ESCE “Il profumo delle pere selvatiche”, DI MIRELLA CRUDO, UN ROMANZO FAMILIARE TRA IL SALENTO ED IL BELGIO

di Mario Bozzi Sentieri ____________
Da una Storia tutta personale e familiare, “riscoperta” da Mirella Crudo, autrice di “Il profumo delle pere selvatiche – Romanzo di memoria e di terre lontane”, emerge un vissuto collettivo, che ci riconsegna le esperienze, i drammi, i sacrifici di un’Italia spesso dimenticata e sottovalutata, che appartiene alla nostra memoria nazionale e che perciò va conosciuta e salvaguardata. A partire certamente dalle figure esemplari di quelle decine di migliaia di italiani che, a metà degli Anni Quaranta del ‘900, lasciarono i loro paesi d’origine, soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia, per emigrare – come nel caso della famiglia dell’autrice – nel Belgio minerario, grazie al trattato d’emigrazione stipulato con l’Italia, il quale assicurava al nostro Paese una determinata quantità di carbone per ogni minatore inviato in Belgio.
A loro Mirella Crudo dedica il suo viaggio nella memoria, con alcune essenziali parole, poste ad esergo del suo libro: “A mio padre e a tutti i minatori, sul cui sacrificio è stato in gran parte dimenticato. A loro, che hanno scavato nella terra per dare luce e futuro alle generazioni successive”. In queste essenziali parole c’è il senso più immediato de “Il profumo delle pere selvatiche” e l’intreccio, caldo ed appassionato di una storia, che da familiare si fa Storia ampia e condivisa, dell’Italia e di un paese sprofondato nel Salento, uguale a tanti altri.
Un paese – fa notare Mirella Crudo – segnato dalla povertà, da un’economia elementare, divisa tra le cave di tufo e l’agricoltura, ma ricco di un’intensa vita sociale, scandita dai riti religiosi e civili, dai rapporti di vicinato e di parentela, da un senso di appartenenza che “dava sostanza a tutta la comunità”.
L’intensità di queste relazioni assume un valore tutto particolare allorquando, con la partenza verso il Belgio, si rompe l’equilibrio di un’esistenza scandita dalla forza silenziosa delle radici per approdare in un Mondo così diverso da quello che si era lasciato alle spalle: un atto coraggioso, laddove tutto appariva nuovo ed inusuale, dal cibo alla lingua, dal lavoro in miniera, alla Scuola, con la consapevolezza però di vedere riconosciuto il proprio lavoro, la dignità di un salario certo, di una casa e di un futuro con una pensione.
Ad emergere ne “Il profumo delle pere selvatiche” un senso dell’appartenenza familiare, tra luci ed ombre, che va oltre tutte le tensioni, i trasporti (extraconiugali) del papà, il ritorno in Italia e la “scoperta”, per una bambina nata e cresciuta in Belgio, di un’altra vita, di relazioni personali e familiari da “ricostruire”. E forse, proprio per questo, da assumere con una nuova, più forte consapevolezza, a partire dai cibi, dei quali Mirella Crudo offre efficaci pennellate di colori e sapori: il profumo del pane, che “riempiva l’aria di fatica, pazienza e riti antichi”; la merenda preparata dalla nonna, con il pane condito da pomodoro ed olio; le minestre contadine della zia, con verdure e profumi dell’orto; i frutti della natura, i fichidindia, l’origano fresco, il basilico, il finocchietto selvatico.
E poi il colore abbacinante di un Salento in grado di spaziare tra i due mari, lo Ionio e l’Adriatico, le case bianche dipinte a calce, le feste patronali, i canti, accompagnati da un’armonica e da un tamburello, i primi amori.
Al fondo un misto di senso d’appartenenza e di nostalgia, che però non dimentica i più vasti, diversi, orizzonti segnati dal lavoro italiano, dalla memoria per i minatori morti nella miniera di Marcinelle e non solo, il coraggio di quegli uomini.
Al punto da fare scrivere a Mirella Crudo, nelle ultime pagine del suo libro, di non riconoscersi in una “radice unica e solida”, invitando a scegliere il luogo dell’appartenenza, portando con sé, nel cuore, i diversi mondi che hanno segnato la propria vita.

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Commossa e profondamente grata all’amico Mario, per la bellissima recensione sul mio romanzo del cuore, pubblicata su: Lecce cronaca.it. Le sue parole hanno saputo cogliere l’essenza di ciò che ho voluto raccontare: una storia personale che diventa memoria collettiva. Ringrazio i miei conterranei salentini se vorranno leggere questo libro. Spero si riconoscano in quelle stesse emozioni, in quei luoghi, in quella nostalgia che ci lega tutti. I ricordi per me non sono “passato”, ma un presente che si rigenera ogni giorno.
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