LA TESTIMONIANZA / CINQUANT’ ANNI FA IL MAGGIO FRANCESE. ED ECCO COSA SUCCESSE QUANDO QUALCHE MESE DOPO ‘IL SESSANTOTTO’ DA PARIGI ARRIVO’ A LECCE, “dove Nietzsche e Marx si davano la mano”

| 5 Maggio 2018 | 1 Comment

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(g.p.)______Da “Dieci anni dopo. Dal fallimento della contestazione del Sessantotto alla costruzione dell’ alternativa al sistema”, il mio primo (!) libro, oramai introvabile, scritto all’ età di venti anni, Marino Solfanelli Editore, Chieti, 1978, con prefazione di Marco Tarchi.

A pag. 35 e segg., c’ era una testimonianza, raccontatami direttamente da un protagonista leccese di quei giorni, allora a distanza di dieci anni, oggi diventati mezzo secolo, quindi già Storia. All’ epoca scelse di rimanere anonimo. Oggi magari avrà voglia di fare outing ?!? La riporto integralmente.

Omettendone altre, meno significative, però…bellissime. Come quella di un altro allora studente, oggi un altro distinto professionista, che mi raccontò che durante l’ occupazione del ‘Palmieri’, qui di seguito rievocata, egli per dieci giorni di sera, a casa, dopo cena, metteva pantaloni e maglioni ‘strazzati’ di sotto, poi si copriva con il vestito buono, giacca e cravatta, per non dare nell’ occhio ai genitori, e per poter uscire senza destare sospetti,  raccontando che andava ad una festa di una famiglia per bene, e poi, arrivato alla scuola occupata, si toglieva il vestito buono, che poi rimetteva invece poco prima dell’ alba per tornare a casa, e così per dieci giorni di fila… ______

“Il fenomeno della contestazione – che ha risvolti e differenti livelli certo più estesi di quello locale – può essere tuttavi esaminato in maniera interessante anche da quest’ angolo di vista.

Nell’ anno scolastico 1969-1970 frequentavo il terzo liceo classico al Palmieri di Lecce.

Ricordo perfettamente che già da alcuni mesi, dalla primavera precedente, giungevano le notizie, di volta in volta esaltanti, o deludenti, dei moti studenteschi soprattutto europei.

La visione globale del fenomeno certo ci sfuggiva.

Nella contestazione la nostra esuberanza giovanile, e la nostra ansia di cambiare un mondo ritenuto, sia da sinistra, sia da destra, ingiusto e intollerabile, vedeva non tanto lo sfogo, quanto lo sbocco, a tutti i fermenti che ci agitavano.

E’ vero che, a distanza di tempo, appare netta la sensazione che il sorgere della contestazione fu parzialmente pilotato. E’ innegabile però che l’ adesione – non riconducibile esclusivamente al gusto della novità e della avventura – fu entusiastica da parte di tutti gli studenti.

Fra l’ altro, si rividero i cortei di migliaia di persone che fino a qualche anno prima reclamavano per Trieste o l’ Alto Adige.

Fu per questo che a Lecce certa gioventù di destra ritenne, contrariamente alle direttive e alle azioni stesse del Movimento Sociale Italiano, di dover aderire al Movimento del Sessantotto, ravvisando nella spinta che animava i coetanei un elemento di contestazione  nell’ ordine contro il disordine, in realtà falso ordine, del sistema borghese.

Queste le convinzioni di allora, che si concretizzarono nella partecipazione attiva ai cortei, alle manifestazioni, alle occupazioni nelle scuole.

Soprattutto da ricordare che l’ occupazione del classico Palmieri fu condotta da un comitato paritetico in cui erano rappresentate  non solo le correnti di sinistra e di destra, ma addirittura una corrente di centro.

La confusione come si vede era molta.

Tuttavia stranamente l’ occupazione durò dieci giorni, nell’ accordo quasi totale, nel momento in cui ovviamente ognuno cercava di tirare acqua al proprio mulino, guadagnando consensi e aderenti.

Nelle altre scuole leccesi il fenomeno si ripete, sino ad arrivare in provincia, a Maglie, dove il locale liceo classico viene occupato esclsuivamente da giovani destra.

Alla lontana, sia per ripudio da parte del Msi, sia per debolezza finanziaria e in parte organizzativa nei confronti della sinistra, fu quest’ ultima a fare la parte del leone.

Ricordo che nell’ Università occupata venivano inviati rifornimenti in parte pagati con collette, ma in parte offerti dal Pci, e, soprattutto, dall’ allora Psiup, che forniva anche ciclostili, negafoni e attrezzature per portare avanti la lotta politica.

Mi è rimasta impressa soprattutto la ‘calata’ da Torino prima e poi da Firenze di agitatori ‘cinesi’ – come si diceva allora a bella posta – per organizzare e indirizzare sulla retta via i nostri studenti.

Costoro davano anche lezioni di tattica assembleare e di lavoro politico.

Varrà la pena di riferire il seguente episodio.

Mi trovavo ad un’ assemblea nell’ aula magna dell’ Università. Si alternavano vari interventi.

Mentre parlava un universitario in maniera piatta e monotona, uno dei ‘torinesi’ gli sussurrò nell’ orecchio di accendere gli animi della folla.

Allora lui alzò immediatamente il tono della voce, cianciando di mitra e di lotta armata, tra la soddisfazine degli agitatori ‘cinesi’, e il delirio degli studenti, affascinati.

Questo per dire quante facce plasmabili e oscillanti ci fossero, e della esperienza politica di allora, limitata alle organizzazini giovanili di partito e ai cosiddetti comitati studenteschi interni.

Basta aggiungere che si applaudiva indistintamente  e col medesimo fervore sia a chi inneggiava a Mao e a Che Guevara, sia a chi ricordava Mussolini, Nietzsche e Gentile: bastava farlo in maniera infuocata.

Da testimone oculare e operante, posso concludere parlando non tanto di occasioni perdute, quanto rimpiangendo la mancanza allora di precisi struenti culturali, e di temi alternativi, capaci di trasfomare la contestazione del Sessantotto, da quel caos iniiale che era, e dall’ egemonia di sinistra che sarebbe poi diventata, in un’ occasione di effettiva maturazione della società intera”.

 

 

 

 

 

Category: Costume e società, Cultura, Politica

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Comments (1)

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  1. Giuseppe Mazzotta ha detto:

    Mi ha fatto ricordare e rivivere il clima del 68 e sorridere l’episodio della occupazione della chiesetta (che poi era una piccola aula) dell’Università per impedire la messa festiva. Quei cattolici praticanti erano della FUCI. Il prete della messa ero proprio io, assistente della FUCI e (pseudo)cappellano della Università. Quello che non si dice è che io ero d’accordo. Anzi avevo concordato con gli Universitari Cattolici l’occupazione, perché non ero d’accordo per la messa in università. E so io le furie di Codacci che mi beccai dopo. Comunque la messa fu sospesa. Bei tempi, tutto sommato.

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