GIANNI ALEMANNO: IL PARTITO DELLA NAZIONE

| 16 Marzo 2014 | 0 Comments

Riceviamo e volentieri pubblichiamo esprimendo però il nostro pensiero.

 

Il centrodestra ha bisogno della forza propulsiva di una destra identitaria, popolare, nazionale. Ma è soprattutto l’Italia ad aver bisogno di un partito della nazione capace di «interpretare in forme moderne e consapevoli gli interessi permanenti del nostro popolo e i valori profondi della nostra identità», un partito che «abbia la sua spina dorsale in un blocco sociale formato dal ceto medio e da vasti strati popolari». È questo il messaggio che Gianni Alemanno affida a un libro che si intitola proprio Il Partito della Nazione (I Libri del Borghese, pp.121 euro 15. Alemanno ripercorre analiticamente le svolte di un ventennio non senza aver prima confessato i sentimenti emersi nei duri anni vissuti come sindaco di Roma, nella consapevolezza di aver lasciato la città «in condizioni molto migliori di come l’avevo trovata».
L’analisi parte dal 1993, anno dell’impetuoso processo che portò la destra ad affermarsi come inedita forza di massa della politica italiana. L’autore si chiede come fu possibile che la destra stessa si «lasciò strappare dalle mani il timone del cambiamento dalla nascente Forza Italia di Silvio Berlusconi». La risposta è che An si appoggiò alle «espressioni alquanto logorate del conservatorismo liberale, del moderatismo post-democristiano e del perbenismo qualunquista». Si sarebbe invece dovuto, a opinione di Alemanno, percorrere la «strada maestra di valorizzare la cultura nazionalpopolare, comunitaria e partecipativa che proveniva proprio dalle radici migliori della destra italiana». Quanto alla «fusione a freddo» tra An e FI e alla nascita del Pdl, Alemanno rileva che la realtà è stata opposta al «sogno di una destra forte e organizzata, capace di egemonizzare il partito unico del centrodestra». L’area politica proveniente di An è stata «progressivamente risucchiata e resa subalterna agli uomini di Forza Italia»

(ndr)

Verrebbe da scrivere …bella scoperta.

Alemanno dopo che è stato sindaco della capitale ci viene a raccontare che c’era bisogno di una destra identitaria e popolare, embè,  e lui quando ha governato la più importante città italiana chi gli impediva di farlo, chi gli ha impedito di chiamare a raccolta le migliori forze della destra popolare? A quali  iniziative di destra ha dato vita da sindaco, cosa è rimasto, quali tracce del suo passaggio sono restate a Roma prima che la consegnasse ad un sindaco comunista?

Siamo stanchi di politici che salgono in cattedra a pontificare  e che invece dovrebbero avere il buon gusto di tacere.
Alemanno la sua occasione la ha avuta, ora taccia.

Category: Libri

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