IL MEDITERRANEO SI RISCALDA. LE PAROLE INVECE RESTANO FREDDE. E NON CI SONO PIU’ I PESCI DI UNA VOLTA
di Francesca Pinto ____________
“Dobbiamo pensare globale, ma agire locale”.
Con queste parole, il sindaco di Lecce Adriana Poli Bortone ha aperto la conferenza “Le coste del Mediterraneo e la sfida dell’adattamento”, tenutasi ieri sera – giovedì 17 luglio – presso la sede del CMCC, Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, in via Marco Biagi.
Un appuntamento inserito nel cartellone del Festival “Armonie del Mediterraneo”, sostenuto dal Comune di Lecce, che ha visto riuniti studiosi, ricercatori e istituzioni per discutere delle trasformazioni in corso lungo le nostre coste, e delle risposte – scientifiche e sociali – necessarie per affrontarle.
Il sindaco, intervenuta in apertura prima di lasciare l’evento per altri impegni istituzionali, ha insistito sull’importanza della “conoscenza condivisa” e della “memoria mediterranea”. Ha ringraziato il CMCC per l’”eccezionale” lavoro svolto, e ha salutato i presenti sottolineando il ruolo che Lecce vuole ritagliarsi nel dialogo tra le sponde del Mare Nostrum. Parole misurate, eppure cariche di quell’enfasi simbolica che sembra ormai cifra ricorrente di ogni evento patrocinato dal Comune.
Nessun riferimento, però, alla presenza tra i sostenitori principali del festival della TAP – Trans Adriatic Pipeline – né all’ambiguità del doppio ruolo di sindaco e presidente dell’Agenzia promotrice della manifestazione.
Ma questa è un’altra storia.
A introdurre i lavori è stata Laura Panzera, Direttore Esecutivo del CMCC, che ha illustrato le finalità del centro, fondato nel 2005 e attivo a Lecce con un’unità operativa che si occupa di osservare, modellare e simulare i cambiamenti climatici, con l’obiettivo dichiarato di “fornire conoscenza utile alle decisioni politiche”.
Il primo intervento tecnico è stato affidato a Guido Rianna, che ha parlato dell’importanza dell’osservazione scientifica dei fenomeni marini e costieri, mostrando mappe elaborate con algoritmi predittivi e modelli numerici in grado di stimare l’impatto dell’innalzamento del livello del mare. “Il Mediterraneo è uno dei cosiddetti hot spot del cambiamento climatico – ha spiegato – e l’Italia, con le sue coste e la sua densità abitativa, è in prima linea”.
La seconda relatrice, Verena Dreyer, ha offerto uno sguardo più ampio e critico: partendo dall’esperienza del progetto MediAdapt, ha sottolineato i limiti della comunicazione scientifica tradizionale, spesso autoreferenziale, e ha auspicato un maggiore coinvolgimento delle comunità locali. “Non è sufficiente fornire dati. L’adattamento è un processo sociale, che richiede dialogo, ascolto e condivisione. Non possiamo più pensare di calare le soluzioni dall’alto”.
Il suo intervento ha toccato un punto essenziale: le persone, spesso, non si adattano perché non sono messe nelle condizioni di comprendere il rischio. E ancora: “L’adattamento richiede fiducia. E la fiducia non si costruisce in laboratorio”.
Il terzo intervento è stato quello del ricercatore Leonardo Lima, che ha parlato dell’oceano costiero – la zona dove il mare incontra la terra – come luogo centrale dei cambiamenti climatici. Attraverso l’uso di modelli regionali ad alta risoluzione, ha mostrato come le variazioni della temperatura marina e i fenomeni di acidificazione stiano già modificando l’ecosistema mediterraneo. “Il 70% della popolazione mondiale vive entro 100 km dalla costa. E le nostre coste stanno cambiando più velocemente di quanto pensassimo”.
Infine, Salvatore Causio ha portato un caso studio molto concreto: il Mar Piccolo di Taranto e l’analisi della Pinna nobilis come bioindicatore dei cambiamenti climatici. Una ricerca che utilizza le striature nei gusci dei molluschi come una sorta di “anello degli alberi” marino, in grado di raccontare la storia ambientale delle acque in cui vivono. Anche qui, però, il messaggio finale è stato chiaro: la conoscenza c’è, gli strumenti anche. Ma le risposte concrete, a livello politico e amministrativo, tardano ad arrivare.
E così, tra proiezioni su maxischermo, scenari di innalzamento marino, slide dense di sigle e grafici, si è chiusa la conferenza.
Un incontro che ha lasciato diverse informazioni – e altrettante domande. Perché se da un lato la scienza avanza, la politica locale sembra ancora muoversi tra slogan e autocelebrazioni. E mentre si parla di “armonizzazione mediterranea”, i cittadini continuano a convivere con erosione, abbandono, e opere infrastrutturali imposte dall’alto.
Il Mediterraneo si scalda. Le parole, invece, restano fredde. E il rischio, reale, è che a essere costretta ad adattarsi – senza voce e senza strumenti – sia ancora una volta la parte più vulnerabile del territorio: quella fatta di persone, comunità e coste che non si trovano nei grafici, ma vivono ogni giorno dentro il cambiamento.
Ma per coinvolgere davvero i cittadini nei processi di adattamento, bisogna prima di tutto parlar loro in modo comprensibile. Perché se il linguaggio resta tecnico, pieno di sigle e modelli matematici, l’attenzione evapora. Non siamo tutti scienziati del mare. E il cittadino medio, di clima e ambiente, sa quello che gli arriva all’orecchio tra un telegiornale e una bolletta.
In questo senso, va detto che l’intervento del sindaco Adriana Poli Bortone ha avuto un suo picco comunicativo. Dopo aver sottolineato l’importanza del progetto e aver portato il suo saluto istituzionale, ha lasciato il pubblico con un’osservazione che non necessitava di slide, né di dati satellitari: “Mi sono accorta che nel mare non ci sono più i pesci di una volta”.
Per un attimo ho provato a ripensare ai pesci che incontro e alle loro differenze, provando a fare mente locale. Quali pesci? Quando sono cambiati? Dove sono finiti quelli di una volta? Ma alla fine, forse, è proprio questo che serve: partire dalle cose semplici, quelle che tutti capiscono. Perché, in fondo, anche la scomparsa dei pesci può essere un indizio. E se la scienza vuole essere ascoltata, dovrà imparare anche a parlare come la gente. Anche – perché no – come i sindaci.
Perché, alla fine, non siamo tutti scienziati del mare. Ma il mare è di tutti. E se i pesci cambiano, forse cambieremo anche noi. ____________
LA RICERCA nel nostro articolo del 2 luglio scorso
Category: Costume e società, Cronaca, Cultura, Eventi, Politica