L’INTERVISTA / DOMENICO SCAPATI SPIEGA COME SI SIA EVOLUTA LA MAFIA

di Cristina Pipoli _____________
“Ho scritto ‘Intrecci’ per raccogliere gli aspetti storici-antropologici del fenomeno diffuso non solo al Sud dell’Italia quanto pure nelle altre regioni e nelle altre nazioni, avente come come aspetto comune l’estorsione e il ricatto mediante le minacce, i soprusi continuati, i vili attentati, la morte di chi la combatte”.
Così inizia questa intervista Domenico Scapati, 76 anni, di Mottola, in provincia di Taranto, docente e scrittore.
D- All’interno del suo libro dice che la mafia è ‘liquida’, cosa intende con questo termine?
R- “Con il termine ‘liquida’, intendo un’organizzazione criminale che si è incuneata in tutti gli ambiti dove è possibile la speculazione grazie al controllo del territorio, alla violenza e all’intimidazione, all’omertà derivante dalla paura dell’essere uccisi”.
D- Come si è evoluta la mafia?
R- “La Mafia s’è evoluta e continua imperterrita il suo percorso di malaffare, organizzato pure eludendo le leggi quando studia e trova filoni di sfruttamento che le permettono l’arricchimento. Ciascun mafioso ha la sua storia legata ai contesti vissuti, ai tempi, alle capacità delle Istituzioni in carica di combatterli, e così via”.
D- Non indossa più, quindi, la coppola come un tempo?
R- “La mafia di oggi non indossa più la coppola, non si manifesta più nelle maniere rudi e violente o pacchiane con i bracciali d’oro o il crocifisso al collo e maglietta nera: preferisce non apparire, preferisce convincere, preferisce avvalersi degli affiliati e degli intermediari colletti bianchi, dei prestanome, dei canali privilegiati dove ci sono figure di spicco che hanno ricevuto favori e possono manipolare chi vogliono”.
D- C’è ancora spazio per l’onestà?
R- “L’onestà combatte la mafia e resterà un principio basilare inascoltato forse perché banale”.
D- All’interno del suo libro, parla di Vito Cascio Ferro (Vito Cascio Ferro, conosciuto come Don Vito, è stato un mafioso italiano, legato a Cosa Nostra e alla «Mano Nera» a New York, nato a Palermo nel 1862 e morto a Procida nel 1932, ndr). Cosa vuole dirci?
R- “Vito Cascio Ferro è storia, ormai: non si entra più con l’asino minacciando i presenti per dimostrare il proprio potere. Oggi si urla a bassa voce, oggi si fa violenza raccomandando; giammai più uccidendo”.
D- Vuole raccontarci un episodio che le è rimasto impresso di quando era in servizio alla Guardia di Finanza a Corleone?
R- “Prestando servizio nella Guardia di Finanza, per un breve periodo al Comando della Brigata di Corleone, nel 1972, ho compreso il disagio di quel popolo, laborioso, attento alle dinamiche della sofferenza altrui, sferzato pure dalle Istituzioni che l’hanno dipinto come malavitoso. Per la verità mancava lo Stato che faceva più da osservatore; che non interveniva per sussidiare la società civile, povera, asfissiata dalla calura dell’estate, senza la possibilità di vivere un contesto culturale di spessore. Fino a quando la mafia di campagna si è trasferita nelle città”.
D- Novembre è il mese dei defunti e quindi è doveroso ricordare anche le vittime di mafia, cosa vuole dirci al riguardo?
R- “Quando giunge il mese dei defunti, poiché i mafiosi sono sepolti nello stesso cimitero degli Uomini dello Stato uccisi, nel ricordo di tutte le Vittime del dovere, nel rispetto e nel dolore delle anime, mi chiudo in Preghiera”.

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