RIPARTE LA MOBILITAZIONE PER FERMARE LE TRIVELLE NEI NOSTRI MARI. LEGAMBIENTE RICOMINCIA DA…TE, E INVITA A FIRMARE UNA PETIZIONE RIVOLTA AL NUOVO MINISTRO ALLO SVILUPPO ECONOMICO. CHE FARA’ LUIGI DI MAIO?

| 26 Luglio 2018 | 0 Comments

(Rdl)______Lega Ambiente informa  che ‘stamattina da Polignano a Mare, nella giornata di mobilitazione internazionale per fermare le estrazioni petrolifere, con un flash mob in spiaggia (nella foto), ha  lanciato l’ appello #NoOil per dire “basta” alle fonti fossili, principale causa del riscaldamento globale, dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento dei nostri territori.

Ed invita a firmare la petizione:

//bit.ly/2NWh8oI

Ed ecco il comunicato diffuso qusto pomeriggio______

Le fonti fossili sono la principale causa del riscaldamento globale, dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento dei nostri territori. Ricevono finanziamenti dallo Stato, rappresentando il modello di business che guida molte aziende nei propri investimenti. L’utilizzo di fonti da energia rinnovabile, di contro, procede a piccoli passi, coprendo il 17,4% dei consumi totali nazionali e il 32% di quelli elettrici. Una crescita poco significativa, che non si conforma agli obiettivi climatici e di decarbonizzazione al 2050.

Per dire “basta” alle estrazioni e ai continui finanziamenti che vengono erogati alle infrastrutture, alla ricerca e alla produzione di energia da fonti fossili, Legambiente, in occasione della tappa di Goletta Verde a Polignano a Mare, e nella giornata di mobilitazione internazionale contro le fonti fossili, ha organizzato un flash mob – dove hanno partecipato Stefano Ciafani, Presidente di Legambiente Nazionale, Francesco Tarantini, Presidente di Legambiente Puglia, Michele Emiliano, Presidente della Regione Puglia, e i sindaci pugliesi premiati con le 5 vele della Guida Blu di Legambiente e Touring Club Italiano – e lanciato la petizione #NoOil indirizzata al ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio.

“A fronte dei continui eventi climatici estremi, delle migrazioni dei profughi ambientali, delle guerre e dei decessi per inquinamento – commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – urge avviare al più presto una transizione energetica, dove rinnovabili, efficienza e mobilità sostenibile, accompagnate da reti elettriche intelligenti, materiali innovativi e sistemi di accumulo, siano il perno non solo di un sistema energetico più sostenibile e democratico, ma anche la nuova leva di uno sviluppo economico in grado di portare vantaggi ai cittadini e ai territori. Una transizione, però, che come è evidente, vede il suo primo nemico proprio negli interessi di chi estrae a partire da Eni, la principale azienda energetica del Paese, a prevalente capitale pubblico, e nella mancanza di politiche per le rinnovabili e l’efficienza. Basti pensare agli oltre 16 miliardi di euro che l’Italia versa al settore Oil&Gas attraverso sussidi diretti e indiretti e al fatto che in molte regioni manchi un piano per lo sviluppo di queste nuove tecnologie, con obiettivi chiari e ambiziosi nell’interesse dei territori e dell’intero Paese. Ecco perché la nostra imbarcazione ambientalista, con il suo viaggio lungo l’Italia, lancia la petizione #NoOil per fermare il business del petrolio, chiedendo al Ministro dello Sviluppo economico di cancellare tutti i sussidi ancora oggi garantiti alle fonti fossili e di mettere in campo una rottamazione delle fonti energetiche inquinanti”.

Paradossale ancora di più in regioni come la Puglia, dove le potenzialità del solo solare potrebbero ridurre notevolmente tutti i consumi di gas e petrolio. Per questo Legambiente punta l’attenzione su tutti quei progetti anacrostici che bloccano l’innovazione energetica, non rappresentando nessun vantaggio né per la regione Puglia, né per l’intero sistema Paese.

La Puglia, tra attività a terra e a mare, nel 2017, ha contribuito con il 4,2% della produzione nazionale di petrolio, con 172mila tonnellate estratte, e il 2,1% di gas con 111,4 milioni di Smc, quantità che, stando agli attuali consumi, coprirebbero rispettivamente lo 0,3% e lo 0,2% del fabbisogno del nostro Paese. Numeri certamente poco rilevanti, ma che nei territori e nei mari interessati dai progetti di trivellazione portano a rischi ambientali importanti.

Dal 2010 al 2017 l’unica concessione produttiva di greggio in Puglia ha estratto in totale circa 991mila tonnellate, di cui circa 253mila (il 25,5%) sono risultate esenti dal pagamento delle royalties; sempre per lo stesso periodo, le 11 concessioni produttive di gas hanno estratto in totale 2.107 milioni di Smc, di cui 600,7 (il 28,5%) esenti dal pagamento delle royalties. In questi anni, la percentuale di esenzione non è mai scesa al di sotto del 20%, con il massimo raggiunto proprio nel 2017, pari al 45,4%.

Gli interessi nel proseguimento delle attività petrolifere non si sono mai fermati: sono infatti ben 13 le compagnie che hanno fatto richiesta di ricerca e prospezione per nuove aree (2.412,44 kmq per la terraferma e 29.801,55 kmq per il mare).

Per quanto riguarda il petrolio, l’unica concessione produttiva in territorio pugliese nel 2017, con un’estensione di 556,31 kmq, è stata quella riconducibile a ENI. Analizzando le estrazioni di greggio negli ultimi cinque anni, si nota come il trend produttivo dal 2013 al 2017 abbia avuto una prima fase di crescita fino al 2014 (+12,9%) e poi una continua decrescita (-24,3%) dal 2014 al 2017.

Sul fronte del gas, invece, le concessioni produttive in Puglia sono 11, di cui 10 sulla terraferma e una in mare, per un totale di 1.565,3 kmq. La produzione nel 2017 ha riguardato solamente 3 di questi giacimenti, per un totale di 117,4 milioni di Smc, pari al 2,1% della produzione nazionale. Le concessioni produttive pugliesi sono riconducibili a sei società: ENI detiene 4 concessioni in esclusiva e 2 in comproprietà insieme con GAS PLUS ITALIANA ed EDISON, mentre la METANO PUGLIA detiene una concessione in esclusiva; tutte le altre concessioni sono compartecipate tra CANOEL ITALIA; EDISON e ROCKHOPPER ITALIA. Oltre alle concessioni produttive, sul territorio pugliese ricadono anche 2 permessi di ricerca ubicati a mare, che interessano 1.469,1 kmq, la cui società titolare è la NORTHEN PETROLEUM, che li detiene in esclusiva.

“L’approvazione dello scorso marzo in Consiglio regionale della mozione per la reintroduzione del Piano delle Aree, abrogato dallo Sblocca Italia, è sicuramente un primo passo in avanti per porre un freno alle ricorrenti attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi nei nostri mari, attraverso uno strumento di pianificazione che consente di avere un quadro degli effetti cumulativi delle attività petrolifere in corso – aggiunge Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia – La Puglia con i suoi quasi 44mila impianti da fonti rinnovabili diffusi in tutti i Comuni, che producono 9.940 GWh/anno di energia pulita, può realmente contribuire a traghettare il nostro Paese verso la decarbonizzazione. È importante poi che anche altre Regioni italiane si mobilitino seguendo l’esempio della nostra regione ed è fondamentale che i parlamentari pugliesi diano un segnale forte attraverso una iniziativa di legge da presentare alle Camere che dica “stop” all’airgun come metodo di ricerca degli idrocarburi in mare.

Chiediamo inoltre al presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, di istituire un tavolo regionale istituzionale permanente sul mare e sulla blue economy”.

 

Category: Cronaca, Politica

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