SE IL ‘NATALE IN CASA CUPIELLO’ RIFATTO DA VINCENZO SALEMME DIVENTA “attualmente rilevante” SU FACEBOOK. SUL CASO SOCIAL DEL GIORNO, leccecronaca.it HA INTERPELLATO TRE ATTORI SALENTINI
(g.p.) ________ E’ andata in onda ieri sera su Rai 2 in prima serata una rappresentazione teatrale, ripresa in diretta, dall’auditorium Domenico Scarlatti di Napoli, per di più più o meno in ‘prima serata’ e su una rete rilevante, il che è già di per sé una cosa degna di nota. Si trattava di un classico del nostro teatro contemporaneo, il “Natale in casa Cupiello” di Eduardo De Filippo, nell’interpretazione e per la regia di uno degli attori brillanti più affermati, che soprattutto il pubblico del cinema ben conosce, quale Vincenzo Salemme. Ma non è questa la cosa degna di nota.
La cosa degna di nota è che oggi in tantissimi su Facebook – dove c’è sempre un argomento rilevante che diventa spia del comune sentire – parlano di questo, nei loro post: di De Filippo rivisitato da Salemme, il che mi sembra un fatto straordinario.
Certo, molti dei tantissimi lo fanno nello stile dei social, vale a dire da tuttologi, per l’occasione imprestati alla critica teatrale, con toni accesi, poi, e in modo manicheo, col risultato di ‘dibattere’ come farebbero due opposte e contrapposte tifoserie calcistiche. Va bene così, però: se diventa popolare un argomento culturale, è sempre meglio delle vuote dispute quotidiane su Giorgia Meloni, o su Elly Schlein, sul menù del pranzo, o sui parcheggi.
Ce n’era quanto bastava, insomma, per far scattare la curiosità.
Questa sera leccecronaca.it ha interpellato al riguardo tre attori di teatro professionisti qui nel nostro Salento.
Vediamo come è andata.
Il primo, vuol mantenere l’anonimato: avrà le sue ragioni, e noi le rispettiamo. De Filippo rifatto da Salemme non gli è piaciuto. “E’ chiaro, ogni regista di un testo teatrale può fare quello che crede, se ne assume la responsabilità di metterlo in scena. Detto questo, De Filippo non è il teatro di Salemme, voglio dire non è quello a lui congeniale, e la rappresentazione ne ha risentito. Mi è venuta meno l’atmosfera famigliare presente nel testo originario, rispetto a quello non c’erano le vere e proprie ‘maschere’ dei personaggi creati nell’occasione dall’autore, non c’erano le espressioni interpretative, e non c’erano tante altre cose ancora”.
Insomma, è un no. E del teatro passato in televisione, cosa pensa?
“Il teatro in televisione non è teatro, il teatro si vive in teatro”.
Ok, breve, conciso e compendioso: chiarissimo.
E’ un ‘ni’, invece, quello di Alfredo Traversa.
“A mio modo di intendere, Salemme ha cercato di essere fedele, a modo suo, ovvio, a De Filippo. Si è caricato sulle spalle la responsabilità di misurarsi con un mostro sacro e si è ispirato ai tempi e ai modi di quello. Meglio avrebbe fatto a spingere di più l’acceleratore su una sua personale rivisitazione del testo”.
E del teatro passato in televisione, lei che ne pensa?
“Il teatro in televisione va bene, se è in diretta. Non registrato. La diretta lascia margini anche agli errori, o alla casualità del momento, però lo rende in maniera viva e palpabile”.
E un no, pure deciso, quello di Jenny Ribezzo.
“Inadeguato. Salemme è venuto meno nell’interpretazione come nella regia. Pure nella scelta degli altri interpreti, nei quali ho visto tanta approssimazione amatoriale. Finanche nella scenografia: ieri sera c’era un copriletto di lusso, insomma un capo di valore, che in quella casa era assolutamente fuori posto, come tante altre cose.
E poi, in ogni caso ‘Natale in casa Cupiello’ è un testo in cui risalta il dramma della povertà, la sofferenza, finanche la disperazione: tutte cose completamente assenti nella versione di Salemme. Non ho sentito freddo di Concetta, la moglie di Luca Cupiello…”
E sulla decisione della diretta televisiva, Lei che ne pensa?
“E’ stata un’opportunità meritoria. Diamo il merito alla Rai, di avercela offerta, questa opportunità. Il teatro ha bisogno di essere conosciuto da chi non lo conosce, soprattutto i giovani, di essere frequentato da chi abitualmente non lo frequenta”.
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Innanzitutto grazie al direttore per aver parlato ed interpellato sull’argomento “Teatro in Televisione”. Sarebbe un SIIII, ci fossero ancora registi e attori di un tempo: Tieri, Lojodice, Lai, Ferrati, Valeri, Pagliai, Volpe, Zoppelli, Lupo, Ferro, Baseggio, Vannucchi, eccetera, eccetera… Ma, quelli rimasti sono pochi e, giustamente, lavorano solo in teatro. L’ atmosfera del Natale napoletano, per chi ha visto Eduardo con Pupella Maggio, Luca De Filippo, Pietro De Vico, Enzo Cannavale… è irripetibile. GRANDE DE FILIPPO conosciuto E RECITATO ovunque, nel mondo, alla stregua di Shakespeare, soprattutto per Filumena Marturano. Con Salemme?? non ci sono paragoni.
Salemme ha portato ai tempi nostri quest’opera teatrale privandola di quella vena di poesia amara, ironica e sarcastica di cui era intrisa, di quegli spunti di riflessione sulle dinamiche familiari sulla morale approssimativa di Nennillo contrapposta all’etica tradizionale di Luca e dello zio Pasqualino. Salemme ha trasferito tutto sul piano della superficialità che è la cifra stilistica di questi nostri tempi moderni calcando la mano su una comicità fine a sé stessa (del resto lui è un comico da cinepanettoni e teatrante da vaudeville). Nulla a che vedere (anche sostituendo l’italiano al napoletano che è lingua di autenticità) con i messaggi dell’Autore.Se De Filippo privilegiava un’indagine psicologica profonda e sotterranea, Salemme si concentra maggiormente sulla componente comica, enfatizzando gli aspetti farseschi e semplificando le dinamiche psicologiche. Questo spostamento di focus, se da una parte rende l’opera più accessibile a un pubblico ampio, dall’altra induce una parziale perdita di profondità emotiva. L’intervento registico di Salemme contribuisce a creare una rappresentazione più dinamica e visivamente coinvolgente, ma si traduce anche in una parziale appiattimento delle sfumature interpersonali che caratterizzano il lavoro di De Filippo. La scena in cui Luca Cupiello si confronta con la moglie, dopo aver scoperto il regalo dell’albero di Natale, ne è un esempio lampante: mentre De Filippo enfatizza la disperazione psicologica del personaggio, Salemme riduce la scena a una serie di gag, in cui la reazione esagerata di Luca sovrasta la sua vulnerabilità, trasformandolo in una figura più caricaturale che tragica. Questo cambio di registro, se da un lato facilita la risata, dall’altro sacrifica la drammaticità e la profondità del personaggio.
Salemme resta attore da teatro di vaudeville e da cine panettoni
Salemme ha portato ai tempi nostri quest’opera teatrale privandola di quella vena di poesia amara, ironica e sarcastica di cui era intrisa, di quegli spunti di riflessione sulle dinamiche familiari sulla morale approssimativa di Nennillo contrapposta all’etica tradizionale di Luca e dello zio Pasqualino. Salemme ha trasferito tutto sul piano della superficialità che è la cifra stilistica di questi nostri tempi moderni calcando la mano su una comicità fine a sé stessa (del resto lui è un comico da cinepanettoni e teatrante da vaudeville). Nulla a che vedere (anche sostituendo l’italiano al napoletano che è lingua di autenticità) con i messaggi dell’Autore. Se De Filippo privilegiava un’indagine psicologica profonda e sotterranea, Salemme si concentra maggiormente sulla componente comica, enfatizzando gli aspetti farseschi e semplificando le dinamiche psicologiche. Questo spostamento di focus, se da una parte rende l’opera più accessibile a un pubblico ampio, dall’altra induce una parziale perdita di profondità emotiva. L’intervento registico di Salemme contribuisce a creare una rappresentazione più dinamica e visivamente coinvolgente, ma si traduce anche in una parziale appiattimento delle sfumature interpersonali che caratterizzano il lavoro di De Filippo. La scena in cui Luca Cupiello si confronta con la moglie, dopo aver scoperto il regalo dell’albero di Natale, ne è un esempio lampante: mentre De Filippo enfatizza la disperazione psicologica del personaggio, Salemme riduce la scena a una serie di gag, in cui la reazione esagerata di Luca sovrasta la sua vulnerabilità, trasformandolo in una figura più caricaturale che tragica. Questo cambio di registro, se da un lato facilita la risata, dall’altro sacrifica la drammaticità e la profondità del personaggio.
Come al solito ci si lascia andare a paragoni “imparagonabili”.
Eduardo è Eduardo e Salemne è Salemme e ha fatto Salemme co un testo di Eduardo (scusate il bisticcio di parole).
Vincenzo ha tenuto a dire egli stesso che ha portato in scena il “suo” Luca e quindi può piacere o no, ma evitiamo di fare paragoni e dietrologia. Va il merito di essersi messo in gioco, con tutti i rischi, e di aver contribuito con la RAI a far conoscere, soprattutto ai giovani, una pagina importante di teatro, nel deserto imperante di una TV cialtrona e volgare.