IL REPORTAGE / SIAMO ANDATI A CASTRO MARINA, UNA SETTIMANA DOPO L’INCENDIO CHE HA DEVASTATO LA COLLINA

| 8 Agosto 2022 | 0 Comments

ECCO CHE COSA ABBIAMO VISTO, CHE COSA ABBIAMO SENTITO, E CHE COSA E’ RIMASTO, DOPO L’INFERNO DI UN CIELO DA CUI CADEVA CENERE E DI FIAMME CHE HANNO BRUCIATO IL FUTURO

di Flora Fina ______

“Penso che la fine dei nostri posti, del nostro Salento sia ormai vicina. È inutile continuare a dire che la situazione è insostenibile, siamo ben oltre. Quella notte di una settimana fa me la ricordo benissimo. Passa inosservata soltanto perché è una nottata fra le tante in cui tutto ha preso fuoco e basta. Ma non è così. Io me lo ricordo benissimo quel momento: un fumo che non ti faceva respirare, gli occhi che bruciavano e non vedevi nulla, assolutamente nulla.  E poi un caldo terribile, tanto quanto la paura di lasciarci le penne, i pianti e le urla, i miei cani che ululavano in preda al panico, lo stesso panico che provavo io, e che quasi mi scappava da piangere ”

A parlare è Corrado, stringe tra le mani il suo cellulare, delle mani che tremano – forse in preda all’emozione per le mie domande, forse al solo pensiero dell’inferno in terra che ha vissuto – mentre è quasi sull’orlo di un pianto disperato, nel momento in cui cerca di spiegarmi cosa è accaduto a Castro, soltanto una settimana fa, quando la collina a ridosso del paese ha interamente preso fuoco.

A Castro ( nella foto ), come ben sappiamo, pochi giorni fa un rogo dalle dimensioni imponenti ha portato tutto via: alberi, macchia mediterranea, un paradiso nel quale vivevano a ridosso persone con sogni e speranze. Persino la fauna locale non è stata esente da un tale disastro.

È una bellissima domenica d’estate, l’aria è rovente, i turisti si ammassano spensierati nel vicino bar che dà sul porto, lo strepitio delle ciabatte, un’aria salmastra – ed il vociare di chi desidera un caffè in ghiaccio piuttosto che una granita –  si sentono forti, sono a tutti gli effetti l’eco di qualcosa che va oltre la leggerezza d’animo. Ma per chi ci parla in questo momento, non è così, le sue parole piene di odio e paura si rincorrono, e Corrado – un uomo sulla sessantina, che risiede tra quelle viuzze – ancora stenta a credere che possa essere accaduto qualcosa del genere, e continua a parlare, come un fiume in piena, quasi nel tentativo di spegnere quel fuoco immaginario che ancora pervade i suoi occhi:

“ Che devo dirti? Mai e poi mai avrei immaginato potesse accadere. È stato uno spavento terribile. Terribile. Verso le undici e mezza del mattino ho iniziato a sentire una strana puzza di bruciato. Qualche pazzo avrà acceso il camino in pieno luglio, mi sono detto. Poi però erano ancora le tredici, i miei cani, che stavano fuori, si sono messi ad abbaiare, stavo cucinando, lo faccio sempre perché sono un povero vedovo, abito da solo. Ma il forte odore di bruciato non andava via, non voleva andarsene, anzi, è entrato direttamente a casa mia, in casa mia, da sotto le porte.

Una vera e propria invasione, un’invasione in piena regola: “ Poi, anche se con un po’ di paura,  mi sono fatto coraggio, e mi sono affacciato. I miei due cani non c’erano più, pensavo avesse preso fuoco la porta di casa mia, invece no, era il fumo che scendeva giù dalla collina, il vento lo spingeva in tutte le direzioni. Alcuni turisti avevano il cellulare in mano, hanno cominciato a chiamare i soccorsi. Passa un’ ora e niente. Non c’era nessuno, non si sentiva alcuna sirena arrivare. E allora ho chiamato pure io. Poi alleluja, dopo altri tre quarti d’ora ce l’hanno fatta ad arrivare. E intanto faceva caldo. Ma non quel caldo che conosciamo tutti. Quel caldo era diverso, era insopportabile, ti veniva voglia di spogliarti e buttarti in mare. Avevo i vestiti inzuppati di sudore, forse per il caldo, probabilmente anche per la paura.

 

“ Passa un’ora e niente ”. La solita storia trita e ritrita: come già accaduto negli “ episodi precedenti ” anche stavolta i soccorsi tardano ad arrivare, ed ancora una volta, questi eventi disastrosi non sono mai bloccati sul nascere, anzi, meglio temporeggiare. Più e più volte abbiamo sempre fatto presente nei nostri articoli che le risorse per fronteggiare questa emergenza sono poche, gli appelli alle istituzioni sono stati tanti, ma, da quello che possiamo ben constatare, tutto questo ancora non basta, non è sufficiente a far scattare la scintilla della responsabilità nelle pubbliche amministrazioni che si muovono a rilento, che proprio non ce la fanno a presentare un piano di emergenza concreto, soluzioni vere, vere come il fuoco che lambisce i nostri territori.

E poi abbiamo aspettato sino a notte inoltrata che tutto finisse, ci hanno evacuato, noi che stavamo troppo vicini. Dei miei due cani, solo uno è tornato, Leo mio, l’altro purtroppo, Milo si chiamava, lo hanno trovato morto qualche giorno dopo, forse il fumo non lo ha fatto respirare più, e mi ha detto addio. È una vergogna comunque, è una vergogna che dobbiamo subire tutto questo. E poi guarda, prova a salire su, vicino la collina, vai a vedere che scempio che c’è.

E noi quello scempio ( nella foto ), lo abbiamo visto bene: cenere ovunque, persino gabbiani carbonizzati, che fuggivano dalla tragedia, e che come Milo non ce l’hanno fatta, non ce l’hanno fatta proprio a raggiungere lidi più sereni, lontani dal caldo infernale e dalla fuliggine.

Dello stesso avviso è anche Maria, una turista veneta che ha preso da circa un mese una casa vacanze qui in Salento e che, improvvisamente, non si aspettava di certo di vivere un tale scenario. Parla con il tipico tono veneziano, un accento indimenticabile, pacato, pieno di accenti acuti. Un cappello di paglia ed un prendisole accompagnano la sua figura snella, la figura di una donna sulla quarantina:

Di certo sono venuta in Salento per il mare. Poi invece, ecco il fumo ed il fuoco. Io l’incendio l’ho visto intorno alle sette di sera. Ero appena rientrata da un giro a Otranto e cosa mi ritrovo? La strada completamente bloccata, ed un aereo che sorvolava la zona, lanciando acqua in continuazione. La puzza di bruciato era assurda, assurda. Non potevo credere assolutamente che stesse accadendo per davvero. Inutile dirvi che non si vedeva niente. Abbiamo aspettato in coda per mezz’ora, una mezz’ora abbondante. Da lontano tantissimi curiosi facevano dei video per riprendere il tutto, e io non sono stata da meno. Ad ogni modo, quello che ricordo benissimo era la cenere che cadeva dal cielo sulla mia auto, una polvere sottile che ti faceva tossire e non si vedeva niente. Assolutamente niente. Seguivo le altre auto per cercare di uscirmene il prima possibile. Per fortuna poi ho preso lo svincolo e mi sono allontanata da quel brutto inferno”.

Sono le tredici, in questa calda mattinata domenicale. Il profumo del buon cibo dilaga per le strade, si diffonde con allegria da indaffarati ristoranti e taciturne abitazioni. Quasi riesce nell’intento, per un attimo, di far dimenticare la terribile tragedia ambientale consumatasi pochi giorni prima: tra le strade del centro storico – un centro storico placido, silenzioso, soleggiato – incontro invece un’anziana signora, sulla settantina e più, accompagnata da tre allegri nipotini, che in un gioioso accento locale, che si accavalla sapientemente tra parole salentine miste all’italiano, decide di raccontare quello che è accaduto proprio lì:

“ Pensu ca qualchedunu è bulutu cu mpiccia tuttu. Da qui si vedevano le fiamme eh, belle alte, lu fumu nu te facia bitere nenzi. E il caldo? Tantissimo. Non ti potevi rinchiudere in casa perché sennò era peggio. Li piccinni piangevano, e si sentivano proprio gli alberi che da lontano bruciavano. E iou ce putia fare? Nenzi. Come tutti gli altri aggiu aspettato che finisse. Però credimi figlia mia, che la paura l’ho avuta. Poi si sentivano le macchine che suonavano il clacson, ci sape che confusione c’era a ddra bbasciu, al porto. Le sirene pure non scherzavano. Sono salita sul terrazzo e ho visto tutto il disastro. Pure l’aereo che lanciava tutta quell’acqua ho visto. Cose te l’auru munnu, sembrava nu film. Mamma che paura. ”

“ Mamma che paura ” sono le parole che riassumono perfettamente l’accaduto. Qualcosa di indescrivibile dunque, paura a perdifiato, ansia e terrore, alimentati come le stesse fiamme che hanno distrutto tutto: alberi e macchia mediterranea ( nella foto ) sono ormai in cenere, e chissà che fine faranno questi terreni, abbandonati a sé stessi, al proprio destino, divorati da un evento naturale – o forse no – che da secoli è lo spauracchio per eccellenza dell’ambiente tutto.

Bisognerebbe sempre chiedersi cosa resterà. Cosa rimarrà, in un domani vicinissimo e altrettanto in futuro lontano, del nostro passaggio tra queste magnifiche terre, le terre del Salento.

È una domanda legittima a cui bisogna cercare urgentemente risposte: come tristemente sappiamo ormai, sono anni che, puntualmente, come ogni caldissima e rovente estate che si rispetti, i nostri territori sono facile preda di un fuoco incontrollato che avanza senza vergogna, forse alimentato dal vento, forse – chissà – alimentato da vili mire ritorsive e dolose di chi prova piacere nel veder bruciare il nostro futuro.

Una cosa è certa: i danni sono lì, sotto gli occhi di tutti – le foto e i luoghi che visitiamo ogni giorno ne sono salda testimonianza –  ormai irreversibili, ormai triste impronta di chi ama giocare col fuoco, senza tralasciare nulla, senza tralasciare il terrore negli occhi di chi, quegli attimi di paura per la propria vita e per quella degli altri li ha vissuti per davvero.

Vogliamo davvero tutto questo? Vogliamo davvero che la prossima estate sia quella definitiva? Quella della distruzione totale? Oppure possiamo ancora fare qualcosa affinché tutto possa finalmente cambiare?

La risposta, come sempre, è dentro ognuno di noi. Non basta semplicemente sensibilizzare, è necessario agire, con il più nobile dai gesti, da parte del più nobile ( forse ) ed intelligente mammifero presente sulla faccia della terra: il genere umano.

LA RICERCA nel nostro articolo dell’ 1 agosto scorso. ______

SALENTO FUOCO E FUMO / INGENTI I DANNI A CASTRO MARINA – video. ALTRO PERICOLOSO INCENDIO NELLA GIORNATA DI OGGI AD OTRANTO

Category: Cronaca, reportage

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