LA RIFLESSIONE / LA STORIA DEL MERIDIONE IGNORATA DALLA STORIOGRAFIA UFFICIALE: DAI MOTI DEI FASCI SICILIANI, ALLA LA RIVOLTA DI REGGIO CALABRIA

| 20 Gennaio 2019 | 0 Comments

di Valerio Melcore_______Il 20 gennaio di quest’anno ricorre il 126° anniversario della strage di Caltavuturo. Non assisteremo a celebrazioni e non leggeremo niente a riguardo sui giornali e non ne parleranno in televisione. Quei tragici eventi sono stati cancellati dalla memoria, come se non fossero mai accaduti.
Tra il 1891 e il 1894, nasceva nelle città e nelle campagne siciliane, il movimento dei Fasci dei Lavoratori Siciliani, al quale aderirono migliaia di operai, contadini, artigiani e intellettuali.
Il movimento dei Fasci aveva come obiettivo quello di migliorare le condizioni di vita dei contadini.
Questa battaglia, tra le altre cose, vede per la prima volta, le donne  in prima fila a fianco ai loro mariti e padri.
Uno dei primi Fasci che furono fondati in Sicilia fu quello di Catania nel 1891, ma quelli maggiormente organizzati furono quelli di Corleone, Piana degli Albanesi e Palermo.
Fu firmato un “patto” a Corleone, considerato come il primo esempio di contratto sindacale redatto nell’Italia dell’800.
Con questo patto si tentava di porre fine allo sfruttamento dei contadini da parte dei latifondisti, che essendo proprietari dei terreni facevano il bello ed il cattivo tempo.
In un contesto, di fame e miseria, il desiderio di riscatto sociale e di indusse migliaia di villani a dare vita nell’autunno del 1893 ad imponenti manifestazioni riuscendo anche, in alcuni casi, ad ottenere miglioramenti economici.
Ma la maggior parte dei latifondisti non si lasciò intimorire e chiese ed ottenne al governo nazionale presieduto dal siciliano Francesco Crispi di mettere in campo politiche repressive contro il Movimento dei Fasci.
A Caltavuturo il 20 gennaio 1893, undici contadini trovarono la morte ritornando da un’occupazione simbolica del demanio comunale che il Sindaco del tempo aveva da mesi promesso di assegnare loro.
Nelle settimane che seguirono la violenza si moltiplica.
L’esercito spara sui contadini che manifestano, a Giardinello, il 10 dicembre 1893 e nei giorni successivi a Monreale, a Lercara Friddi, a Pietraperzia, a Gibellina, a Belmonte Mezzagno, a Marineo, a Santa Caterina Villarmosa.

Il bilancio finale fu di più di 100 i morti, e 3.500 i lavoratori arrestati.

Il Governo Crispi fece arrestare i dirigenti dei Fasci e in un centinaio di paesi vennero condotti arresti di massa.
Quello che in Europa fu uno dei movimenti di protesta più organizzati, veniva stroncato a colpi di fucile dall’esercito, e dai mafiosi al servizio dei latifondisti.

In Italia, purtroppo nessuno si occupa di questo movimento e di quello che accadde in Sicilia in quegli anni. Nessun libro di scuola gli dedica una riga.

Ma non è l’unica rivolta avvenuta nel Meridione, a non trovare spazio nel libri di scuola e nelle rievocazioni.

Anche per “ I moti di Reggio Calabria” che sono avvenuti 80 anni dopo, è accaduta la stessa cosa, anche qui, di quella che è stata la più grande rivolta popolare che si è avuta durante il secolo scorso in Europa, neppure una riga sui libri di scuola.

Nel 1970 nascono le Regioni e Reggio Calabria rivendica il capoluogo, anche se le motivazioni che diedero vita ad una rivolta durata ben 10 mesi, erano molto più profonde e venivano da lontano. Le ingiustizie che il meridione aveva subito per decenni trovano chi gli dà voce e forma.

Era l’occasione per chiedere giustizia e lavoro per quella città, ma anche attenzione per tutto il meridione. La rabbia dei reggini esplose, senza avere un colore politico all’inizio, ma quando la sinistra si sfilò bollandola come iniziativa campanilistica, fu Ciccio Franco a mettersi capo della Rivolta, sindacalista della CISNAL, l’associazione del lavoratori vicina Movimento Sociale Italiano.

La città si trasformò in una sorta di barricata diffusa. Una comunità paralizzata dagli scontri ripetuti con la polizia accentuati da una serie di attentati  che interruppero le comunicazioni ferroviarie o distrussero le apparecchiature della stazione di Reggio Calabria Lido. Il Ministro degli interni Franco Restivo, annunciò che solo dal 14 luglio al 23 settembre furono compiuti 13 attentati, 33 blocchi stradali, 14 blocchi ferroviari, 3 blocchi portuali e aeroportuali, sei assalti alla prefettura e quattro alla questura.

I giornali e la RAI ebbero l’ordine di non dare alcun spazio,  le notizie che arrivavano dalla città venivano sminuite o distorte, Reggio fu ignorata, la rabbia dei reggini non trovò riscontro sulla TV di stato o sui giornali al servizio dei partiti e della grande impresa.

La sinistra con in testa la CGIL mobilitò migliaia di attivisti da tutte le città del nord, treni interi furono riempiti di persone provenienti dalla Lombardia, dal Piemonte, dall’Emilia Romagna, per dare vita ad una manifestazione nella città, sperando che almeno una parte dei reggini rispondessero positivamente, ma i giovani comunisti che abitavano soprattutto nella periferia della città si erano sentiti traditi dal Partito Comunista e dalla CGIL non risposero all’appello. I filmati dimostrano come le finestre e le porte delle case dei reggini restano chiuse al passaggio del corteo. Di tanto in tanti dai vicoli sbucano nugoli di giovani che danno vita a sassaiole contro gli intrusi, i forestieri, la gente del nord portata lì dal Partito Comunista.

Sul percorso dei treni che portavano attivisti comunisti di tutta Italia scoppiarono ben otto bombe.
La rivolta si concluse a dieci mesi dal suo inizio con l’inquietante immagine dei carri cingolati che arrivarono in una città sfiancata, muta.

Oltre alla forza, ai carri armati utilizzati per la soppressione delle mobilitazioni, si ricorse al cosiddetto “Pacchetto Colombo” con cui si promisero aiuti al territorio tramite apparati produttivi che non si completarono o finirono nelle della criminalità organizzata.

Reggio Calabria fu un fatto a sè nella storia del meridione. La prima rivolta ”identitaria” d’Europa, l’ultima di natura popolare, la più diffusa e la più lunga. Costò sei morti tra i civili, centinaia di feriti e migliaia di denunce. Dopo quella tappa, “la questione meridionale” non è mai stata risolta ne vi son state più insurrezioni manifestazioni di massa di quelle dimensioni. Un fatto passato alla storia d’Italia, decisamente rimosso o ricordato con fatica.

Dei “Fasci Siciliani” sporadicamente se ne occupato qualche gruppetto di estrema sinistra, dei “Moti di Reggio Calabria” qualche gruppetto di estrema destra.

Ora al di là di quello che ognuno può pensare di positivo o negativo per quanto ricordato, certamente non sarebbe sbagliato fare una riflessione, aprire un dibattito, su questi importanti avvenimenti: forse partendo da ciò si potrebbe cominciare a comprendere e forse a risolvere l’annosa “Questione meridionale”.

 

 

Category: Cronaca, Politica

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