BORSELLINO, UN EROE DEI NOSTRI TEMPI

| 21 Luglio 2021 | 0 Comments

(g.m.)_____Ieri ricorreva il 29.mo anniversario della strage di Via D’Amelio nella quale perse la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Un fascio di luce tricolore ad avvolgere e abbracciare l’albero di ulivo di via D’Amelio che ricorda l’uccisione del giudice Paolo Borsellino e della sua scorta. Il nuovo impianto di illuminazione artistica, proposto dal fratello del magistrato ucciso dalla mafia il 19 luglio del 1992, Salvatore Borsellino, si accenderà stasera alle 21, a permetterlo è stato il sindaco di Palermo Leoluca Orlando. Tutti i telegiornali lo hanno ricordato, peccato che nessuno però abbia ricordato che Leoluca Orlando è quello stesso politico che attaccava pubblicamente Giovanni Falcone, poco tempo prima che la Mafia lo facesse saltare in aria insieme alla moglie e alla scorta. Giovanni Falcone era il collega, ma prima ancora l’amico fraterno, di Borsellino, insieme condussero la loro battaglia contro le cosche mafiose e contro la politica corrotta, Borsellino non si fermò neppure dopo che il suo amico fu fatto saltare in aria. Continuò in solitudine la sua battaglia sapendo che da lì a poco sarebbe toccata pure a lui la stessa sorte.

In molti ieri hanno ricordato la strage a cominciare dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha dichiarato: “L’attentato di via D’Amelio, ventinove anni or sono, venne concepito e messo in atto con brutale disumanità.” – Il messaggio del Presidente così prosegue – “Paolo Borsellino pagò con la vita la propria rettitudine e la coerenza di uomo delle Istituzioni. Con lui morirono gli agenti della scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina. La memoria di quella strage, che ha segnato così profondamente la storia repubblicana, suscita tuttora una immutata commozione, e insieme rinnova la consapevolezza della necessità dell’impegno comune per sradicare le mafie, per contrastare l’illegalità, per spezzare connivenze e complicità che favoriscono la presenza criminale”.

Uomini e donne che ricoprono degli incarichi nei posti più alti delle istituzioni hanno ricordato Borsellino, spesso interventi retorici qualche volta sentiti.
Noi però non possiamo dimenticare le parole che  Fiammetta, la più piccola dei tre figli del giudice ucciso in via D’Amelio, rilasciò quattro anni fa al corriere della Sera, nella quale accusò i pubblici ministeri che hanno indagato sull’attentato costato la vita al padre. Puntando il dito anche contro Nino Di Matteo.

“Sono stati buttati via 25 anni, anni di pentiti costruiti con lusinghe o torture”. Fiammata Borsellino  dopo essere stata ascoltata dalla Commissione Antimafia, ha rilasciato queste dichiarazioni: “Che si debba indagare sui depistaggi mi pare scontato. La sentenza dell’ultimo processo celebrato parla di induzione”.

A proposito dei nomi dei magistrati che indagarono,  la donna che aveva 19 anni quando il padre e la sua scorta furono uccisi, ha così proseguito: “Non parlo di responsabilità specifiche, ma nomino quei magistrati perché è giusto dire chi si è occupato dei processi in quegli anni. Non sta a me stabilire se ci fu dolo o inesperienza, ma su una strage non si mettono a indagare pm alle prime armi. In questi 25 anni dalla strage ci doveva essere una vigilanza maggiore sui processi e sulle indagini fatte. Si è detto in numerose occasioni dei rapporti di Tinebra con la massoneria non ci sono state smentite e ora mi preme ribadire questo argomento che va riletto insieme agli esiti dei processi sulla strage”.
Ha poi aggiunto:

“Mi aspetto ora che ognuno faccia la propria parte”. “Chiedemmo alla Procura di Caltanissetta perché fu ignorata la lettera della Boccassini, ma non abbiamo avuto risposta.  Non è vero che non è stato fatto nulla. Il depistaggio è stato comunque scoperto e ci sono delle sentenze“.

“Abbiamo avuto un balordo della Guadagna come pentito fasullo e una Procura massonica guidata all’epoca da Gianni Tinebra che è morto, ma dove c’erano Annamaria Palma, Carmelo Petralia, Nino Di Matteo…” così fiera espressa l’ultimogenita del giudice in un’intervista al Corriere della Sera. “Venticinque anni di schifezze e menzogne – ha detto Fiammetta Borsellino – All’Antimafia consegnerò inconfutabili atti processuali dai quali si evincono le manovre per occultare la verità sulla trama di via D’Amelio”.
Ha poi concluso amaramente con queste parole:“Nessuno si fa vivo con noi. Non ci frequenta più nessuno, magistrati o poliziotti. Si sono dileguati tutti. Le persone oggi a noi vicine le abbiamo incontrate dopo il ’92. Nessuno di quelli che si professavano amici ha ritenuto di darci spiegazioni anche dal punto di vista morale”.
Perché commemorare è doveroso, ma ancor di più è ricercare la verità, a qualunque costo.

Category: Costume e società, Cultura

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