I CONVEGNI DI BARI E ROMA SULLE SEMPRE PIU’ NUMEROSE VITTIME CIVILI DEI CONFLITTI BELLICI IN TUTTO IL MONDO, PER “promuovere la cultura della pace”
di Stefano D’ Almo______
Il primo febbraio è e sarà la giornata nazionale dedicata alle vittime civili dei conflitti nel mondo.
Lo ha deciso il parlamento italiano, su impulso dell’Associazione Nazionale delle Vittime Civili e di Guerra e del Miur, con una legge, la numero 9/2017, allo scopo di conservare la memoria delle vittime inermi delle guerre moderne e promuovere la cultura della pace e il ripudio della guerra.
Cambia il modo e cambia di conseguenza il modo di fare le guerre.
Fino a mezzo secolo fa, erano principalmente gli eserciti a confrontarsi sui campi di battaglia e gli stermini deliberati di civili costituivano deprecabili, quanto drammatiche eccezioni, come Dresda, Coventry ed altre città rase al suolo per ragioni strategiche o semplicemente esercitare pressioni psicologiche (nella foto di Joe O’Donnell: il bambino di Nagasaki e il fratellino morto sulle spalle, dopo lo scoppio della bomba atomica il 9 agosto 1945, ndr).
Oggi è diverso e sempre più spesso sono i civili ad assumere il ruolo di protagonisti sullo scenario bellico: come semplici numeri della ragionieristica contabilità dei danni collaterali, scudi umani o strumenti di pressione politica finalizzati al coinvolgimento delle opinioni pubbliche. E così sono sempre di più le bombe che cadono sulla testa di gente inerme, oppure che esplodono sui mezzi di trasporto o nei locali pubblici, facendo a brandelli persone che hanno la sola colpa di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Nel tentativo di sensibilizzare, soprattutto i giovani, sull’argomento, un convegno, organizzato dall’ANVCG a Bari e in contemporanea a Roma, ha coinvolto giornalisti, rappresentanti delle ONG più significative, storici e scrittori, i quali hanno parlato, davanti a numerosi studenti delle scuole superiori, illustrando gli scopi dell’iniziativa o testimoniando la propria esperienza di operatori o di inviati nei territori in guerra.
Particolare interesse hanno destato nei giovani i filmati proiettati da Nino Fezza, un ex cinereporter RAI che ha documentato diciassette conflitti e realizzato numerosi reportage in zone di crisi, dalla Siria, al Sudan, al Ruanda, al Mozambico. Ne è emerso un quadro impressionante di violenze in cui non solo gli adulti, ma anche i bambini, sono spinti dalla guerra o dalle sue dirette conseguenze, dalla sete e dalla fame, dalle circostanze, dalle violenze subite a loro volta, a diventare crudeli e spietati, apatici e indifferenti di fronte alle sofferenze che infliggono ad altri esseri umani, in un contesto in cui il sangue appare alla fine la sola possibile, inevitabile conseguenza.
Un mondo dove le vite umane valgono meno di una coperta o di un pugno di riso e quasi sempre solo come merce di scambio per i giochi di potere degli immancabili “war lords” di tutti i continenti.
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