UNA DOMANDA PER MICHELE EMILIANO: “Presidente, ma come e perchè nel 2003 lei lasciò la magistratura, e decise di entrare in politica?”. CI FACCIA CAPIRE, PER FAVORE

| 9 Novembre 2016 | 3 Comments

di Giuseppe Puppo______

L’ autorevole agenzia Ansa nei confronti di Michele Emiliano fa meglio di quel che faceva la mitica Stefani per Benito Mussolini.

Non passa giorno che da Bari non vengano divulgate con enfasi a ponente dell’ Italia intera una o più perle del presidente di quella fiera del levante di dichiarazioni sull’ universo mondo su cui egli si esercita con passione, su tutto e il contrario di tutto, finendo poi spesso per dire tutto e il contrario di tutto.

Il bello è che le spacciano per notizie, mentre invece sono solo un repertorio del ‘…e chi se ne frega?”.

Solo oggi l’ Ansa ha spacciato tre notizie contenenti ‘commenti’ di Michele Emiliano,

Poi, francamente, Michele Emiliano parla troppo, anche su questioni su cui farebbe meglio a stare zitto.

Come per esempio la dichiarazione fatta oggi e con solerzia ripresa dall’ Ansa: “Non credo sia giusto che dopo tanti anni, essendosi coinvolto tanto profondamente nella vita politica, uno possa rientrare in magistratura”.

Ora, proprio il rapporto di Emiliano, magistrato in aspettativa, oppure fuori ruolo, non è ancora ben chiaro, con la magistratura è tutto ancora da scrivere.

Perché è vero che un magistrato può candidarsi, ma non può iscriversi a un partito, secondo la normativa vigente. E, come è noto, Emiliano non solo si iscrisse al Pd, ma ne divenne segretario regionale, e la cosa gli costò un procedimento disciplinare, avviato nel dicembre 2014, per quanto poi non se ne sia saputo più nulla.

Ma questo è ancora niente, magari sono solamente questioni giuridiche su cui duellano in punta di fioretto tecnici e giureconsulti.

Il problema vero è un altro.

Ma non per quando finirà la carriera politica. Per come la cominciò.

***

Dobbiamo fare un passo indietro nella nostra storia recente, fra quelle più brutte, quando partecipammo al seguito degli Americani alla distruzione della ex Jugoslavia, trascinati in un vero e proprio intervento armato, il primo vero episodio di interventismo bellico  del Dopoguerra, nel 1999.

Chi era il capo del governo dell’ epoca? Era Massimo D’ Alema.

Per farsi ‘perdonare’ , se così si può dire, comunque per sostenere le ragioni di un esecrabile ‘intervento umanitario’, così lo fece passare, l’ allora presidente del consiglio varò a spron battuto un progetto di donazioni da oltre cento trenta miliardi delle allora lire, e da duemila trecento container di cibo, vestiti, detersivi e altri generi di conforto a favore dei profughi del Kosovo. Profughi che gli stesso aveva contribuito a provocare, con i bombardamenti cui aveva fatto partecipare gli Italiani.

Un gran ben di Dio, che diventò ben presto oggetto di sprechi, abbandoni, negligenze, storni, distrazioni, sottrazioni illecite e  quant’ altro, come documentarono alcune inchieste giornalistiche e come da accuse della successiva inchiesta della magistratura barese, dove la missione ‘arcobaleno’, così si chiamava, aveva la base di snodo principale.

I protagonisti di questa poco onorevole pagina di cronaca: dall’ex sottosegretario alla Protezione civile Franco Barberi, al suo luogotenente in Albania, Massimo Simonelli, ad alcuni autorevoli esponenti dell’ allora Ds, Giovanni Lolli, e Quarto Trabacchini, tutti ‘uomini del presidente’, e tanti altri ancora.

Attenzione alle date, per favore.

Ecco i passaggi  dell’ inchiesta principale – ce ne furono anche altre, legate ad altre singole vicende giudiziarie – della magistratura barese.

Apertura alle prime notizie di stampa: settembre 1999. Chiusura delle indagini: settembre 2003, con il rinvio a giudizio di diciassette degli indagati, vicini a Massimo D’ Alema, la cui immagine politica corre il rischio più grosso della sua carriera.

Si va a processo? Macché. Il processo non c’è mai stato.

Non si è mai capito bene il perché, l’ iter giudiziario subì un, chiamiamolo così, ‘rallentamento’, durato anni.

Nel febbraio 2011, ci fu un tentativo in extremis di andare a processo, dopo una serie infinita di rinvii, sostituzioni, recusazioni et similia.

Nel maggio 2012, infine, venne dichiarato il non luogo a procedere nei confronti degli imputati per sopravvenuta prescrizione. Calò il sipario: non sapremo mai se ci furono responsabili e colpevoli, ladri di merendine e rapinatori di elemosine.

Bene, cioè male, malissimo, ma va beh.

E ora, una domanda: chi è il sostituto procuratore della Repubblica di Bari titolare dell’ inchiesta ‘arcobaleno’?

E’ Michele Emiliano.

E quando Michele Emiliano lascia all’ improvviso la magistratura, almeno formalmente, per iniziare l’ avventura politica che lo porterà lontano?

Nel 2003. Quando si sarebbe dovuto occupare, avendo svolto le relative indagini, del processo, ‘scegliendo’ quel partito contro i cui esponenti di primo piano aveva indagato, fino ad arrivare ai vertici.

Una scelta vincente, che lo porta prima a diventare sindaco di Bari, con la benedizione di D’ Alema, poi segretario regionale del Pd (la stessa carica ricoperta negli anni Ottanta da Massimo D’ Alema) con ciò con D’ Alema stringendo un asse solido e diretto, e, infine, presidente della Regione Puglia.

***

Ecco, Michele Emiliano non ha mai chiarito tutto questo.

Nessun cenno di risposta, quando, mesi fa, sollevammo la questione.

E’ ora che lo faccia.

Da oggi, 9 novembre 2016, lasceremo questa domanda IN EVIDENZA fino a quando non avremo una sua presa di posizione specifica nel merito:

E’ giusto che un magistrato entri in politica nel partito su cui stava conducendo un’ inchiesta giudiziaria? Finita poi praticamente nel nulla?

Il problema, nel suo caso, non è per quando finirà la carriera politica, ma per quando la cominciò. _____

L’ ALTRA DOMANDA nel nostro articolo del giorno seguente

https://www.leccecronaca.it/index.php/2016/11/10/una-seconda-domanda-per-michele-emiliano-presidente-ma-come-e-perche-lei-fa-pure-l-assessore-alla-sanita-ci-faccia-capire-per-favore/

 

Category: Cronaca, permanente, Politica

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Comments (3)

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  1. redazione ha detto:

    Paolo Mieli, sul “Corriere della sera”, domenica 2 aprile 2017, da “La variante pugliese della giustizia italiana”:

    “…Michele Emiliano, l’uomo che partì indagando su ruberie riconducibili alla «missione Arcobaleno» del governo di Massimo D’Alema (1999). Emiliano seppe fare investigazioni senza che D’Alema se ne adontasse, tant’è che, presto, gli fu concesso di fare carriera politica nelle terre in cui aveva svolto le indagini e nel partito su cui aveva indagato.
    Quanto al processo, in diciannove, tra i quali qualche dalemiano di rango, furono sì rinviati a giudizio ma con tempi e modalità per cui finirono poi tutti prescritti. Fortunati.
    Nel frattempo Emiliano si dedicava al nuovo impegno proprio con il partito dei postcomunisti: dei quali, in sede locale, sarebbe stato anche segretario (senza avvertire — come è noto — l’esigenza di dimettersi dalla magistratura…”

  2. Angelo Montefrancesco ha detto:

    Le nefandezze che si attribuiscono ad Emiliano sembrano verosimili. Non ho prove per dimostrarle, quindi mi astengo, per ora, dall’esprimere giudizi.
    Di un delitto, però, non potrò mai perdonarlo: ha assistito alla distruzione dei meravigliosi ulivi del Salento senza muovere un dito, anzi…mi è sembrato di vederlo sogghignare!

  3. Carlo Carrieri ha detto:

    La risposta caro Martini e’ semplice.La magistratura con il suo operato ha favorito i partiti politici in fasi alterne quasi sempre però quello di sinistra.Costituendo un potere riconducibile al 6^ potere.Cosi e se vi piace.

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