LE FAKE NEWS DELLA RAI. E IO PAGO!

| 3 Marzo 2023 | 0 Comments

di Valerio Melcore_______Quella delle fake news sulla rete è diventato un tormentone che mamma RAI ci ha propinato per tutto il 2022.
Per cui quando ne scopriamo qualcuna in Rai è divertente sottolinearlo.

Ieri è stata la volta di Serena Bortone.
Tutti i giorni conduce su Rai 1 il programma “Oggi è un altro giorno”, un programma di intrattenimento dove  i personaggi vengono invitati a raccontarsi, ieri l’attrice Valentina Persia, reduce dal successo ottenuto a Tale e Quale Sanremo, ci ha deliziato con e sue gag.

Dopo di Lei è stata la volta di Rossana Luttazzi, moglie del grande attore, autore, conduttore, Lelio Luttazzi, di cui quest’anno ricorre la data del centenario della nascita.  Insieme a lei in trasmissione c’era Giorgio Verdelli, che ha realizzato un documentario su Luttazzi,  Souvenir d’Italie che andrà in onda oggi,  venerdì 3 marzo su Rai 3.
Mentre la Bortone presentava i personaggi nel ricordare il grande Lelio, con una forzatura, che gli spettatori hanno potuto notare, ci ha infilato un riferimento alla sua fede antifascista che fu causa di discordia con la madre fascista. Chiudendo con “all’epoca ci poteva stare”.
Ora cosa c’entrasse il dissidio con la madre lo ha capito solo la conduttrice, o meglio lo abbiamo compreso anche noi, in quanto non sapendo come infilarci l’antifascismo è andata su wikipedia dove ha trovato questa notizia che però sembra priva di riscontri e poi vedremo perchè.
E dato che da ragazzo mi piaceva molto leggere, soprattutto libri che erano fuori dai circuiti commerciali, pubblicati dalle piccole case editrici,  tra questi me ne capitò uno che si chiamava “Italia Fascista in Piedi” di Nino Tripodi.
Un libro che raccontava come tanti ardenti fascisti, diventarono di colpo ferventi antifascisti nel giro di qualche giorno. Infatti avvenne che il 25 luglio del 1943 il Gran Consiglio Fascista sfiduciò Mussolini, a seguito di ciò il Re lo fece arrestare e mise fuorilegge il Partito Nazionale Fascista.
Per cui Tripodi racconta che la fede antifascista si manifestò più per convenienza che per convinzione.
Ed è divertente mettere a confronto quello che dicevano per ingraziarsi il Duce e avere benefit durante il ventennio e come abbiano sostenuto con lo stesso fervore l’esatto contrario per ingraziarsi il regime antifascista e ottenere favori e fama.

Furono in tanti dopo il 1943 a prendere le distanze dal Fascismo, tanti ma non tutti.
Ci fu invece chi, addirittura, dopo che il Fascismo era caduto ed era chiaro l’esito della guerra, aderì alla Repubblica Sociale Italiana fondata da Mussolini dopo essere stato liberato dai tedeschi.

Tra questi giovani, che andarono a combattere contro gli americani e i russi, c’erano:

Giorgio Albertazzi, Enrico Ameri, Gino Bartali, Dino Buzzati, Rossano Brazzi, Ernesto Calindri, Paolo Carlini, Tino Carraro e Nuto Navarrini, Walter Chiari, Gorni Kramer, Carlo Dapporto e Gilberto Govi, Filippo Tommaso Marinetti, Pino Dordoni, Sara Ferrati, Valentina Cortese, Lina Volonghi e Lia Zoppelli, Pietro Mascagni, Marcello Mastroianni e Wanda Osiris.

Da Boccasile a Amedeo Nazzari a Salvator Gotta…la lista è lunghissima. Poi, Luisa Ferida e Osvaldo Valenti, fucilati dai partigiani a Milano, Mario Carotenuto, Vittorio Pozzo, Mario Castellacci aderì il padre del comico Paolo Rossi, Lionello Kobau, Raimondo Vianello, Luciano Salce, Enrico Maria Salerno e Paolo Ferrari, Ugo Tognazzi, Dario Fo, Marco Ferreri, il padre di Gian Maria Volonté, Mario, Giovanni Spadolini, il papà di Corto Maltese Hugo Pratt, Ermanno Amicucci, Giuseppe Berto, Gino Boccasile, Giovanni Comisso, i fratelli De FIlippo, Doris Duranti, Mauro De Mauro, Amedeo Nazzari, Salvator Gotta, Alberto Giovannini, Gianni Granzotto, Telesio Interlandi, Concetto Marchesi, Francesco Messina, Giorgio Morandi, Ugo Ojetti, Cesare Pavese, Tom Ponzi,

Vasco Pratolini, Renato Rascel, Tito Schipa, Nino Taranto, Alida Valli, Giuseppe Ungaretti, Tino Buazzelli, Ardengo Soffici e migliaia di altri.

Ebbene Lelio Luttazzi faceva parte di quei giovani italiani che combatterono nella fila della RSI.

Lo ricorda anche un suo commilitone Mario Xicovich in un comunicato Ansa del 2010:

 “Eravamo assieme nella 41.ma batteria alpina, dal novembre 1944 al maggio 1945, a Fiume. In batteria c’erano circa 150 soldati: per molti di loro tornare in Italia fu difficile, presi dal tiro incrociato delle truppe slave e dei partigiani, quando Trieste era già libera ma Fiume non lo era ancora”. Xicovich, con commozione, ricorda anche un momento di gioia.Era il Natale del 1944, eravamo bloccati a Fiume. Però in qualche modo trovammo un pianoforte e una fisarmonica, qualcuno tirò fuori delle bottiglie di vino, e lui, Lelio, con la grazia e la semplicità che lo avrebbero poi reso famoso, suonò per noi”.

“Mi dispiace per la signora Luttazzi, forse non al corrente dei trascorsi militari del marito, ma Lelio Luttazzi vestì, come artigliere alpino, la divisa della RSI”.

Certo molti, negli anni seguenti tennero un po’ nascosta la loro appartenenza alla Rsi; come se compiere una scelta a vent’anni fosse una cosa riprovevole. E loro non ne fecero grande pubblicità perché, soprattutto nel mondo dello spettacolo e della cultura, se eri o eri stato fascista, non lavoravi. Questo per quanto riguarda Lelio Luttazzi giovane.


Della conduttrice Serena Bortone, forse va ricordato che è cresciuta in quella rete Rai il cui telegiornale venne definito Tele Kabul.

E come racconta Massimo Biordin: “Il Tg3 fu chiamato TeleKabul dai suoi detrattori per sottolinearne la pedissequa e perfino rozza osservanza che, a loro dire e forse non del tutto a torto, lo caratterizzava rispetto alla linea politica del Pci. Allora l’Afghanistan era occupato dall’Urss e certo la locale tv di stato non brillava per anticonformismo rispetto agli occupanti. Il colpo di genio del direttore del Tg3, Sandro Curzi, fu la decisione di non polemizzare con quel marchio, anzi di rivendicarlo, perfino accentuandone alcuni aspetti. I suoi editoriali ricordavano sempre più smaccatamente le relazioni introduttive dei segretari di sezione del Pci.

Adottava il loro modo di intrecciare un ragionamento elementare con elementi ideologici conditi da qualche espressione incongruamente magniloquente. Fu un successone, malgrado il Pci avesse cambiato nome nel frattempo. O forse proprio per questo. “Sì, Telekabul. E allora?”, fu la sua linea di difesa quando inevitabilmente chiesero la sua testa”.

Category: Costume e società

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