gioco sul fronte incendi. Facciamo l’esempio dei Canadair, gli aerei che caricano e scaricano acqua, preziosi per spegnere gli incendi.
Un Canadair, precisamente il modello CL-415, costa circa 37 milioni di dollari canadesi, circa 23 milioni di euro.
L’Italia non ne possiede nessuno.
Però possiede novanta F35, gli aerei di guerra di ultima generazione, che costano ognuno 130 milioni di euro, vale a dire che rinunciando anche a uno solo di questi strumenti di guerra e di morte, si potrebbero comprare sei Canadair, rinunciando solo a tre F35 su novanta se ne potrebbero comprare diciotto, di Canadair.


In Italia ci sono però diciotto Canadair, dislocati su tre basi, la più vicina al Salento a Gioia Tauro.
Appartengono ad una società multinazionale alla quale è stato appaltato il servizio.


Ogni singola ora di volo di un Canadair costa mediamente15.000 euro di soldi pubblici.
Per giunta, non è dato sapere chi li intaschi. Infatti, i proprietari dei diciotto Canadair italiani si celano dietro un complicato sistema di società di capitali speculativi e di fondi di investimento privati che ne rende impossibile l’identificazione. Quindi non possiamo nemmeno sapere chi guadagna e anzi specula con i Canadair.

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Category: Costume e società, Cronaca, Politica

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  1. Italia Viva Lecce - tramite mail ha detto:

    Lecce, 16 giugno 2025 – I gravissimi incendi che in questi giorni, complice il caldo, il vento e la poca cura del territorio, hanno divorato circa 40 ettari di macchia mediterranea nel Parco di Rauccio, dimostrano come le sfide poste dai cambiamenti climatici richiedano una gestione ben più avanzata di quella che può essere messa in campo con la sola emissione di un’ordinanza sindacale per la prevenzione incendi.
    È quanto afferma Italia Viva Lecce, che torna a richiamare l’amministrazione comunale sulle responsabilità che le competono come ente gestore di uno dei parchi regionali più preziosi dal punto di vista ambientale e paesaggistico.
    È dal dicembre 2024 che Italia Viva pone l’attenzione sulla necessità di potenziare l’Ufficio Parco, di reperire fondi per la sua cura e la sua vigilanza, di istituire una Consulta per aumentare la partecipazione delle comunità, perché la tutela del Parco di Rauccio non può essere lasciata alla buona volontà di cittadini e operatori, né può essere affrontata in modo emergenziale ogni qualvolta le fiamme colpiscono.
    È quindi fondamentale che il Comune di Lecce, in quanto gestore, si doti di:
    • Un presidio permanente di sorveglianza attiva, soprattutto durante le giornate di pericolosità media e alta per incendi, organizzato dal Comune in stretta sinergia con la Protezione Civile, le associazioni di volontariato del territorio, i Vigili del Fuoco e le forze dell’ordine. Personale specializzato e volontari formati potranno monitorare l’area, individuare tempestivamente eventuali focolai e comportamenti dolosi, e intervenire con rapidità per contenere le fiamme e limitare i danni.
    • Strumenti di allerta precoce, come telecamere, sensori e droni, per aumentare la capacità di individuazione e di intervento rapido;
    È il momento di passare dalla teoria alla pratica. L’incendio di questi giorni, così precoce rispetto alla piena stagione estiva, è un primo campanello d’allarme: ci ricorda quanto i cambiamenti climatici stiano aumentando l’esposizione delle nostre aree naturali al rischio di roghi. Un’ordinanza, per quanto importante, non può essere l’unica risposta di fronte a una sfida di tale portata.
    È quindi fondamentale che l’amministrazione comunale si doti di una strategia di gestione permanente, che combini prevenzione, cura del territorio e presidi di sorveglianza, per salvaguardare la ricchezza naturale di Rauccio, la sua biodiversità e la sicurezza delle persone che vivono intorno al Parco.
    È una sfida che richiede responsabilità, organizzazione e una visione di medio-lungo termine. Italia Viva Lecce continuerà a mantenere alta l’attenzione su questo tema, perché la cura delle aree protette non può essere lasciata all’emergenza, deve diventare una delle priorità delle politiche comunali.

  2. Ugento No Comment - tramite Facebook ha detto:

    Se vogliamo “pensar male”, cioè in chiave cynica, la risposta dipende dal contesto burocratico e politico:
    1. In termini di accesso ai fondi:
    • DOPO un incendio si attivano fondi straordinari (nazionali, regionali, europei) più corposi e rapidi, perché rientrano nelle “emergenze”.
    • Es. in caso di incendio → si può dichiarare stato di calamità → arrivano fondi per bonifica, riforestazione, opere urgenti, affidamenti diretti.
    • Alcuni progetti possono avere iter semplificati, aggirando gare pubbliche standard.
    Risultato: paradossalmente, post-incendio si sbloccano più risorse, più in fretta.
    2. In termini di prevenzione:
    • I fondi per prevenzione incendi (es. pulizia sottobosco, sorveglianza, sentieri tagliafuoco):
    • Spesso sono pochi, spalmati, lenti e richiedono programmazione pluriennale.
    • Devono passare per bandi, co-finanziamenti, iter tecnici e monitoraggio rigoroso.
    • Non danno “visibilità politica” immediata.
    Risultato: prevenire è meno finanziato, meno visibile e più faticoso da attuare, anche se più utile nel lungo periodo.
    3. Opportunità post-disastro:
    In alcuni casi (e qui viene il sospetto), dopo un incendio si aprono spazi per:
    • Lavori straordinari (a volte affidati senza gara).
    • Riforestazioni affidate a ditte private.
    • Modifiche all’uso del suolo (es. in zone non più vincolate per decenni dopo il fuoco, se non si vigilano i piani urbanistici).
    • Nuovi progetti ambientali che “riqualificano” l’area (ma con interessi anche economici).
    In sintesi:
    Conviene di più che bruci?
    Solo a chi:
    • Vuole gestire fondi straordinari (con minor controllo pubblico),
    • Vuole rientrare con progetti a breve termine e visibilità,
    • È disposto a sfruttare il disastro per secondi fini.
    Conviene davvero?
    No, a lungo termine distruggere un ecosistema è una perdita irreparabile:
    • Distruzione di biodiversità, servizi ecosistemici, turismo lento, ricerca.
    • Reimpiantare è costoso e non ricrea mai lo stesso equilibrio ecologico.

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