”Ma Nino non aver paura di tirare un calcio di rigore”… E L’ALLIEVO DELIO ROSSI SUPERO’ IL MAESTRO ZDENEK ZEMAN

| 9 Giugno 2023 | 0 Comments

E L’ALLIEVO DELIO ROSSI SUPERO’ IL MAESTRO ZDENEK ZEMAN

(g.p.) ______ E’ quasi mezzanotte, dopo una lunga, lunghissima serata di spettacolo puro e di emozioni contrastanti quanto esaltanti. In campo c’è chi festeggia, canta e ride, e chi si abbatte, si dispera e piange.

Dopo più di tre ore di battaglia calcistica, di una partita memorabile che riconcilia con lo sport, il volto secco e tirato di Zdenek Zeman è più enigmatico del solito. Fermo, in piedi, davanti la panchina, distrutto dall’epilogo degli eventi, ora sembra egli stesso tutto quanto una sfinge umana.

Sullo stesso lato poco lontano, Delio Rossi è entrato sul terreno di gioco, ha appena finito di complimentarsi co i suoi calciatori per l’impresa compiuta, e guarda il mondo da un oblò, stralunato, quando, ad un certo punto, gli tornano in mente le parole della volta scorsa, la polemiche della partita di andata sul mancato saluto fra lui e il suo maestro, che aveva commentato dicendo: “Ci ho pensato, io sono più grande, tocca a lui venire a salutarmi”.

Allora torna sui suoi passi, va verso di lui, si avvicina, gli tende la mano. I due si abbracciano.

Si parlano pure, e chissà che cosa han detto l’uno all’altro.

Poi scompaiono a seguire l’uno e l’altro nel tunnel degli spogliatoi, delle loro vite parallele.

Che partita! 

All’andata di questa semifinale dei play off estenuanti di serie C per decidere l’ultimo posto buono per poter salire al purgatorio della B, sei giorni fa, a Foggia, era finita 2 a 2. Al ritorno, ieri sera, a Pescara, stesso punteggio.

Partita che si era messa bene per i padroni di casa, in vantaggio dopo due minuti e poi per un po’ dilaganti e creativi. Ma ad un certo punto, hanno smesso di giocare, cioè di fare gioco propositivo, credendo di poter gestire la partita. Gestire è un verbo che non esiste nel lessico famigliare di Zeman: “Io alla squadra non dico mai di non attaccare. Se non attacchi i gol non li fai. Gli avversari non si fanno gol da soli”.

Infatti, fino alla fine dei due tempi regolamentari c’è una costante supremazia territoriale del Foggia, che la ripiglia per i capelli, all’ultimo secondo dell’ultimo minuto del recupero finale.

Questa è un’altra cosa incredibile. Allora, succede ogni tanto, anzi spesso, che il risultato cambi nel finale, la così detta ‘zona Cesarini’, dal nome del calciatore juventino che segnava sempre alla fine, negli anni Trenta, quasi cento anni fa.

Ora, bisognerà adeguarsi, ribattezzandola. Questo Foggia segna sempre alla fine, ribaltando il risultato nel recupero, lo ha fatto per tutti questi play off, ogni volta e a questo punto non è un caso, è manifestazione di una mentalità precisa inculcata dal suo allenatore, di tranquillità, di superiorità, di forza, di consapevolezza estrema.

1 a 1 dunque e tutto da rifare Si ricominia con i tempi supplementari, continua il duello di profeti della zona e del 4- 3 – 3.

A dire il vero ora Delio Rossi fa più che altro il 4 – 2 – 2, ma non è questione di modulo, è questione di organizzazione di gioco, il suo tenace e intraprendente.

Ora gli occhi di Zeman sono due lampi nel buio della notte più potenti dei riflettori. Non dice neanche una parola ai suoi calciatori, che però capiscono di fretta quegli sguardi, e ricominciano a fare gioco. Appena ricominciano a giocare, fanno un gol annullato per fuorigioco millimetrico che solo il Var poteva vedere, e uno valido. 2 a 1, sembra fatta, presto arriverà la fine anche dei due tempi supplementari.

Ma niente da fare, ancora una volta il Foggia pareggia nel finale. 2 a 2 e siccome qualcuno deve pur andare avanti, si va a quella che abbiamo imparato a chiamare con una fortunata metafora ‘la lotteria dei calci di rigore’.

Fortunata, ma fallace. Ora, se nel calcio, certo, la fortuna ha sempre una sua buona parte negli eventi, così come una buona dose di culo ci va sempre nella vita, sembra che essa sia totalmente decisiva. Invece no, non è una lotteria. E una serie di capacità, in cui prevale chi riesce a conservare la lucidità, e la potenza, anche quando la benzina è finita e le ruote sono sgonfie, e non è un caso nemmeno questo, al contrario, vince chi sbaglia di meno.

Il calcio è bello anche perché chiunque può dire la sua con lo stesso valore e la stessa dignità del più titolato dei commentatori. Ci sono diverse scuole di pensiero su come debba essere tirato un calcio di rigore. Ora, i rigori li ha sbagliati pure Maradona, addirittura ne ha sbagliato qualcuno pure Pelè, non è questo, può succedere, ma la verità è che il rigore tirato bene, senza tanti fronzoli, una botta dal basso verso l’alto verso uno dei due lati del portiere che va a insaccarsi sotto la traversa, un rigore tirato così è imparabile, per le leggi stesse della fisica e della matematica.

Onore comunque a chi questa notte è andato sul dischetto, anche a chi ha sbagliato. Nella vita bisogna sempre sapersi prendere le proprie responsabilità, questo da solo fa onore, anche quando hai una fottutissima paura, e dalla paura, dalla stanchezza, dall’ansia, ti tremano le gambe, con quel pallone sul dischetto che pesa adesso una cinquantina di chili.

Ha sbagliato di meno, ha vinto il Foggia.

Onore a chi ha vinto e allo stesso modo onore a chi ha perso, bisogna pure saper perdere nello sport, e nella vita. Infatti, se sai perdere, poi puoi sempre il giorno dopo alzare il culo e ricominciare, non è mai troppo tardi, sì, e puoi sempre ricominciare da dove sei. ______

LA RICERCA nel nostro articolo del 2 giugno scorso

Category: Costume e società, Sport

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