PROVERBIO SALENTINO DI OGGI GIOVEDI’ 11

| 11 Giugno 2015 | 0 Comments

San Barnaba Apostolo. Nato con il nome di Giuseppe, era giudeo di famiglia levitica emigrata a Cipro. Per questa sua discendenza levitica era probabile la sua frequente presenza in Gerusalemme. Si convertì al Cristianesimo poco dopo l’episodio della Pentecoste, vendette tutti i suoi averi e consegnò il ricavato alla Chiesa cristiana appena nata; dopo il battesimo fu rinominato Barnaba, che significa “figlio della consolazione” o “figlio dell’esortazione”. Fu lui, divenuto un membro autorevole della prima comunità cristiana, a farsi garante di Saulo di Tarso, ex-persecutore dei cristiani recentemente convertitosi a Damasco, che verrà chiamato Paolo.

Proverbio salentino del giorno: A LUME TE CANDILA NE FIMMENA NE TILA

Quando un posto è illuminato da un luce fioca come può essere quella di una candela, è bene non acquistare capi di vestiario, ne tantomeno impegnarsi con una donna.
Perchè il giorno dopo alla luce del sole ci potrebbero essere delle amare sorprese.

Questo lo sanno bene tanti giovanotti che la sera rimorchiano in discoteca una fata, e il mattino dopo si svegliano a fianco di una strega.
Non è un caso che le cene romantiche si facciano a lume di candela, una luce che tende a mitigare i difetti e a creare un ambiente magico.

 

Accadde in questo giorno. 

Enrico Berlinguer muore l’11 giugno del 1984. Storico segretario del Partito Comunista Italiano, un partito che all’epoca dipendeva in tutto e per tutto dall’Unione Sovietica.

Sardo di Sassari di origini aristocratiche, figlio dell’avvocato Mario Berlinguer, massone e antifascista.

Enrico crebbe in un ambiente culturalmente assai evoluto (il nonno, suo omonimo, era stato il fondatore del giornale la Nuova Sardegna, ed ebbe occasione di profittare di relazioni familiari e politiche che influenzarono notevolmente la sua ideologia e la carriera politica successiva. Era parente di Francesco Cossiga che fu presidente della Repubblica – ed entrambi erano parenti di Antonio Segni, anch’egli Capo di Stato.

Nel 1944, dopo la caduta del fascismo, il padre lo portò aSalerno luogo in cui la famiglia reale e il governo di Badoglio avevano trovato rifugio dopo l’armistizio di Cassibile fra l’Italia e gli alleati. Nella città campana il padre lo presentò a Palmiro Togliatti, che era stato suo compagno di scuola a Sassari. Berlinguer destò una buona impressione e perciò dapprima fece per qualche mese le esperienze iniziali di funzionario dirigente del lavoro giovanile nella Federazione romana del PCI,  e in seguito, a metà del 1945, fu inviato a Milano, dove collaborò con Luigi Longo  e Giancarlo Paietta, fino alla sua elezione nel Comitato Centrale come “membro candidato” avvenuta al V congresso nazionale.

Nell’estate del 1946 Berlinguer fu il capo della delegazione di quindici elementi appartenenti al Fronte della Gioventù (di cui era segretario) che visitò l’Unione Sovietica, e in quell’occasione fu ricevuto  da Stalin. Allora il viaggio in URSS era considerato un doveroso passaggio per tutti i giovani dirigenti del PCI.

Nel 1956, esaurita non senza amarezza l’esperienza nella FGCI, dovette affrontare le ripercussioni del XX congresso del PCUS, del processo di destalinizzazione, e dell’invasione dell’Ungheria da parte dell’armata Rossa; e all’VIII congresso del PCI scelse una posizione defilata e dimessa, omettendo riferimenti all’URSS e concentrandosi nella  difesa della politica postbellica dei comunisti italiani. Assunta la carica di Segretario Generale nel 1972, guidò il PCI per oltre un decennio, tentò di realizzare il cosiddetto compromesso storico  con la DC di Aldo Moro, naufragato per l’assassinio dello stesso Moro per mano delle Brigate Rosse.

Fautore di un’evoluzione social-democratica indipendente da Mosca del PCI, morì di ictus nel giugno del 1984, durante un comizio a Padova. Ai suoi funerali partecipò il suo avversario storico Giorgio Almirante segretario del Movimento Sociale Italiano, e la cosa all’epoca fece scalpore.
La figlia di Enrico Berlinguer, Bianca è l’attuale direttore del TG3.

 

Eventi Sportivi

Gli Europei di calcio in Italia
La sesta edizione dei Campionati europei di calcio si svolge in Italia dall’undici al ventidue giugno 1980. Sono otto le squadre partecipanti alla fase finale e quattro sono gli stadi coinvolti.

La Nazionale italiana, allenata da Enzo Bearzot, è nel gruppo B e il 12 giugno scende in campo a Milano per affrontare la Spagna ma il risultato finale è a reti inviolate. Indossano la maglia azzurra grandi campioni (ossatura di quella rosa che due anni dopo conquisterà il titolo mondiale) come Dino Zoff, Claudio Gentile, Antonio Cabrini, Gabriele Oriali, Fulvio Collovati, Gaetano Scirea, Franco Causio, Marco Tardelli, Francesco Graziani, Giancarlo Antognoni e Roberto Bettega.

Nel successivo incontro un gol di Tardelli è sufficiente per battere l’Inghilterra. Nel terzo e decisivo incontro del 18 giugno con il Belgio arriva un altro 0-0 che qualifica i diavoli rossi grazie al maggior numero di reti segnate a parità di differenza reti. L’Italia dunque si qualifica per la finale per il terzo posto, a Napoli il 21 giugno, contro la Cecoslovacchia. Una partita incredibile: dopo l’1 a 1 finale si passa ai rigori e il nono rigorista azzurro, Fulvio Collovati, sbaglia, il cecoslovacco Bamos no e l’Italia è quarta.

Nella finalissima di Roma del 22 giugno, la Germania Ovest s’impone per 2 a 1 sul Belgio e diventa Campione d’Europa.

Category: Cultura

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