“Non sono solo, ma non spegnete i riflettori”. A leccecronaca.it IL PARROCO DI ALLISTE DON DARIO DONATEO RACCONTA IL SUO IMPEGNO PER SALVARE I GIOVANI DAL FLAGELLO DELLA DROGA E FA APPELLO ALLA COSCIENZA SOCIALE DI TUTTI

| 3 Marzo 2025 | 0 Comments

di Giovanni Gemma _______

Don Dario Donateo, 36 anni, parroco della Trasfigurazione di Gesù Cristo ad Alliste da quasi sei anni, è salito agli onori delle cronache salentine per la vicenda di cui ci eravamo occupati qui. Abbiamo avuto l’opportunità di intervistarlo, un mese dopo, a mente lucida – non solo sul singolo evento. Ringraziandolo, e augurandogli il meglio per la sua «battaglia non violenta», possiamo dire che ne è uscito un racconto vivido ma carico di speranza.

Don Dario, Lei ha sempre mostrato un certo attivismo sociale nella sua comunità – ma la stampa locale lo ha messo nelle cronache un mese fa, a inizio febbraio, per la triste vicenda del suo compaesano Luca, giovane vittima di droga, su cui ha pubblicato un post su Facebook. Dal suo punto di vista, è riuscito a risvegliare qualche coscienza?

Credo di poter dire di sì, perché a partire dalla fiaccolata (organizzata qualche giorno dopo, ndr) tante persone sono venute a complimentarsi – ma, quel che è più importante – tre madri sono venute a chiedermi aiuto per i propri figli. Con qualcuno stiamo già riuscendo a smuovere le acque: due dei nostri ragazzi assuntori di sostanze sono in trattative per entrare in una comunità di recupero. Sono momenti importanti anche per una presa di coscienza; in quei giorni è stato l’argomento di cui più s’è parlato, dall’attesa delle mamme fuori la scuola agli anziani in piazza.

Quindi Lei riceve spesso lamentele da parte dei parrocchiani sulla questione dello spaccio?

Sì, sono lamentele a volte esasperate e a volte celate quando l’argomento prende un po’ il via. Ormai da dieci anni vedo sempre gente disillusa da quel che le istituzioni potrebbero fare. Manca forse una coscienza, per primi devono essere il popolo e la comunità a ribellarsi a questa normalità del male.

La fiaccolata per le strade di Alliste da Lei organizzata (nella foto sotto, ndr) ha raccolto alcune centinaia di persone, compreso don Antonio Coluccia. Ritiene che sia stato un segnale sufficiente per la cittadinanza?

Credo sia sufficiente nella misura in cui non resti l’unico. Se una scintilla è sufficiente per avviare un incendio, è perché la scintilla muore ed è l’incendio che rimane e viene alimentato nella maniera giusta. Da quella fiaccolata son seguiti vari incontri di presa di coscienza all’interno della nostra parrocchia, e anche di dialogo con le istituzioni – il comune, la scuola. Giovedì prossimo faremo un incontro pubblico in cui la parrocchia si esporrà, proponendo la nascita di un sostegno allo studio per i ragazzi più in difficoltà – tutto ovviamente gratuito e con dei laboratori. Da lì in poi spero che vari volontari delle associazioni e semplici cittadini possano unirsi a noi in questa silenziosa battaglia non violenta.

Ha ammesso che il suo compaesano voleva uscire dal tunnel della dipendenza. Secondo Lei, ci sono reti istituzionali che non hanno funzionato abbastanza?

Non spetta a me fare un’analisi sociologica di quanto succede. Sicuramente si può sempre fare di più; Luca aveva già usufruito del servizio di alcune comunità per liberarsi dalle dipendenze. Ogni storia è a sé, ogni storia ha una complessità che non è facilmente riassumibile in un dito puntato contro. Qui, giù in Puglia, nel Salento, si fa tanta fatica a stare dietro ai molti casi di dipendenza. Ci dev’essere anche una rete fatta anche di altre associazioni, delle nostre parrocchie – del desiderio di una vita piena. Sì, ci sono delle carenze ma possono essere migliorate con l’aiuto di tutti.

Il messaggio che vuole mandare a chi è rivolto di più: alle persone che tollerano o a quelle che portano avanti lo spaccio?

Credo che quelle che portano avanti lo spaccio di sostanze non abbiano orecchie per udire quello che sta succedendo. Continueranno, perché anche le forze dell’ordine – con le quali mi sono messo subito in contatto dopo che è scoppiato questo caso – mi hanno detto che per lo spaccio ci possono pensare loro, ma quello su cui non riescono ad agire è la richiesta di sostanza. Su quest’ultima abbiamo più presa noi come associazioni popolari: quindi, il nostro compito è quello dell’antimafia sociale. Direi allora che il messaggio era rivolto più alle persone che fanno finta di non vedere, si girano dall’altra parte o pensano sia un problema degli altri – e anche, in ultima analisi, quelli che spacciano devono sentire un po’ la condanna e l’esigenza di una conversione e di una vita piena pure per loro.

Ha sottolineato, anche grazie alla fiaccolata, l’importanza della comunità. In un altro articolo che la riguarda, leggo che ha voluto offrire con dei compaesani la colazione agli studenti in attesa dell’autobus. Nella sua missione, sta riuscendo a risvegliare il senso civico nella collettività?

In quell’esperienza – che ho mutuato da un altro parroco molto attivo, vicino a noi, e che ringrazio – abbiamo potuto somministrare ai ragazzi delle scuole superiori un piccolo sondaggio anonimo, in cui abbiamo analizzato in maniera un po’ “simpatica” l’ansia come problema sociale e anche il contatto con tossicodipendenti. Abbiamo chiesto se avessero amici che fanno uso di sostanze e la metà, una quindicina di ragazzi, hanno risposto di sì: è un dato allarmante che sia così diffuso. Il desiderio di leggere meglio il proprio territorio e di essere dirimenti, di poter fare delle scelte che lascino un segno sul territorio c’è; non so  se l’ho risvegliato io, però credo si stia risvegliando – e abbiamo bisogno di collaborare tutti.

Ora è il momento dell’unità e della solidarietà, certo. Ma teme, quando questi principi ufficiali si saranno dissolti, di ritrovarsi di nuovo come prima?

Sì, certo, è il timore più grande – altrimenti non saremmo arrivati in questa situazione. Per evitare ciò, dal mio piccolo proverò ad essere un po’ una voce fuori dal coro e devo dire che tantissime persone, credenti e non credenti, mi danno man forte in questo, continuano a chiedermi coerenza e radicalità con quello che ho già vissuto e con quello che sto vivendo alla parrocchia. Io ho paura che si spengano i riflettori e tutto passi in sordina, però posso dire di avere buone speranze affinché ciò non succeda.

Una domanda personale: lei ha paura?

Alcuni giorni. [Ride; ndr.] Dal mio punto di vista, profondamente credente, è un banco di prova della mia fede: quanto mi fido di Dio anche davanti a questo. Poi, dall’altra parte, ci sono anche i consigli delle forze dell’ordine di non espormi e di non renderla una battaglia personale, giustamente. Dev’essere un invito alla coscienza sociale e non una condanna di don Dario ad uno spacciatore o ad un altro: non avrebbe futuro una battaglia del genere, perché mi troverei da solo contro una rete, una struttura. Ogni tanto un po’ di paura c’è, ma poi mi ricordo che non sono solo!

Category: Costume e società, Cronaca, Cultura, Eventi, Politica

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