CAFE’ BAROCCO / E’ GIUNTA L’ORA DI AFFRONTARE IL “Tàn,Tàn,Tàn”. NELL’ULTIMO SINGOLO DI FRANCESCO FOTI ASCOLTIAMO IL DILEMMA (IR)RISOLVIBILE DELLA “MACCHINA UMANA”
di Annibale Gagliani______
Secondo voi perché l’Italia, inafferrabile perla in un mondo onnivoro, sta raschiando il fondo del barile sociale, nonché ideologico (sourtout)? Chi ha avuto in dote una condizione avatica avanzata, si esprimerà subito con questi termini: “perché non esistono più i Gramsci, Sturzo, De Gasperi e Togliatti”. Poi arriveranno i figli di Woodstock ad alzare la voce, esprimendo che “di veri cantautori non ne nascono più” (vedi i De Andrè, Gaber, Gaetano, Jannacci ecc…).
Eppure fidatevi che non è questa la causa scatenate. L’Italia detiene ancora uno scrigno – chiuso da cento lucchetti – , nel quale il capitale umano è puramente inestimabile, oltre ad essere utile per quel sofferto cambiamento di mentalità che lo Stivale invoca dall’avvento della seconda Repubblica. Evvia! Allora non siamo genericamente stupidi! Siamo solo distratti.
Si dà il caso che a Giarre, in uno spaccato di vita catanese tanto caro al positivo Verga, nascesse, all’incirca trentasette primavere fa, un cantautore, poeta e osservatore della società italica dalla risma qualitativamente invidiabile: Francesco Foti. Cresciuto a latte, agrumi e vinili, portati all’orecchio da una madre d’altri tempi (proprietaria del primo negozio di dischi cittadino), ha scoperto di aver un talento mica male nella narrazione degli autentici sentimenti.
Il suo percorso musicale parte dall’incontro con classici d’antan come Beethoven e Mahler, per poi sfiorare le suggestioni dell’impegnato electronic-rock dei pink Pink Floyd o dell’elettro-pop cangiante dei Depeche Mode. Quando arriva ad ascoltare l’universo impavido di cantautori come De Andrè, Rino Gaetano, Giorgio Gaber, Franco Battiato o Carmen Consoli, il suo destino sembra segnato: raccontare diventa un’esigenza. A indicargli la via saranno scrittori del calibro di Leonardo Sciascia e Luigi Pirandello, ma indubbiamente il suo mentore è Mario Grasso: giornalista, intellettuale e narratore dalle multiforme, con cui Foti pubblicherà due sillogismi di poesia dialettale etnea, intitolati Jettu uci senza vuci (editi da Prova d’Autore) e definiti col beneficio dell’avanguardia Afotismi.
But now, scocca l’ora del Tàn, tàn tàn!
Riascoltate il contenuto multimediale adagiato alla sommità dell’articolo, e ne riparliamo tra quattro minuti terrestri…
Un pezzo di doverosa denuncia intellettuale dei mali che divorano la middle society del ventunesimo secolo. L’espressione onomatopeica “tàn, tàn, tàn” richiama al villaggio globale di Marshall McLuhan, ma rappresenta un’espressione nuova, un neologismo che racchiude rispettivamente quelle bombe battereologiche difese inconsapevolmente da gran parte dell’emisfero: inquinamento, sfruttamento delle risorse ambientali, spersonalizzazione dell’uomo, alienazione e omologazione, strapotere delle multinazionali alimentari o delle lobby farmaceutiche. “Quotato in morte rende più che in vita, è l’economia”, passo emblematico di un testo carico di speranza, poiché se l’opinione pubblica ama definire il disastro giornaliero che ci percuote solo un “tàn, tàn, tàn” – giusto per sminuirne la portata -, affrontarlo di petto e capirne la reale entità, sarebbe quel moto giusto in grado di restituire all’individuo la sua condizione primordiale: essere umano, pensante e sensibile.
Alla nostra domanda conclusiva “l’Italia che vorresti, quella in cui ti svegli con un giorno di sole, guardi dalla finestra e dici – si è questo il mio Paese! – come sarebbe?”, Francesco ci ha risposto con maestrale ardore:
Category: Costume e società, Cultura
I Gramsci e gli Sturzo nel Partito Comunista e nella Democrazia Cristiana vengono solo citati, perché il loro ruolo è stato di secondo piano. Diverso è il discorso per personaggi come Togliatti e come De Gasperi. E se siamo nella merda è proprio grazie a loro. Perché i danni di oggi vengono da lontano. Il primo era al servizio di una potenza nemica, l’Unione Sovietica, un TRADITORE del suo popolo. Tanto è vero che prese la cittadinanza russa rinunciando a quella italiana. De Gasperi poverino, uno che non seppe far di meglio che andare in America col cappello in mano per chiedere la carità agli americani, facendoci diventare una colonia degli Stati Uniti sul piano culturale prima ancora che economico. In quanto poi a cantautori, l’Italia oltre ai Gaber ai De Andrè agli Jannacci, che erano schierati dalla parte di coloro che gestivano le piazze, le università e le case discografiche, ha avuti tanti cantautori bravissimi, sconosciuti ai più perché non hanno leccato il culo al potere. Ed il potere in Italia ha tante facce, perché quando al governo c’era la DC il Partito Comunista non governava ma “comandava” ugualmente.
Gli autori italiani non si leggono perché ai figlocci di De Gasperi e Togliatti è stato insegnato a guardare a est oppure ad ovest comunque a posti e culture lontane dalla nostra terra. E’ così difficile capirlo?