SI TORNA A SPARARE A TARANTO, BAGNO DI SANGUE PER UNA VENDETTA TRA CLAN RIVALI, UN MORTO E TRE FERITI

(f.f.) _______
In una sera d’estate, tra il profumo dell’asfalto caldo e il ronzio costante della vita di quartiere, Taranto ha assistito all’ennesimo capitolo della sua cronaca più oscura. Erano da poco passate le 20 quando, nel cuore del rione Tamburi, una raffica di spari ha spezzato la quiete di via Machiavelli, trasformando una strada popolare in un teatro di violenza.
A terra, in una pozza di sangue, è rimasto il corpo di Carmelo Nigro, 45 anni. Accanto a lui, il figlio ventenne Michael, ferito gravemente. Insieme a loro, colpiti anche Pietro Caforio, 34 anni, attinto da un proiettile alla testa – le cui condizioni sono definite critiche –, e il 65enne Vincenzo Fago, colpito a una gamba.
L’aria, d’improvviso, si è fatta densa di urla, vetri in frantumi e sirene lontane.Il quartiere Tamburi, da decenni intriso di contraddizioni sociali, sospeso tra il passato operaio e il presente ferito da polveri sottili e ferite invisibili, è tornato protagonista di uno scontro armato che, secondo gli investigatori, affonderebbe le radici nei delicati equilibri del traffico di droga, da tempo spartito tra famiglie e alleanze che si sovrappongono a vincoli di sangue.
Il magistrato Salvatore Colella, affiancato dal pm antimafia Milto Stefano De Nozza, ha disposto il fermo per Michele Caforio, 36 anni, fratello di Pietro, uno dei feriti. L’uomo è stato condotto in Questura nel cuore della notte, dopo ore concitate, tra interrogatori e riscontri, mentre i primi rilievi balistici sul luogo della sparatoria confermavano la brutalità dell’agguato.
Una decina di bossoli è stata rinvenuta sull’asfalto; uno di essi si è conficcato nel muro di una palazzina, sfiorando una finestra abitata. Una traiettoria che racconta, in silenzio, quanto tutto avrebbe potuto essere ancora più devastante.
Secondo quanto filtrato dagli ambienti investigativi, la matrice della sparatoria potrebbe ricondursi a ruggini personali e antichi contrasti legati allo spaccio, verosimilmente tra componenti dei nuclei Nigro e Caforio.
Una faida a bassa intensità, a lungo rimasta nell’ombra, ma pronta a deflagrare nel momento in cui una scintilla – una parola di troppo, uno sgarro non dimenticato – ha riacceso la miccia. Nessuna vendetta improvvisata, dunque, ma piuttosto un regolamento di conti preparato con metodo e determinazione, in pieno stile mafioso.
Non è casuale il luogo del conflitto. Le “case-parcheggio” del rione Tamburi, già teatro di sangue nel dicembre del 2020, tornano a essere sfondo di una narrazione criminale che pare non conoscere tregua. All’epoca, a cadere fu Graziano Rotondo, sorpreso in un bunker mentre tentava di sottrarre chili di stupefacente.
Anche allora, la mano armata colpì con precisione chirurgica. Anche allora, emerse un sottobosco fatto di armi, nascondigli e silenzi.Carmelo Nigro, la vittima di ieri, non era un volto nuovo per le forze dell’ordine. Era stato tra i destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare nell’ambito dell’operazione “Leon”, condotta nel dicembre 2024, che aveva disarticolato una rete locale dedita al traffico di stupefacenti.
Di recente, aveva ottenuto la libertà dopo aver scontato parte della pena ai domiciliari. Il suo ritorno in circolazione, in un contesto ancora in ebollizione, potrebbe non essere stato accolto con favore da tutti.La dinamica esatta dei fatti resta ancora da chiarire. Quel che è certo è che ieri sera, mentre al centro città la processione della Madonna del Carmine animava le vie con canti e ceri, a pochi chilometri di distanza un’altra ‘liturgia’, molto più cruda, prendeva forma.
I proiettili fendevano l’aria, la paura tornava a impossessarsi delle strade e la criminalità dava un nuovo segnale di forza.
Gli investigatori della Squadra Mobile, supportati dalla Scientifica, hanno lavorato per tutta la notte alla ricostruzione dei fatti, acquisendo filmati da impianti di videosorveglianza, ascoltando testimoni, tracciando spostamenti e conversazioni.
Si cerca di dare un volto preciso a tutti i protagonisti di questa vicenda, ma soprattutto di ricostruire il movente preciso, scavando tra dinamiche familiari, affari illeciti e alleanze instabili.Nel frattempo, il rione Tamburi, abituato a convivere con il peso delle sue contraddizioni, si risveglia con un morto in più e nuove ferite. La comunità, che da tempo chiede attenzione e riscatto, ora guarda con apprensione ai prossimi giorni, temendo una possibile escalation e sperando in una risposta forte e incisiva dello Stato.
Nel buio di quella via, dove ancora oggi restano impressi i segni di un conflitto a fuoco che ha il sapore amaro della vendetta, Taranto riscopre la sua fragilità e il bisogno urgente di giustizia. Una giustizia che non sia solo repressione, ma anche prevenzione e presenza. Una giustizia che riporti il silenzio là dove il rumore delle armi ha preso il posto delle voci.
Category: Cronaca