CAFE’ BAROCCO / AL DEBUTTO LA RAPPRESENTAZIONE TEATRALE DI MAURO SINIGAGLIA / EMOZIONI E TREMENDE CONTRADDIZIONI “MADE IN 1978”

| 19 Marzo 2016 | 0 Comments

di Annibale Gagliani______

“La verità è nel fondo di un pozzo: lei guarda in un pozzo e vede il sole o la luna; ma se si butta giù non c’è più né sole né luna, c’è la verità…”. Il primo mafiologo disincantato d’Italia, Leonardo Sciascia, si esprimeva così nel suo capolavoro letterario “Il giorno della civetta”, un sasso acuminato scagliato ai “gattipardi” di un paesotto in festa.

Venerdì 18 marzo 2016, nella sala consiliare di San Donaci, è andato in scena  l’esordio di “Made in 1978”, rappresentazione teatral-popolare della compagnia “Ci n’è ccucchiati”. L’acuto drammaturgo dell’opera, Mauro Sinigallia, ha letto con cura “L’affaire Moro” sciasciano nei giorni di scrittura a lume di candela.

L’appassionato regista Antonio Giannuzzi ha pensato bene di fotografare vizi, vicissitudini e virtù di quel 1978, racchiuso ancora oggi un’eco ridondante e smarrita. Ha fatto calzare a un cast di ogni età, forma e colore tutte le sfaccettature di un popolo attirato da nuove diavolerie tecnologiche e vecchi mezzucci socio-politici.

Canta Rino e nessuno lo capisce (realmente), la pubblicità colpisce il novanta per cento della massa e molti borghesotti risplendono di luce impropria. Ma nel marzo di quell’anno viene rapito Aldo Moro e circa due mesi dopo freddato senza appello o cassazione.

BR, sigla tragica ricorrente in un anno dove a spadroneggiare per le strade scassate era l’odore acre del piombo. DC, PCI e PSI cominciavano a non essere più “retti” dai lavoratori d’intelletto.

E qui si rivolge lo sguardo alle lettere scritte da un prigioniero politico, ormai abbandonato a una solitudine metafisica, ma non priva di fede. Le parole di cauta disperazione dello statista democristiano sono struggenti ancora oggi.

Gli attori hanno saputo far cogliere tutte le silenti contraddizioni celate dietro a trattative mai partite e a burocratiche deviazioni. Il ricordo dei componenti della scorta, spesso messi in secondo piano rispetto ai nomi altisonanti, è davvero palpitante.

I tasti riflessivi di un piano che cantava sottovoce Ludwig Van Beethoven, misto a uno strillone dialettale dal “pacifico megafono”, ha rappresentato il quid in più di una rappresentazione che mirava ad aprire gli occhi ai tanti. Non è il revisionismo ad aver spinto sulla scena i protagonisti e nemmeno il rituale di una carrellata di ricordi che precedettero i punk years.

Probabilmente la motivazione si può riassumere nella frase pronunciata dal regista Giannuzzi a fine serata: “Prima o poi dovremo fare un funerale a questa verità che ammazziamo ogni giorno.

Sicuramente la si può afferrare nella lettera accorata della sorella di uno dei più meritevoli componenti della scorta Moro: Francesco Zizzi, solo trent’anni, di Fasano, aveva un’incalcolabile voglia di vivere. Nelle righe scritte a Mauro Sinigallia la donna fasanese regala un brivido caldo lungo la schiena dei presenti, che hanno apprezzato a ragion veduta un’opera fatta in casa, e per questo ancora più piacevole ed emozionante.

Appuntamento il 18 aprile prossimo all’Università del Salento per rivivere un hanno tribolato e mai finito, immerso in un mare di dubbi leciti e illeciti, ma comunque “made in Italy”.

 

Category: Costume e società, Cultura, Eventi, Politica

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