[#P] Una studentessa ci spiega le ragioni dello sciopero

| 20 Novembre 2012 | 0 Comments

Chi pensava che quella del 21 ottobre si sarebbe ridotta ad una semplice manifestazione sporadica dovrà ricredersi.
Ancora una volta e più agguerriti che mai, gli studenti di tutte le scuole sono scesi in piazza per dire NO alla “spending review” (la revisione della spesa).
Troppe le conseguenze negative di questo provvedimento: ventiquattro mila esuberi nella Pubblica Amministrazione, la chiusura di milleseicento uffici dello Stato, il blocco dei contratti per quattro anni e, soprattutto, trentadue mila posti letto in meno e centoventi piccoli ospedali a rischio.

Mentre il corte si spostava da Porta Napoli a Piazza Sant’Oronzo, ogni studente ha potuto esprimere il proprio dissenso nei confronti di una politica ingiusta la cui austerità colpisce soprattutto il mondo della scuola.
L’approvazione del disegno di legge “Aprea” porterebbe alla privazione di quei diritti per i quali i nostri studenti sessantottini tanto hanno lottato: dal diritto di assemblea per gli studenti, alla libertà d’insegnamento.
Con l’abrogazione di alcuni fondamentali articoli del decreto legislativo del 1994, infatti, cesseranno di avere efficacia tutte quelle disposizioni che hanno reso la scuola realmente collegiale e democratica non dando più , di conseguenza, la possibilità agli studenti ed ai genitori di svolgere un ruolo attivo nel consiglio d’istituto.
Ma ciò che sconvolge maggiormente è il carattere aziendale che si vuole attribuire alla scuola italiana. Saranno i singoli istituti a concorrere alla formazione anche del bilancio dello Stato, attraverso un’autonomia finanziaria e di bilancio.

Questa seconda manifestazione a carattere nazionale sottolinea il malcontento che il popolo italiano esprime verso un governo che sarebbe dovuto essere “provvisorio” in quanto non eletto e, quindi, in contrasto con i principi di democrazia al centro della Costituzione.
Un governo la cui politica ha impoverito le tasche, già vuote, del cittadino italiano incrementando, invece, quelle delle grandi aziende.
Ed è sconcertante vedere come i media nazionali ignorino tutto ciò. Solo brevi servizi, in cui ciò che si mette in risalto non è il malcontento degli indignatos italiani, ma soltanto il numero di carabinieri rimasti feriti durante gli scontri.
Che sia una strategia politica o meno, l’unica certezza è il tentativo di sminuire in ogni modo la reale portata delle manifestazioni riducendole, quasi sempre, a semplici fenomeni di fanatismo politico.
Questa volta, ahimè, la situazione è ben più grave di quella dipinta dai media. Il popolo è esausto, non sopporta più l’attività del Tallone di ferro che governa lo Stato.
I giovani hanno voglia di farsi sentire, superando ogni censura, dimostrando in tutti i modi il dissenso.
Il colore della bandiera, questa volta, non conta: la crisi colpisce tutti e senza esclusioni di colpi. Per questo – tra i vari schieramenti ideologici- è essenziale la coesione, unica àncora di salvezza per una nave ormai naufragata nella tempesta della crisi.

Mariangela Rosato
Il Sottobanco
Rubrica a cura di Rachele Caracciolo

Category: Costume e società

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