NON SI PUO’ MORIRE PER “GIOCO”

| 21 Maggio 2014 | 0 Comments

Danni permanenti per gioco violento, scontri di gioco pericolosi tra calciatori durante le partite di calcio. Giovanissimo calciatore deceduto per uno scontro di gioco. Lo sport deve correre ai ripari quando lo scontro tra avversari non è stato solo un semplice contrasto di gioco.

L’attaccante del Persiraja, squadra professionistica indonesiana, Akli Fairuz è deceduto per le lesioni riportate in seguito a un calcio ricevuto all’addome

Una vicenda incredibile, quanto triste, quella accaduta in Indonesia: uno scontro di gioco su un campo da calcio ha portato alla morte della giovane promessa. L’attaccante del Persiraja ha riportato ferite interne, da prima sottovalutate, talmente gravi da portarlo alla morte qualche giorno dopo l’accaduto.

Nella partita contro il PSAP Sigli, valida per la seconda divisione indonesiana, in fase di attacco il ragazzo ha ricevuto un calcio all’addome dal portiere avversario, Agus Rahman, uscito di porta senza controllo. Gli animi in campo si sono accesi, è scoppiata una rissa, ma in seguito tutto è tornato alla normalità e il malcapitato addirittura ha seguito la parte restate della partita da bordo campo.

Nei giorni seguenti Akli Fairuz è stato ricoverato in ospedale per complicazioni, si sono evidenziate importanti lesioni interne, con interessamento dell’intestino e della vescica. L’operazione subita non ha scongiurato il peggio, il ragazzo è morto dopo sei giorni.

Ora è stato superato il limite. Basta al gioco violento. Il calcio è uno sport violento ma proprio per questo si deve prestare particolare attenzione nella punizione esemplare dei colpi pericolosi e irregolari, per proteggere i giocatori dagli infortuni.

Bisogna fare di tutto per tutelare i giocatori di ogni ruolo (attacco, difesa.) da infortuni non strettamente collegati a cause di gioco, provocati da comportamenti illegali e pericolosi: ogni condotta che mette deliberatamente a rischio la sicurezza dei giocatori deve essere punita. Occorre, pertanto, una presa di posizione forte da parte della FIFA e di tutte le federazioni calcistiche.

Basti pensare che una ricerca scientifica di un centro specializzato nello studio delle encefalopatie traumatiche dell’Università di Boston, ha effettuato un’analisi approfondita sulle conseguenze a lungo termine dei traumi subiti in carriera. Problemi degenerativi della memoria, depressione, danni cronici sembrano effetti permanenti derivati dai frequenti scontri di gioco. Se nei casi più tragici è messa addirittura a rischio la vita degli atleti, a preoccupare club e campioni è la frequenza di infortuni che possono far sfumare in pochi istanti investimenti (per i team) e carriere (per i giocatori), ma soprattutto è la pericolosa spirale emulativa che preoccupa, perchè i giovani che si cimentano nel nostro sport “nazionale” sono portati a prendere esempio da ciò che accade nelle arene dove si giocano gli incontri professionistici e prendono spunto dai comportamenti dei loro beniamini.

Non possiamo continuare a non dare il giusto risalto a storie come quella assai esemplificativa sullo stato di questo sport, accaduta nella lontana Indonesia. Perchè i mondiali di calcio brasiliani sono alle porte e non pretendere un calcio davvero “pulito” a partire da questo fondamentale momento significherebbe perpetuare un modo d’intendere lo sport che crea ancora troppi gravi danni non solo tra i professionisti ma tra milioni di giovani e meno giovani che si dilettano in questa pratica.

                                                                                                                                                                                                            Giovanni D’AGATA

Category: Costume e società

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