PIANGE IL CITOFONO

| 22 Gennaio 2020 | 0 Comments

di Giuseppe Puppo______

Certo che in molti si giocano tantissimo, in primis Matteo Salvini  e Nicola Zingaretti, che, a seconda di chi vincerà, per interposta persona, scriveranno il loro futuro domenica prossima, a Bologna.

In Emilia Romagna la partita è dura e decisiva per tutti.

Si è creata da molti mesi in tutta Italia un’attesa pazzesca.

Piaccia, o non piaccia – e, sia chiaro, a noi, come a tanti altri, non piace – domenica 26 nella regione un tempo ‘rossa’, amministrata da cinquant’anni, cioè da sempre, dalla sinistra, non si vota per il nuovo presidente della Regione, e nemmeno più per il governo nazionale, bensì siamo di fronte a un vero e proprio referendum nazionale, per gli Italiani tutti: volete la Lega, il centro destra e Matteo Salvini, oppure volete il Pd, il centro sinistra e Nicola Zingaretti?

Il popolo sovrano risponderà, sapremo presto, il tatarellum non fa scherzi.

Mi spiego: il sistema elettorale che regola i rinnovi delle Regioni a statuto ordinario è modellato ancora, salvo  marginali modifiche caso per caso, sul modello che prende il nome del compianto Pinuccio Tatarella, e funziona benissimo, a differenza dei vari sistemi elettorali nazionali che si sono succeduti in tutti questi anni a livello nazionale: chiuse le urne e finito lo spoglio delle schede, si sa chi ha vinto e chi ha perso subito, senza possibilità di pasticci istituzionali: c’è un presidente certo e c’è una maggioranza solida, per farlo governare.

Così le ripercussioni politiche saranno enormi, in un senso o nell’altro. Subito.

Un dimissionario oggi c’è già, il capo politico del M5S Luigi Di Maio ha annunciato le proprie dimissioni ieri sera.

Ma questa, che del resto è lunga e complessa, è un’altra storia, che però confluisce in quest’altra: non ci si dimette a tre giorni della battaglia decisiva.

Tanto è vero che  questa sera, proprio pochi minuti fa, Luigi Di Maio, fatto un passo falso, ne tentato di fare uno nemmeno in avanti, ma di lato, in un messaggio ai suoi che vorrebbe essere rassicurante: “Abbiamo ancora tanta strada da fare al Governo, che come ho detto deve andare avanti, e tanta strada da fare nel Movimento.
Questa è sicuramente la fine di una fase, ma non del mio percorso nel MoVimento 5 Stelle. Io resterò con voi. Lavorerò con voi per far crescere questo MoVimento e continueremo a tenerlo al centro della politica per i prossimi 20 anni”.

Ha spacciato ottimismo.

A proposito, oggi non si parla di altro, il popolo dei social è scatenato, spesso molti sono riusciti ad essere anche divertenti, maneggiando l’incandescente materia  con guantoni spessi fabbricati d’ironia.

Ieri Matteo Salvini, che non piglia pace e sta facendo di tutto, di più, è andato a suonare ai campanelli delle famiglie bolognesi, per chiedere il voto.

Una versione aggiornata del vecchio, intramontabile, insuperato e insuperabile metodo del ‘porta a porta’.

Fra l’altro ha suonato anche al citofono di un presunto spacciatore, di nazionalità tunisina, indicatogli dai residenti in zona: “Scusi, lei spaccia?”. E quello gli ha risposto  poco dopo, sia pure fuori diretta Facebook: ““Mio padre c’è rimasto male, si spacca il culo a lavoro come fattorino. Comunque, io sì che sono pieno di precedenti, ma adesso faccio il bravo e non spaccio. In passato, invece, ho fatto di tutto e di più, ma adesso lavoro e faccio il bravo”.

Poteva finire così. Macché. Apriti cielo.

Si è scatenata una reazione senza precedenti da parte del fronte degli avversari del Pd, e dei loro seguaci sardinati, che parlano di provocazione, di ingerenza indebita, di razzismo e di quant’altro attiene a tale logoro repertorio.

Al netto delle prove di…salvinifica ironia, un putiferio. Il clima politico è avvelenato. Il povero Sinisa Mihajlovic,  l’allenatore della squadra di calcio della Bologna, che ha fatto un assist a favore del leader della Lega, dichiarandosi a suo favore, è stato vergognosamente insultato in tutti i modi, malgrado stia lottando da tempo contro una grave malattia.

Per dirne un’altra, il quotidiano, un tempo autorevole, serio, e importante, la Repubblica somiglia di giorno in giorno sempre di più a Lotta Continua degli anni Settanta. Come avveniva allora, stiamo quasi arrivando alla negazione del diritto costituzionale della manifestazione del pensiero e al pratico impedimento della agibilità politica.

 

Ma perché, invece di lasciarlo fare a Salvini, non ci vanno i leader del centro sinistra a fare il porta a porta? Ad ascoltare ‘la ggente’, come dicevano e facevano in un tempo remoto?

Perché, invece di lasciarlo fare a Salvini, non si occupano i leader del centro sinistra  delle periferie degradate delle nostre città, delle zone franche per la criminalità, delle tante famiglie rovinate dalla piaga della droga e lasciate pressoché sole?

Perché i leader del centro sinistra hanno rinunciato a fare politica proprio nelle tematiche più popolari? Dell’emigrazione che non si riesce a governare, del lavoro che non si riesce a trovare, della tassazione che non si riesce a fermare, del degrado sociale della maggioranza silenziosa, dei pochi ricchi che diventano sempre più ricchi, e dei tanti poveri che diventano sempre più tanti e sempre poveri?

 

 

 

Category: Cronaca, Politica

About the Author ()

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Connect with Facebook

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.