“Tutto ciò che è”, POESIE DI ALFRED CORN

| 6 Maggio 2024 | 0 Comments

I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno, sono lieti di annunciare la pubblicazione di una delle voci poetiche contemporanee americane più autorevoli, Alfred Corn con la raccolta di versi “Tutto ciò che è” – Poesie scelte da I ritorni e altre raccolte poetiche con la prefazione di Edmund White e la traduzione di Alfred Corn e Angela D’Ambra. Revisione: Andrea Sirotti  

“Alfred Corn è il più europeo fra i poeti americani. Ha tradotto dal tedesco le Elegie duinesi di Rilke, parla francese così bene che i francesi captano un lieve accento e pensano che sia belga, il suo italiano è colloquiale e letterario, conosce tutto di storia dell’arte e di musica, di narrativa e poesia. Una volta, feci con lui un lungo viaggio in auto da Roma a Parigi, e lui non voleva sciupare il tempo, così pensò di insegnarmi a cantare i madrigali, con risultati dubbi. L’ho incontrato a New York, a una festa, negli anni ’60 e parlava francese con Ann Jones, al tempo sua moglie; erano appena tornati da Parigi. Il mio primo, elusivo romanzo, Forgetting Elena, è dedicato a loro. Erano studenti laureati; Alfred faceva ricerca sull’influenza di Melville su Camus. Ann divenne docente di letteratura comparata dedicandosi in particolare all’italiano, e al Rinascimento italiano, francese presso una delle nostre migliori università, la Smith. Divorziarono dopo che Alfred dichiarò di essere gay. Per molti anni ha vissuto con J.D. McClatchy, poeta prolifico e autore di libretti di molte opere americane ben prodotte.

Al è fra i miei più vecchi amici; lo conosco da oltre sessant’anni. Ha scritto undici volumi di poesie, saggi letterari, un libro sulla prosodia, due romanzi, e fatto molte traduzioni di testi poetici. Ed è stato tradotto in una moltitudine di lingue. È stato un accademico, docente di poesia alla Columbia University e in molti altri luoghi. Ha ricevuto lodi da Henry Louis Gates, dal poeta Anthony Hecht e dal nostro più eminente critico di poesia, Harold Bloom che ha dichiarato Corn uno dei principali poeti della sua generazione. Non voglio implicare che Corn sia pedante o “pesante” in senso teutonico. Infatti, come il lettore si renderà subito conto, egli indossa la sua erudizione con leggerezza e il suo tono è colloquiale. Può fare un’affermazione, e poi la sfida con una domanda. Rimarcherà che i cipressi del Lago di Como sono immoti benché battuti dai venti. O interromperà all’improvviso la sua asserzione con un nuovo pensiero. O inizierà a snocciolare imperativi (“O gela! O brucia! O gela!”). Benché la sua dizione sia in genere elevata, può a un tratto farsi demotica in un modo molto inglese. Presumo che molto del nostro “umorismo” linguistico stia in questo salto dall’alto al basso. Ricordo che una volta dissi alla mia insegnante di italiano: “Sono un fanatico di Beethoven”, cosa che la fece ridere, anche se in inglese si può dire “Sono un fanatico della musica di Beethoven” senza che nessuno si accorga del cambio di registro. Come Cole Porter, Alfred Corn è capace di far rimare Spinoza con sub rosa. Può interrompere i suoi versi raffinati, classici con un improvviso urlo: “Cavolo, qualcuno per favore può gettare / Un telo sulla sua gabbia”. È anche un maestro di rime per consonanza che conferiscono alla poesia sia libertà di invenzione sia coerenza di suono. Quando dico che è colloquiale, non voglio suggerire che si dedichi alle banalità delle ciance. Con le sue pregevoli competenze tecniche, può trasportare il lettore in una Grotta Azzurra di bellezza mozzafiato, stranezza (come nella defamiliarizzazione), di luce delicata e trasfigurante. Può esplorare tutte le nostre associazioni col nome Santa Maddalena, tutte, dalla chiesa neoclassica a Parigi alle madeleine di Proust fino all’espressione “Piangeva come una Maddalena.” O in un’altra poesia da virtuoso, Corn giustappone Kafka a Bach. In un’altra lunga poesia ricorda tutte le volte e i luoghi in cui ha visto i dipinti di Vermeer e a che punto era nella sua vita. Corn non è un poeta confessionale. Le sue poesie suggeriscono che i momenti più dolorosi della sua vita giunsero quando le sue relazioni coniugali o di coppia ebbero fine, ma le tracce di quelle ferite profonde sono poche e indirette, senza mai smarrirsi in teatrini confessionali. Nella poesia “Il mantello dell’invisibilità”, il poeta si lamenta di aver dedicato la propria vita allo studio, così generico da lisciviare il suo colore lasciandolo soltanto con “l’albinismo diurno della pagina”. Il momento in cui si avvicina maggiormente all’auto-rivelazione, un’ammissione, è nella grande poesia “E poi vidi”. Vede il proprio cadavere e il modo in cui gli amici lo smembrano, abbandonando solo il cuore. Questa è una poesia che avrebbe potuto scrivere George Herbert. Le sue poesie sovente parlano di eventi storici: per esempio, i turbamenti causati dall’11 settembre in America. Alfred Corn è un poeta infinitamente attento al mondo naturale: è lo Chardin della poesia. Come il cesto di pesche o la ciotola di fragole di Chardin, ci meravigliamo per la verosimiglianza, ma riconosciamo all’istante chi ha visto queste cose in questo modo.

(Edmund White)

In copertina: «L’Astronomo» (particolare), dipinto a olio su tela (50×45 cm) di Jan Vermeer

datato 1668 e conservato nel Museo del Louvre di Parigi

INFO LINK

https://iqdbcasaeditrice.blogspot.com/2024/05/tutto-cio-che-e-poesie-scelte-da-i.html

VALLE DELLA TERRA PROMESSA, GIUGNO ’73

Al crepuscolo, il lago è meno lago,

ma è di più, con riflesso aggiunto, così

questa chiazza gigante d’inchiostro sul suo lato,

una zona di pini e abeti neri brulicante

nella piega oscura del mondo rivelato.

Interpreta questa simmetria caduta,

scruta quest’acqua e queste luci d’acqua,

e segui un ghirigoro d’oro verso

la lanterna, la barca ipotizzata, le voci

che schizzano nel cielo fino a dove siamo.

Stai svanendo, e così io,

mentre tutto cede colore,

ammutolendo alla visione.

Il buio sorge e inonda il cielo, e il silenzio

ci chiama per nome alla barca postulante.

Chi, nello specchio nero, echeggia chi?

Gli enigmi, qui sul ciglio, son risposte.

E pure, un terso appello immaginiamo, un brillio di verbo

ch’il sentiero infiamma . . .

noi stessi che nel cielo ci spostiamo.

Alfred Corn ha pubblicato undici libri di poesia, due romanzi e tre raccolte di saggi critici. Ha ricevuto la borsa di studio Guggenheim, il NEA, un premio in letteratura dall’ Academy of Arts and Letters, e uno dall’Academy of American Poets. Ha ha insegnato a Yale, Columbia, all’Università di Cincinnati e all’UCLA. Nel 2013 è stato nominato Life Fellow di Clare Hall, Cambridge. Nel 2016, Chamán Ediciones in Spagna ha pubblicato Ronzinante, una selezione delle sue opere in traduzione spagnola, la stessa traduzione che esce, l’anno seguente, in Messico col titolo Antonio en el desierto. Ha pubblicato traduzioni da greco classico, latino, francese, tedesco, italiano, russo, cinese e spagnolo. Anche le sue poesie sono state tradotte in italiano, francese, tedesco e turco. Nell’ottobre del 2016, Roads Taken, una celebrazione del 40° anniversario del primo libro di Alfred Corn, All Roads at Once, ha avuto luogo alla Poets House di New York City, e nel 2017 è stato inserito nella Georgia Writers Hall of Fame. Lo scorso anno ha pubblicato una nuova versione delle Elegie duinesi di Rilke. Vive a Providence, Rhode Island.

Edmund White, è nato a Cincinnati (Ohio) il 13 gennaio 1940, intellettuale “organico” del movimento GLBT, artista di successo, White congiunge cultura e poliedrica creatività alle lotte per i diritti civili. Fondamentale la sua tetralogia autobiografica, in cui White ripercorre mezzo secolo di storia a partire dalla scoperta della sua vocazione per la scrittura: ci ha fatto percorrere mezzo secolo di storia, iniziata con la scoperta: “Scrivere è come salvare un bambino che sta annegando”.

In tutti i suoi libri, White ha narrato magistralmente la solitudine e la commistione, l’amore e la morte che hanno segnato la comunità con la perdita di amici, e l’autore stesso con quella del compagno.

La tetralogia (1400 pagine) è stata tradotta da Sandro Melani, tra il 1990 (Un giovane americano) e il 2001 (L’uomo sposato). Impegnato nelle battaglie politiche per la dignità GLBT, White fu tra i fondatori della Gay & Lesbian Health Crisis nel Village: durante gli anni della presidenza Reagan Dal 1984, per quindici anni, ha vissuto a Parigi collaborando con Daniel Defer (compagno di Michel Foucault) per organizzare il primo gruppo di lotta contro l’AIDS. Autore prolifico, molto tradotto, nel 2018 ha ricevuto il Pen Literary Award.

Andrea Sirotti, è insegnante, traduttore e anglista. Al presente, insegna presso il liceo Machiavelli di Firenze. Dal 1999 traduce per l’editoria, soprattutto poesia e narrativa postcoloniale. Tra le poetesse tradotte (o co-tradotte) figurano Jane Hirshfield, Margaret Atwood, Carol Ann Duffy, Eavan Boland e Emily Dickinson. Ha anche collaborato con Einaudi, Rizzoli, Il Saggiatore e altri editori, traducendo narratori e saggisti come Chimamanda N. Adichie, Hisham Matar, Alexis Wright, Hari Kunzru, Lloyd Jones e Brian Dillon. Per Giunti ha curato le introduzioni al Gitanjali di Tagore e alle opere poetiche di Oscar Wilde. Curatore e co-curatore di antologie poetiche, ha al suo attivo: L’India dell’anima, antologia di poesia femminile indiana contemporanea in lingua inglese (Le Lettere, Firenze 2000, [seconda edizione, 2006]); Men/Uomini, ritratti maschili nella poesia femminile contemporanea, con Giorgia Sensi (Le Lettere, Firenze 2004) e Gatti come Angeli, antologia di poesia erotica femminile in lingua inglese, con Loredana Magazzeni (Medusa, Milano 2006).

Angela D’Ambra è laureata in Lingue e Letterature Straniere (Università di Firenze). Dal 2010 traduce poesia postcoloniale in lingua inglese. Le sue traduzioni sono apparse su riviste online e cartacee. Fra il 2019 e il 2023, ha tradotto dall’inglese undici libri di poesia, due romanzi brevi di Peter Cowlam, un saggio sulla teoria della traduzione poetica di Michael Palma, il romanzo lungo Re Ezra di MG Stephens.

Category: Cultura, Libri

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