Trivellazioni offshore nel Mare Adriatico

| 11 Marzo 2015 | 0 Comments

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.____
Finalmente il governo italiano ha avviato le consultazioni con la Croazia sulle trivellazioni off shore nel mar Adriatico. Le proteste degli ambientalisti e del M5s hanno aperto gli occhi al ministro dell’Ambiente italiano Galletti e lo hanno spinto a chiedere e a ottenere la possibilità di partecipare alla Valutazione ambientale strategica (Vas) transfrontaliera italo-croata sul Piano delle estrazioni di Zagabria per lo sfruttamento di gas e petrolio nei giacimenti davanti le sue coste. Le osservazioni del governo e delle regioni adriatiche italiane potranno essere sottoposte al governo croato entro il 20 aprile prossimo.

 

Tutto questo però non basta, tant’è che il portavoce eurodeputato Pier Ped ed altri 5 portavoce del M5s hanno presentato un’interr alla Comm europ per chiedere che faccia rispettare alla Croazia tre direttive comunitarie internazionali del 2001, del 2011 e del 2013 in tema di tutela degli ecosistemi marini.

La Croazia – è scritto nell’interr – ha avviato nelle scorse settimane un piano di sfruttamento dei fondali marini nel novanta per cento del mare Adriatico di sua pertinenza. Tre dei ventinove permessi di ricerca fino ad ora rilasciati distano a pochi chilometri dall’area Natura 2000 “Isole Tremiti” e dall’area Natura “Trezze San Pietro Bordelli” sito marino di interesse europeo. Le procedure per l’assegnazione dei diritti di ricerca – viene evidenziato dai portavoce del M5s Europa – sono state espletate nonostante la valutazione ambientale strategica (Vas) non si sia ancora conclusa e disattendendo la Convenzione di Espoo applicata ai contesti transforalieri. Inoltre, la mancata previsione di restrizioni e prescrizioni limitative all’attivitá di ricerca d’idrocarburi, oltre alla violazione del principio della precauzione contrastano col protocollo offshore della Convenzione di Barcellona.

Ora,

 

-Vista la Decisione 2013/5/UE;

-Vista la Direttiva 2001/42/CE;

-Vista la Direttiva 2011/92/UE;

 

 

Come intende la Commissione tutelare gli ecosistemi del mare Adriatico nel rispetto della normativa comunitaria ed internazionale?

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La Repubblica di Croazia ha avviato nelle scorse settimane un piano di sfruttamento dei fondali marini nella parte del mare Adriatico di sua pertinenza, interessando il 90% della superficie di questo mare. Tre dei ventinove permessi di ricerca fino ad ora rilasciati  distano pochi km dall’area Natura 2000 IT 911001 Isole Tremiti (SCI), IT 9110040 isole Tremiti (SPA) e dalla zona Natura 330009 “Trezze San Pietro Bordelli” sito marino di interesse europeo. Le procedure per l’assegnazione dei diritti di ricerca sono state espletate nonostante la valutazione ambientale strategica (VAS) non si sia ancora conclusa, e disattendendo la Convenzione di Espoo dell’UN/ECE applicata ai contesti transforalieri. Inoltre la mancata previsione di restrizioni e prescrizioni limitative all’attivitá di ricerca d’idrocarburi, oltre alla violazione del principio della precauzione contrastano col protocollo offshore della Convenzione di Barcellona.

 

-Vista la Decisione 2013/5/UE;

-Vista la Direttiva 2001/42/CE;

-Vista la Direttiva 2011/92/UE;

 

 

Come intende la Commissione tutelare gli ecosistemi del mare Adriatico nel rispetto della normativa comunitaria ed internazionale?

 

 

 

 

 

ANCHE IL MAR ADRIATICO SARÀ DEVASTATO DALLE ESTRAZIONI PETROLIFERE, LA CROAZIA AUTORIZZA DIECI PERMESSI E LA UE TACE. IL COMMISSARIO EUROPEO ALL’AMBIENTE VELLA RISPONDE ALL’EURODEPUTATO PEDICINI

 

“La Commissione europea non può stare in silenzio rispetto ai dieci permessi per l’esplorazione di petrolio nel mar Adriatico concessi a novembre scorso dalla Croazia alle compagnie petrolifere. La Commissione deve spiegare cosa sta facendo per salvaguardare, così come prevede la Carta della Ue, il diritto alla salute dei cittadini e il diritto alla tutela ambientale”. Sono due concetti rivolti al commissario europeo all’Ambiente e Pesca Karmenu Vella dal portavoce eurodeputato del M5s Piernicola Pedicini durante la seduta della commissione Ambiente del Parlamento europeo svoltasi martedì scorso a Bruxelles.

“Le licenze concesse dalla Croazia – ha detto Pedicini durante il suo intervento – coinvolgono 40 mila chilometri quadrati di mare chiuso fra sei Paesi: Croazia, Italia, Grecia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro e Slovenia. Si tratta – ha aggiunto il portavoce pentastellato – di una superficie che interessa mezzo mare Adriatico che da sempre costituisce un patrimonio naturale e una fonte di ricchezza per il turismo e per la pesca per oltre 1700 chilometri di costa continentale e circa 4 mila chilometri di coste per le circa 1200 isole. La Commissione europea – ha sottolineato polemicamente Pedicini – deve spiegare ai croati, agli italiani, agli sloveni e ai montenegrini che con le estrazioni petrolifere si comprometterà per sempre tutto questo patrimonio ambientale e turistico. Non si può continuare a pensare – ha aggiunto l’esponente dei 5 Stelle rivolgendosi al commissario Vella che con grande attenzione lo stava ascoltando – che ci sono problemi soltanto quando si verifica un incidente petrolifero. I problemi di inquinamento dovuti alle estrazioni ci sono sempre e comunque e gran parte del mar Adriatico rischia di essere compromesso in modo irreversibile. Quindi – ha concluso Pedicini – chiedo a lei che è commissario all’Ambiente e all’intera Commissione europea cosa state facendo per evitare che tutto questo accada”.

Il commissario maltese Vella senza scomporsi più di tanto ha liquidato la risposta con poche e generiche battute: “C’è una normativa europea che gli Stati membri devono rispettare. Faremo sì che venga rispettata, anche se – ha aggiunto – i singoli Stati hanno il diritto di scegliere autonomamente se autorizzare o meno le esplorazioni petrolifere”.

“Una risposta superficiale e pilatesca – ha commentato Pedicini – che per l’ennesima volta mette in luce l’incapacità o la precisa volontà della Ue di affrontare un’emergenza, anche quando i principi base di importanti normative europee vengono aggirate o non rispettate. Tuttavia, il M5s continuerà a vigilare e ad battersi per evitare che una risorsa naturale straordinaria come il mar Adriatico venga devastata dagli interessi economici delle società petrolifere e di governi irresponsabili che vogliono fare cassa attraverso le royalties”.

 

PIERNICOLA PEDICINI

PORTAVOCE EURODEPUTATO DEL M5S

 

Per contatti stampa: cell. 3920460174

Trivellazioni di petrolio nell’Adriatico: la Croazia dice si’ alle consultazioni con l’Italia

 

Creato 05 Marzo 2015

 

Zagabria dice sì. Il Governo croato ha avviato le consultazioni con l’Italia sulle trivellazioni off shore nell’Adriatico. Una vicenda spinosa e che ci riguardava direttamente viste le conseguenze che le attività petrolifere della Croazia potrebbero avere anche per il nostro paese.

La Croazia dunque ha accolto la richiesta del ministero dell’Ambiente delle consultazioni transfrontaliere sul piano di trivellazioni in mare. La Valutazione Ambientale Strategica (VAS) italo-croata si farà e sarà relativa a dieci zone, una in Alto Adriatico e 9 nel Medio e Basso Adriatico, per la ricerca e lo sfruttamento di idrocarburi offshore da parte del Governo croato.

L’Italiaspiega il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti – ha una legislazione molto rigorosa sul tema delle trivellazioni, orientata prima di tutto alla massima sicurezza ambientale. Essere pienamente a conoscenza di quel che si verifica a poca distanza dalle nostre coste, a maggior ragione perché che si tratta di interventi energetici con un potenziale impatto ambientale, era per noi un passaggio irrinunciabile. Ed è anche un modo per rispondere a chi in questi mesi aveva temuto che l’Italia fosse semplice spettatrice di ciò che accade nell’Adriatico.

Che significa? Facciamo un passo indietro. La Croazia da tempo ha messo gli occhi sull’oro nero nascosto in fondo al mare. Poco meno di un anno fa, il ministro degli Esteri Ivan Vrdoliar aveva rivelato che sotto 12mila chilometri quadrati di mare croato, divisi in 29 concessioni, erano presenti 3 miliardi di barili di petrolio. Senza nascondersi dietro a un dito aveva fatto sapere che il paese avrebbe cercato di diventare “una piccola Norvegia di gas a nord e di petrolio a sud” attraverso il “Piano e Programma Quadro di ricerca e produzione degli idrocarburi nell’Adriatico”.

Quest’ultimo prevede la suddivisione del 90 per cento della superficie marina adriatica croata in 29 “blocchi”, di ampiezza variabile tra i 1.000 e i 1.600 chilometri quadrati. Le prime procedure per l’assegnazione dei diritti di ricerca in questa aree sono già state espletate – ancor prima della conclusione della Valutazione Ambientale Strategica (VAS) – con l’assegnazione di 10 concessioni a 5 compagnie, tra cui l’italiana ENI.

Che tradotto in parole semplici significa: corsa al petrolio, in barba a tutto il resto, all’inquinamento e ai danni alla fauna marina.

Una sfida lanciata all’Italia, che avrebbe dovuto fare i conti con lo sfruttamento selvaggio del Mare Adriatico senza avere voce in capitolo. Senza contare che la minaccia delle trivellazioni croate a due passi da noi aveva offerto un ulteriore motivo a coloro che erano favorevoli al petrolio: perché dunque evitare di trivellare i nostri mari se i paesi confinanti lo facevano? Un po’ come accade col nucleare visto che vietare l’atomo nel nostro paese ha senso solo in parte se a pochi chilometri dai confini le centrali funzionano a pieno regime.

Il nostro paese aveva il diritto di essere consultato e incluso nella Valutazione Ambientale Strategica riguardante i piani di sfruttamento dei giacimenti di gas e petrolio nell’Adriatico croato. E la decisione è arrivata sul tavolo del Ministro dell’Ambiente il 26 febbraio scorso. Il ministero ha già informato le Regioni interessate, ovvero Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Molise e Puglia, dell’avvio della consultazione. Esse avranno dunque la possibilità di trasmettere entro il 20 aprile le osservazioni sul Piano, che verranno insieme a quelle del ministero, saranno inviate il 4 maggio alla Croazia.

Per il WWF, “oggi è un giorno importante per la tutela del Mare Adriatico che dimostra come i confini e le competenze statuali possono e devono essere superate positivamente quando si tratta della tutela degli ecosistemi marini e costieri.

Dal canto suo, Greenpeace aveva invitato il Ministero dell’ambiente, quello degli Esteri e quello dello Sviluppo economico ad agire, attraverso una lettera rivola a Gentiloni: “La Croazia intende trivellare la quasi totalità dei suoi mari, non risulta infatti un limite ai pozzi e alle piattaforme previste. Nell’ambito di queste operazioni, non vengono considerati gli effetti transfrontalieri, così come sono ignorate misure di tutela per aree cruciali per la riproduzione di specie ittiche di importanza commerciale anche per la flotta peschereccia italiana. Ugualmente appaiono trascurati gli impatti sul turismo. Alcune trivellazioni potrebbero inoltre essere realizzate su fondali profondissimi, oltre i mille metri. Le attività di estrazione classificate come “ultra deep drilling” sono particolarmente rischiose: la tragedia della Deep Water Horizon nel Golfo del Messico, in tal senso, dovrebbe indurre a non correre mai più rischi di quel genere.”

Non solo Croazia. Se quella di avere ottenuto la consultazione è una conquista, dall’altra parte il nostro paese deve vedersela con se stesso. Di recente, lo Sblocca Italia ha strizzato l’occhio alle trivelle stabilendo che il Ministero dello Sviluppo Economico con proprio decreto, sentito il Ministero dell’Ambiente, “predispone un piano delle aree” senza però che sia specificato l’obbligo della VAS.

Per questo il WWF ha sollecitato il Ministro dell’Ambiente a “compiere un passo formale anche nei confronti del Ministero dello Sviluppo Economico per fare chiarezza, anche nel nostro Paese, sulla piena e corretta applicazione della procedura VAS alla pianificazione delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi”. Il discusso art. 38 del decreto Sblocca Italia è già stato impugnato di fronte alla Corte Costituzionale da 7 Regioni: Abruzzo, Calabria, Campania, Lombardia, Marche, Puglia e Veneto.

Sulla stessa linea anche Legambiente: “Siamo molto soddisfatti della notizia data dal ministro dell’ambiente GianLuca Galletti sull’avvio della consultazione transfrontaliera sul piano di trivellazioni lanciato da Zagabria nel mare Adriatico”.

Ora chiediamo che la stessa attenzione venga posta anche al mare italiano e al Governo chiediamo un cambio di passo nell’affrontare la questione trivellazioni in mare attivando la procedura di Valutazione ambientale strategica anche per le attività presenti nelle acque territoriali, sicuri di trovare un riscontro positivo nel ministro dell’ambiente, visto l’avvio del percorso riguardante le acque croate”, dichiara Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente.

Oggi sono 72 le richieste in corso presentate per le attività di ricerca e prospezione nei fondali di idrocarburi. Esse interessano un’area marina pari a circa 32mila kmq nel caso della ricerca e 92mila kmq nel caso della prospezione, con decine di piattaforme già attive per l’estrazione di gas e petrolio nei mari Adriatico, Ionio e nel Canale di Sicilia.

Due pesi e due misure?

 

 

Trivelle in Adriatico, dopo proteste Italia chiede “consultazione” con Croazia

 

Dopo le pressioni dei cittadini, degli ambientalisti e del M5s

Il ministero dell’Ambiente ha ottenuto di partecipare alla Valutazione ambientale strategica transfrontaliera sul piano di Zagabria per lo sfruttamento di gas e petrolio nei giacimenti davanti le sue coste. Entro il 17 aprile le regioni devono inviare le proprie osservazioni. Soddisfatti gli ambientalisti

di Elena Veronelli | 8 marzo 2015

Le pressioni ambientaliste hanno fatto breccia nel governo italiano. Dopo l’alzata di scudi contro le trivellazioni che la Croazia vuole fare nel mare Adriatico, l’esecutivo Renzi si è finalmente mosso. Finora accusato di non prendere posizione, il ministero dell’Ambiente ha chiesto e ottenuto di partecipare alla Valutazione ambientale strategica (Vas) transfrontaliera italo-croata sul piano di Zagabria per lo sfruttamento di gas e petrolio nei giacimenti davanti le sue coste. Giacimenti ufficialmente della Croazia ma che si estendono sotto le acque territoriali dell’Italia, con il rischio di ripercussioni ambientali.

Avendo ora accesso agli atti, l’Italia può ora conoscere in dettaglio i programmi del primo ministro Zoran Milanovic e fare le proprie valutazioni. Insomma, anche se con ritardo (i termini per la consultazione dei piani croati erano già scaduti il 16 febbraio scorso) il governo ha dato un colpo di coda. “Essere pienamente a conoscenza di quel che si verifica a poca distanza dalle nostre coste, a maggior ragione perché si tratta di interventi energetici con un potenziale impatto ambientale, era per noi un passaggio irrinunciabile”, spiega il ministro Gian Luca Galletti. Che al tempo stesso ammette di aver agito anche “per rispondere a chi in questi mesi aveva temuto che l’Italia fosse semplice spettatrice di ciò che accade nell’Adriatico”.

Subito dopo il benestare di Zagabria, il ministero ha informato dell’avvio della consultazione le regioni adriatiche interessate. Le ha poi invitate a trasmettere entro il 17 aprile le proprie osservazioni, che verranno acquisite e inoltrate il 4 maggio, assieme a quelle del ministero, alla Croazia. “Così attraverso uno strumento comunitario potremo far valere le nostre giuste ragioni, e questo è davvero un importante risultato”, dice il sottosegretario all’Ambiente Barbara Degani.

Per gli ambientalisti si tratta di una vittoria importante. Secondo il Wwf siamo di fronte a una svolta “importante per la tutela del Mare Adriatico che dimostra come i confini e le competenze statuali possono e devono essere superate positivamente quando si tratta della tutela degli ecosistemi marini e costieri”. Infatti, nota l’associazione, “benché queste zone siano in acque territoriali croate il rischio inquinamento dovuto alle attività di routine e a maggior ragione in caso di incidente può mettere a grave rischio, data la sua conformazione, l’intero bacino dell’Adriatico, avendo più che probabili “impatti significativi” sul sistema marino e costiero italiano”.

Anche per Avaaz, organizzazione no profit internazionale, questo è un “passaggio cruciale per portare a galla anche in ambito internazionale le numerose lacune individuate in Croazia sul progetto”. Nei giorni scorsi i membri italiani di Avaaz avevano lanciato una campagna contro i piano di Zagabria, raccogliendo più di 130mila firme. Successivamente avevano inviato 13mila messaggi scritti direttamente ai ministri coinvolti. “La notizia di oggi è sicuramente un grande passo in avanti e ci dimostra l’importanza della pressione esercitata da entrambi i lati dell’Adriatico”, commenta l’organizzazione.

Ma le battaglie ambientaliste hanno ottenuto un’apertura anche da parte di Zagabria. Milanovic ha infatti annunciato che l’estrazione di gas e petrolio dai fondali dell’Adriatico non comincerà prima che un referendum popolare l’abbia avallata. Il primo ministro croato ha però ricordato che “i più grandi esperti mondiali del settore confermano la reale la possibilità di guadagnare miliardi”. E ha chiesto agli ambientalisti: “Vogliamo veramente perdere una occasione come questa?”.

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CROAZIA. Premier Milanovic, ‘Referendum su estrazione petrolio in Adriatico’

di Giacomo Dolzani –

Il primo ministro croato, Zoran Milanovic, di fronte alle numerose ed intense proteste dei movimenti ambientalisti, ha annunciato ieri che l’estrazione di gas e petrolio dai fondali dell’Adriatico non comincerà prima che un referendum popolare l’abbia avallata.
Molte associazioni hanno infatti ribadito il loro “No”, sia nelle piazze che sui media, allo sfruttamento dei giacimenti offshore che, a loro dire, oltre che un grande rischio ambientale costituirebbero anche un danno per migliaia di operatori del comparto turistico nazionale, i quali sono per la maggior parte attivi nel settore balneare.
Parlando di questi movimenti ambientalisti definendoli una minoranza, ma che detiene comunque il diritto di esprimere le proprie idee, Milanovic ha sostenuto il progetto di sfruttamento varato da Zagabria affermando: “Indiremo un referendum per vedere se estrarremo o no idrocarburi dai fondali dell’Adriatico; abbiamo la conferma dataci dai più grandi esperti mondiali del settore sul fatto che è reale la possibilità di guadagnare miliardi, possiamo perdere un’occasione simile?”.
Il bando per l’esplorazione e la successiva perforazione dei campi petroliferi situati nell’Adriatico è stato indetto dal governo croato nell’aprile dello scorso anno; un team di esperti, nei mesi scorsi, ha scelto alcune delle aziende candidate e, se tutto dovesse andare come previsto nei progetti di Zagabria, a fine marzo dovrebbero essere firmati i primi contratti.

 

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