DISSECCAMENTO DEGLI ULIVI: I CADORNA E LA CAPORETTO DEL SALENTO

| 2 Febbraio 2016 | 0 Comments

di Eleonora Ciminiello______

La – Gazzetta del Popolo – ha pubblicato ieri (11/9) le conclusioni dell’inchiesta su Caporetto. Si accollano le responsabilità a me e ai generali Porro, Capello, Montuori, Bongiovanni, Cavaciocchi e neppure si parla di Badoglio, le cui responsabilità sono gravissime. Fu proprio il suo Corpo d’armata (il 27°) che fu sfondato di fronte a Tolmino, perdendo in un sol giorno tre fortissime linee di difesa e ciò sebbene il giorno prima (23 ottobre) avesse espresso proprio a me la più completa fiducia nella resistenza, confermandomi ciò che già aveva annunciato il 19 ottobre al colonnello Calcagno, da me inviatogli per assumere informazioni sulle condizioni del suo Corpo d’armata e sui suoi bisogni. La rotta di questo Corpo fu quella che determinò la rottura del fronte dell’intero Esercito. E il Badoglio la passa liscia! Qui c’entra evidentemente la massoneria e probabilmente altre influenze, visto gli onori che gli hanno elargito in seguito. E mi pare che basti per ora!”

Così scriveva da Villar Pellice il generale Luigi Cadorna al direttore di ‘Vita Italiana’, arrancando nel 1919 una difesa. Cercava di addossare colpe Cadorna, di spostare l’attenzione: leggendo questa lettera, ho sorriso, pensando ai Cadorna pugliesi che allo stesso modo annaspano, cercando di puntare il dito, nascondersi, giustificarsi dinanzi ad una stampa pronta sempre ad accorrere quando hanno bisogno di qualcuno che dia loro importanza.

Ma tutto ciò è utile a ben poco, perché Caporetto è lì, a ricordare a tutti come la strategia, il dogma, sia stato un completo fallimento. E Caporetto è Trepuzzi.

Sessantaquattro ulivi eradicati per fermare il batterio in un comune lontano da quello che era considerato il focolaio, l’area di Gallipoli, doveva essere secondo la strategia dei generali la carta vincente, l’evidenza scientifica che il loro dogma fosse corretto. Proprio Trepuzzi, invece, rappresenta la grande disfatta, la Caporetto di una scienza che non dimostra, e pur sbagliando, persevera in un dogma che non è scientifico ma scientista, o come sostengono alcuni solo lo strumento per spianare la strada ad un grande progetto economico.

Ma se i generali falliscono, COME HANNO FALLITO, non resta che fare un bilancio. A poco servono le scuse di coloro i quali pur di non essere destituiti cercano giustificazioni, a poco serve dire “E’ vero, la patogenicità non esiste”, a poco è utile ora parlare di “insetti vettori”, di varietà resistenti, la realtà è solo una: i comandanti scesi in campo hanno voluto seguire il loro generale fino in fondo, ne hanno sposato strategie e goduto delle apparenti vittorie, ora spartiscano con lui il peso della disfatta.

Spiegare Caporetto. Questa è l’unica cosa onesta e responsabile che i nostri generali dovrebbero fare: cosa è successo a Trepuzzi? Come si spiega ciò che è avvenuto lì dal punto di vista scientifico? Come si giustifica il taglio di 64 ulivi, azione, che secondo il dogma, avrebbe dovuto fermare “l’epidemia”? Come si giustifica un moltiplicarsi del disseccamento? Secondo la scienza, guardando alla nostra Caporetto le eradicazioni funzionano? Lo chiediamo a Purcell, lo chiediamo all’emerito professore Giovanni Martelli, lo chiediamo a Donato Boscia, lo chiediamo a Maria Saponari, lo chiediamo a Nicola Vito Savino. Perché dopo tre lunghissimi anni di guerra di trincea, di guerra di logoramento, si è preferito produrre morte e distruzione nel paesaggio nonostante le evidenze scientificamente fossero lampanti?

Oggi ci si continua a difendere e a cercare di scalare gli specchi, guardandosi intorno, senza spiegare i perché di tre anni spesi a proseguire una guerra inutile. Ed anzi si fa di più: si suppongono i test su 60 milioni di ulivi per verificare la presenza del patogeno. Ed anche se si facessero, poi a cosa si passerebbe? A tutte le piante autoctone ospiti di xylella? Un bancomat a cielo aperto, un salvadanaio infinito, in virtù del quale è facile identificare precisi interessi e puntuali guadagni.

Anziché spiegare Caporetto si guarda al leccino, se ne osanna la resistenza, si preannuncia una pubblicazione scientifica. Eppure i leccini disseccano, disseccano ovunque al pari delle altre varietà autoctone salentine, ma anche questo i nostri generali sembrano non vederlo, esattamente come vogliono dimenticare ciò che è successo a Trepuzzi.

Ma poniamo il caso che del leccino si riesca a dimostrare la resistenza al batterio xylella, a cosa servirebbe questa ricerca? A cosa se ancora non è dimostrato se xylella fastidiosa sia o meno la causa del disseccamento degli ulivi? A nulla. Questa ricerca sarà solo carta straccia, un altro modo per sperperare denaro e far guadagnare i burattinai della guerra. Anche perché con potature ad hoc e integrazione di microelementi, si potrebbe giungere alla stessa concentrazione del batterio anche sulle varietà “non leccino” tanto castigate. Se il patogeno non è xylella, la ricerca che i generali dovevano portare avanti era quella che puntava alla cause del disseccamento. Caporetto. Era da lì che la scienza doveva partire, anziché scivolare sugli specchi.

E mentre il tribunale, in questo caso il pubblico consapevole, attende risposte su Caporetto, si pensa alla guerra nella sua totalità.

Come fu per la seconda guerra mondiale, utile solo alle grandi fabbriche di produzione di armi, anche questa guerra possiede i suoi burattinai. Speravano, loro, che la guerra fosse infinita, così come i guadagni. Speravano che la fine fosse lontana, proiettata oltre l’orizzonte. Fiumi di finanziamenti dall’UE, rimborsi da milioni di Euro per l’emergenza, progetti internazionali propedeutici rivolti a gruppi chiusi di ricercatori, moneta sonante per le sperimentazioni, le analisi, le procedure. Ed ancora acquisto di terre a pochi euro, produzione massiva di olio buono solo per “tagliare” olio più pregiato, prodotto lontano dal Salento. Perdita di reddito per molti a vantaggio delle tasche di uomini che possono essere contati su una o forse due mani.

Ed invece la fine è giunta, e i generali volente o nolente, dovranno spiegare Caporetto dinanzi ai tribunali. Tutti coloro i quali speravano in un arricchimento, arrancando, sono destinati a nascondersi, perché Caporetto è lì, ed il mondo, scientifico e non, attende che giustizia sia fatta. A Caporetto non si sfugge.

Un nuovo Armando Diaz arriverà a chiudere la guerra in Salento. Con ogni probabilità la prima mossa che il nostro Armando Diaz dovrà mettere in atto è far comprendere la necessità della convivenza con il batterio e il suo spostamento dalla lista emergenziale EPPO 1 a quella della ricerca e della convivenza. La seconda riguarda il territorio: potature, arricchimento del terreno, cura e non distruzione, anche perché una guerra contro la natura resta sempre una guerra persa, da qualsiasi punto di vista la si voglia guardare, e Trepuzzi, la Caporetto del XXI secolo né è la prova, e i generali lo sanno.

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Category: Costume e società, Cronaca, Cultura, Politica

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