SALOTTI BUONI, LOGGE MASSONICHE, COMITATI DI AFFARI E RISTORANTI BENE A BASE DI SUSHI: IL SISTEMA LECCE
di Giuseppe Puppo ____________
Pur facendo – sia ben chiaro – i complimenti sinceri dal punto di vista giornalistico ai competitor che hanno anticipato tutta una serie di rivelazioni dettagliate sulle accuse specifiche rivolte dagli inquirenti agli indagati dell’ultima bufera giudiziaria abbattutasi tre giorni fa in città, ecco, io rimango dell’ avviso che i processi e i procedimenti giudiziari si facciano nelle sedi competenti, non sui mass media.
Mi attengo comunque alla raccomandazione data nella risposta ad una precisa domanda di leccecronaca.it dal procuratore generale della Corte d’Appello Ludovico Vaccaro nella conferenza stampa del 28 maggio scorso, che, in merito ai comportamenti dei giornalisti in casi del genere, ha detto di non poter fissare regole, ma di raccomandarsi al rispetto della persona umana e alla presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva.
Per questo tre giorni fa sul nostro/vostro quotidiano abbiamo, ovviamente, riferito, ma solo in linea di massima, di quanto successo, riservandoci di seguirne, sempre ovviamente, gli sviluppi, quando ci saranno e quando saranno di pubblico dominio attraverso gli atti processuali, non attraverso indiscrezioni, intercettazioni e screen shot.
Troppo poco?
No.
Sui giornali si fanno le inchieste giornalistiche e leccecronaca.it le ha sempre fatte.
Sui giornali si fanno le analisi e leccecronaca.it non solo le ha sempre fatte, ma ne vuole fare un’altra adesso, proprio, sia pur in estrema sintesi, sul caso in questione, qualunque ne siano gli esiti giudiziari, quale riflessione da condividere con i propri lettori, per affidarla alla loro valutazione.
Eccola.
Negli ultimi decenni e soprattutto negli ultimi anni, a Lecce città si è consolidato un “blocco di potere” che in maniera occulta comanda in città a proprio uso e consumo, un vero e proprio sistema. Sono i salotti bene, le logge massoniche, i politici di lungo corso, i signori delle mille preferenze, i costruttori cementificatori, i faccendieri apocalittici e i professionisti integrati.
Un sistema chiuso, di favori e relazioni, in cui si entra per cooptazione, o per lessico famigliare, che solo così si auto-rigenera e si perpetua da decenni, di cui appare, quando appare, solo la punta dell’iceberg delle cene eleganti, magari con l’insostenibile leggerezza del sushi.
Al di là della destra e della sinistra, i cui confini sonno diventati sempre più talmente labili, da non segnare, delimitare o fissare proprio più niente, come dimostrano abbondantemente le vicende personali di tanti protagonisti politici della storia e dell’attualità di questa città, sempre pronti a saltare da una parte all’altra del proprio schieramento, o direttamente nello schieramento altrui.
La modernizzazione degli ultimi anni ha portato una crescita infelice, ad esclusivo vantaggio del sistema di cui dicevo prima, a suo uso e consumo, sotto l’egida del familismo amorale e del becero trasformismo storico riattualizzato, per cui i profitti di pochi privilegiati crescono, e tutti gli altri, verso cui il divario si allunga a dismisura, rimangono dove sono, alla faccia del bene comune, in una posizione di marginalità e di esclusione evidente.
La città dei salotti buoni, da un lato, e, dall’altro, quella del ceto medio, una volta pieno di decoro e di valori, che invece adesso non c’è più, scivolato come è oltre le soglie della precarietà, se non della vera e propria povertà, con i pensionati, i precari, i sottopagati e sfruttati, e i disoccupati che crescono in maniera esponenziale, quelli che il lavoro non ce l’hanno e anzi nemmeno lo cercano più.
Una modernizzazione in cui la cultura, di cui pure in tanti si riempono la bocca a parole, è sovrattruttura ininfluente, ivi compresa quella dellUniversità, che ha subito anch’essa, negli ultimi anni specialmente, in maniera vorticosa, una vera e propria modificazione strutturale, da luogo della ricerca, del dialogo, della proposta per costruire il futuro, a comitato di affari e foglia di fico delle più disparate e desolanti iniziative promozionali, chiamiamole così.
Continuiamo a fare battaglie di retroguardia, come cercare di far riconoscere il barocco patrimonio dell’Unesco, un’operazione cui ci accingiamo di nuovo adesso con sessant’anni di ritardo, quando avrebbe avuto un senso, mentre non ne ha più nessuno ora, che l’Unesco ha riconosciuto patrimonio dell’umanità praticamente tutto il riconoscibile, invece di cercare il progettare e costruire il futuro.
L’altra verità è che tutti costoro, sebbene ne parlino spesso e a vanvera, la cultura non la amano, se ne vogliono solamente servire, come di tutto il resto, per la visibilità, per la notorietà, per qualche conferenza – stampa in più, per qualche video promozionale da aggiungere, per vanagloria: oltre che per prendere e gestire soldi, da far girare all’interno dei salotti bene e delle logge massoniche che, non vorrei insistere, detengono il potere a Lecce.
Infine, conseguenza di questo tempo sospeso e di questo territorio indistinto, è la mancanza di opposizione identificabile e credibile, effetto collaterale di portata micidiale, dello scambio di ruoli, di favori e di affari, di volta in volta da una parte all’altra _________
Category: Costume e società, Cronaca, Cultura, Politica
Bravo Pino, come sempre.
Ma possiamo ricordare che “l’avevamo sempre saputo”?…