TRENT’ ANNI DOPO, IN MEMORIA DI ALMERIGO GRILZ. IL PRIMO FOTOREPORTER ASSASSINATO DOPO IL 1945. DI DESTRA, PER CUI DIMENTICATO

| 28 Maggio 2017 | 0 Comments

di Valerio Melcore________ A  trent’anni dalla sua morte, solo oggi si comincia a ricordare un grande giornalista. Nella sua città vengono organizzate mostre con le sue foto scattate in mezzo mondo, presentati libri che lo ricordano,  a lui è stata intestata una strada. Di questo giornalista sino a poco tempo fa non si conosceva neanche dove fosse la sua tomba. E così alle deficienze dello Stato italiano, hanno supplito due suoi amici e colleghi,  i quali si sono recati nel paese in cui fu ucciso ed hanno scoperto il posto in cui è stato seppellito. Il giornalista di cui vi stiamo parlando è Almerigo Grilz, e grazie ai suoi due amici oggi sappiamo che riposa all’ombra di  un grande albero in Africa.
Ma a cosa è dovuta questa congiura del silenzio durato tutti questi anni?
A spiegarlo è Gian Micalessin che insieme a Fausto Biloslavo e a Grilz, giovanissimi, trentacinque anni fa fondarono l”Albatross”.
“Qualcuno l’ha definito l’inviato ignoto. Si chiamava Almerigo Grilz, era triestino ed è morto il 19 maggio del 1987 a Caia, in Mozambico, colpito alla testa da un proiettile mentre filmava una battaglia tra l’esercito della Frelimo, già allora al potere a Maputo, e i guerriglieri della Renamo. È stato il primo giornalista italiano caduto su un campo di battaglia dopo la seconda guerra mondiale. A tutt’oggi resta, però, quello più ignorato, trascurato e dimenticato nella storia del giornalismo italiano”.

Ora per un momento provate a pensare ad un altro giovane assassinato in terra africana, Giulio Regeni. Anche lui cercava di documentare la realtà di un pezzo di territorio in un paese che non era il suo, anche lui ha trovato la morte in terra africana. Ma i media italiani, i giornali, le televisoni, il mondo della politica , hanno giustamente parlato per mesi e mesi dell’omicidio di questo ragazzo. Tanto che a distanza di un anno non c’è nessuno che nel nostro paese non conosca la storia di questo ragazzo ucciso in Egitto.
Su Almerigo Grilz invece i media non hanno speso né spendono una parola per ricordarlo.

Ho conosciuto Almerigo Grilz quando ancora non era un giornalista, ma era un giovane che generosamente dedicava il suo tempo e la sua energia nella causa in cui credeva. All’epoca quelli come lui si chiamavano attivisti, oggi diremmo i volontari della  politica con la P maiuscola, era Segretario del “Fronte della Gioventù” di Trieste, lo incontravo a Roma in un vecchio palazzo di via Quattro Fontane, durante le riunioni della Direzione Nazionale del F.d.G di cui  facevamo parte, presiedute da un giovane Gianfranco Fini.
Era un periodo storico in cui si faceva politica per convinzione e non per convenienza, e chi aveva deciso di militare a destra, sapeva che tutti i giorni rischiava di essere pestato.
Poi la politica, con il trascorrere degli anni, e diventata un’altra cosa, e molti di noi l’hanno abbandonata.

Il ricordo che ho di lui è quella di un ragazzo alto, magro, ma all’epoca con l’ unica eccezione di Marco Tarchi, eravamo tutti magri, l’ultima volta che ci siamo visti era di inverno perché ricordo che indossava un cappotto nero, lungo, un maxi, come andavano di moda all’epoca,  in pelle, o in un materiale che gli somigliava.

Sguardo sveglio, sempre sorridente, cordiale, aria scanzonata, capelli corvini, un filo di barba sempre curatissima, diversa da quella che vediamo nelle foto che lo ritraggono.
Il Fronte della Gioventù di Trieste  era quello meglio organizzato in Italia, basti pensare che nelle scuole medie superiori della città il 45% degli studenti si era definito di destra, perciò durante uno di questi incontri romani, lo presi da parte e mi feci spiegare  per filo e per segno quale era stato il percorso, le strategie messe in campo, che aveva portato la giovane destra triestina ad essere la prima forza politica tra i giovani.
Mi spiegò che la cosa non aveva nulla a che fare con il fatto Trieste fosse città di frontiera, e neanche con quelle che erano state le vicende storiche della città, come invece io pensavo.
Mi spiegò che Trieste era stata una città come tutte le altre dove la sinistra  spadroneggiava, imponendo il suo verbo con le buone e con le cattive.
Le cose cambiarono quando Grilz prese le redini del Fronte triestino, e grazie all’attivismo ed al coraggio dei giovani che lo seguivano, attraverso un’azione quotidiana riuscirono a battere la sinistra prima nelle scuole,  sul terreno dialettico, e poi anche nelle piazze con la presenza fisica. Il merito ovviamente era sopratutto di Grilz che li aveva guidati, ma, il tutto mi spiegò che  era stato  possibile avendo potuto contare sull’aiuto degli adulti, il M.S.I. di Trieste aveva affiancato i giovani nelle sue battaglie.
A Lecce mettemmo a segno una serie di risultati positivi, ma quando arrivammo al giro di boa, dovemmo prendere atto che non si poteva contare sugli adulti, il partito esisteva solo in campagna elettorale,  per cui deluso dopo un po’ abbandonai l’impegno politico e mi trasferii al nord.
Qualche anno dopo, ero a Bergamo e Mirko Tremaglia mi disse che Almerigo faceva il reporter di professione e i suoi servizi e le sue foto erano contese dalle più famose testate giornalistiche e dalle più importanti reti televisive, fui felice per lui, sapevo quante difficoltà incontravano coloro che avevano militato a destra quando cercavano di entrare nel mondo del lavoro. Però mi rendevo conto dei rischi che correva nel realizzare quei reportage  in quei teatri di guerra dove gli altri giornalisti non avevano il coraggio di andare.
Ma a 30 anni dalla sua morte nel ricordare un amico, o meglio un ragazzo con il quale abbiamo condiviso idee, speranze, e militanza, vogliamo  raccontare anche,  attraverso la sua storia come il giornalismo italiano, che dovrebbe fare corretta informazione e attraverso questa formare le coscienze dei cittadini,  spesso deforma la realtà  per compiacere la sinistra al potere.

Nel 1987 Grilz fu ucciso in Mozambico, l’ Unità il giornale del Partito Comunista Italiano, i cui uomini oggi sono al Governo con Gentiloni, con questo titolo riportò la notizia: «Morto mercenario triestino». E al Tg1, a cui  Almerigo aveva iniziato a collaborare, il comitato di redazione protestò perché Paolo Frajese ebbe l’’ardire di dedicargli un servizio.
Questo è il giornalismo promosso da coloro che sono al governo, e questi i signori della RAI  a cui vengono elargiti profumati stipendi grazie al canone televisivo che noi paghiamo.

Ma leggiamo cosa scrive Micalessin:

“La sua unica colpa è stata quella di non aver mai rinnegato il proprio passato. Di esser diventato giornalista e reporter di guerra dopo esser stato il segretario del Fronte della Gioventù di Trieste e aver ricoperto incarichi nazionali nell’allora Movimento Sociale Italiano. Una colpa evidentemente molto grave visto che Ordine dei Giornalisti e Associazione della Stampa di Trieste, due organi a cui era regolarmente iscritto, continuano a considerare una sorta di sfregio la richiesta d’accogliere una lapide con il suo nome accanto a quelle, dedicate all’inviato Rai Marco Luchetta e agli operatori Alessandro Ota, Dario D’Angelo e Miran Hrovatin morti tra Bosnia e Somalia.

Ma cos’ha fatto di così tremendo Almerigo Grilz rispetto ad altri illustri protagonisti del nostro giornalismo come Gad Lerner, Ezio Mauro, Paolo Mieli, Toni Capuozzo e Lucia Annunziata tutti transitati dalle formazioni dell’estrema sinistra a blasonate redazioni? Semplice, l’inviato ignoto, come l’ha definito Capuozzo nella puntata di «Terra» dedicatagli nel ventesimo anniversario della morte, commise il fatale errore di affrontare la carriera giornalistica dopo aver abbandonato quella di dirigente giovanile del Movimento Sociale Italia. Con l’aggravante d’essere passato a miglior vita prima di transitare, assieme all’«amico» Gianfranco Fini ed un’intera classe dirigente, attraverso la purificatrice fonte di Fiuggi.

E così quel mancato bagno alle terme gli ha lasciato incollato lo stigma del fascista anche dopo morto. Quello stigma ancora oggi lo condanna all’oblio e mette la sordina alla breve, ma folgorante carriera di un inviato italiano che raccontava le guerre dimenticate degli anni ’80 agli spettatori delle grandi reti americane, prime fra tutte la Nbc e la Cbs. Un inviato che scriveva correttamente in inglese e pubblicava i suoi reportage sul Sunday Times, su Der Spiegel e su altre autorevoli riviste europee. Ma in Italia tutto ciò poco conta.”

Ovviamente la sinistra  può farla da padrona ed utilizzare cultura ed informazione a suo uso e consumo  solo perché c’è una destra incapace, che sino ad oggi non è riuscita a fare di meglio che  farsi guidare da un signore sulle cui televisioni tutti i giorni vengono veicolati messaggi e promossi personaggi  “cari” alla sinistra.
Ma lasciamo ancora una volta la parola al suo amico e collega:
“A tutt’oggi il primo caduto del giornalismo italiano resta, per molti colleghi, un illustre sconosciuto e nelle scuole di giornalismo non esiste un docente che osi pronunciare il suo nome. Ma l’aspetto più singolare di questo generalizzato, strumentale disinteresse per la vicenda umana e professionale di Almerigo Grilz è la sua estensione agli ambienti della politica e del giornalismo di destra. Gianfranco Fini che da giovane segretario nazionale del Fronte della Gioventù in trasferta a Trieste dormiva regolarmente nella cameretta di Almerigo si è ben guardato, anche quand’era presidente della Camera, dall’organizzare un convegno o un pubblico ricordo per quello che nella cerchia di partito continuava a definire un «amico». E Alleanza Nazionale ligia alla tragicomica sudditanza culturale nei confronti della sinistra si è ben guardata, negli anni sfavillanti del potere, dal celebrare un ex dirigente che rappresentava un’icona dell’avventura e dell’informazione per una destra giovanile alla perenne ricerca di miti fondanti”.
Quella che ci consola è che a distanza di trent’anni, la vita piena di passione e di avventure del giovane triestino, cominciano ad essere conosciute da sempre più persone sopratutto giovani.
Ma vediamo come chiosa il suo intervento Micalessin:

“Eppure nonostante amici e nemici abbiano tentato di seppellirlo una seconda volta il mito e il ricordo di Almerigo riaffiorano dall’oblio. Sempre più spesso giovani free lance o aspiranti reporter mi chiedono di raccontare loro la storia dell’amico Almerigo Grilz. Una storia semplice. La storia di un uomo che in una Trieste ai confini della «cortina di ferro» aveva trasformato uno stile di vita in passione politica. Un ragazzo che, unico nelle file di una destra sclerotizzata, comprendeva, già negli anni ’70, l’importanza dell’informazione e imbracciava macchine fotografiche e cineprese anche quando guidava cortei e manifestazioni. Un uomo che, non appena le piazze dei roventi anni ’70 smisero di regalare emozioni, abbandonò le stanze immalinconite della politica per trasferire lo stesso stile di vita sulle prime linee degli anni ’80. Perché se il giornalismo era la sua battaglia, l’avventura era la sua vita”.

 

 

Category: Costume e società, Cultura, Politica

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