LA STORIA / TREROTOLA SI ARROTOLA SU ALMIRANTE

| 6 Marzo 2019 | 0 Comments

di Giuseppe Puppo______

“Italiani di Potenza…” ITALIA ITALIA AL- MI- RANTE!

“Italiani di Potenza…” ITALIA CORAGGIO ARRIVA IL 7 MAGGIO

“Italiani di Potenza…” IL MSI SARA’ LA NOSTRA LIBERTA’

Quando le macchine col megafono che avevano girato in lungo e in largo la città, che fosse Potenza, o Lecce, o una qualunque del Centro – Sud (al Nord, era tutto più difficile) si fermavano ai bordi della piazza oramai gremita all’inverosimile, soprattutto quell’ anno di grazia 1972, ma insomma anche poi, almeno per tutto quel decennio, e smettevano di diffondere l’Inno a Roma, o l’ Inno della Destra Nazionale, Lui appariva, secondo la rigida liturgia, dopo la presentazione del ‘Federale’, e cercava di iniziare il comizio. Che iniziava sempre allo stesso modo: “Italiani…” seguito dall’indicazione del posto dove si trovava. Ma doveva iniziare almeno quattro-cinque volte, perché per almeno quattro- cinque volte la folla oceanica lo interrompeva, scandendo slogan, oppure osannandolo.

Ecco, vorrei tranquillizzare tutti i lettori di leccecronaca.it che, sempre numerosi e partecipi, da tante e diverse provenienze  e tanti e diversi orientamenti, ci seguono, e a tutti loro per questo sempre grazie di cuore: non sono stato colto ‘stasera da un attacco di nostalgia per quando ero ragazzino, e a quei comizi, a Lecce, ci andavo sempre, anzi al primo, nel 1972, mi ci portò mio papà.

Non voglio fare nostalgismo.

Non voglio fare peana veterofascisti, io che fascista non sono stato mai, nemmeno da ragazzo, quando così mi chiamavano, gli altri, i fascisti dell’antifascismo.

 

Voglio commentare l’attualità, quello che sta succedendo in queste ore, un vero e proprio caso mediatico.

Però, dai, ragazzi, che tempi! Dove sono più i Giorgio Almirante, gli Enrico Berlinguer? Gli Aldo Moro?

Che facevano a gara, sia pur nelle diverse impostazioni e nei vari rivolgimenti, per dare voce alla gente per bene, che chiedeva ordine, legalità, un minimo di giustizia sociale, un po’ di occasioni per tutti, di poter emergere. L’ Italia buona, la maggioranza silenziosa che faceva da collante al sistema, e che, tutto sottratto, perdonava anche ruberie e intrallazzi, in cambio della rappresentatività, della possibilità di poter vivere in tranquillità, soprattutto con fiducia…E con qualche illusione.

 

…Un altro po’ di ricordi, dai, sih?…(il giovane, beh, sì, nel 1987 avevo 30 anni, ero io..)…

 

L’ultima campagna elettorale di Almirante fu quella delle politiche del giugno 1987.
Nonostante l’età e la fatica, generosissimo maratoneta delle piazze di tutta Italia per un mese di fila.
“Non vedo l’ora che finisca, questa campagna elettorale, è troppo pesante.
Certo, i comizi a volte sono noiosi, perchè i problemi sono quelli e c’è poco da fare”- confesserà a un giovane giornalista in quei giorni – “Perchè li faccio? Per due motivi. Primo, perchè è mio dovere, e chi aspira a prendere il mio posto deve chiedersi: ne sarò capace anch’io? Farò buona figura? Secondo, perchè su di noi c’è il disinteresse organizzato. Tutta la stampa alleata non ci concede neanche un sottotitolo, e l’unico rimedio consiste nel fare quello che faccio io: parlare nelle piazze”.

Anche quel 1987, come era solito fare, Almirante chiuse la campagna elettorale in un paesino laziale di tremila abitanti, sui monti Cimini: Canepina. Da Roma, o da Napoli, dove tradizionalmente chiudeva la campagna elettorale, passando per Viterbo, riusciva ad arrivare nell’unica piazza di Canepina poco prima dello scoccare della mezzanotte. Lo aspettavano già in pigiama sui balconi delle case che si affacciano sulla piazza. Dieci minuti al massimo di discorso, e poi, come d’abitudine, a casa Pesciaroli, con una cena semplice, ma dalle razioni abbondantissime.

La signora Pesciaroli impiegava ogni volta due giorni a preparare le fettuccine al sugo, dette ‘alla fiamma’ e le polpette fritte.
Almirante non si fermava mai prima del terzo bis.

Tutto il paese passava dalla tavola a ritirare la sua razione di fettuccine e polpette. Era l’unica notte, ogni tre, quattro anni, fra una campagna elettorale e l’altra, in cui le luci di Canepina rimanevano accese fino a notte fonda.

 

Lasciamo ora la Storia, quella Storia di cui noi Italiani non abbiamo una memoria condivisa, e ritengo che purtroppo continueremo a non averla a lungo, perdurando quel fanatismo vetero ideologico che impedisce ancora un sereno confronto e una pacata condivisione, e veniamo all’attualità.

Il 24 di questo mese si vota in Basilicata per le regionali.

E’ in pieno svolgimento la campagna elettorale, in quella regione la cui giunta è stata travolta dagli scandali, ma che continua reggersi su un consolidato asse di potere messo su da anni per conto del Pd dai fratelli Pittella, Marcello e Gianni.

Per scrollarsi di dosso l’imbarazzante cappa giudiziaria e pure gli effetti del sistema indotto, il Pd ha fatto le cose per bene. Col bilancino di precisione.

Ha unito la coalizione di centro-sinistra intorno ad un nome nuovo, del tutto estraneo a certi ambienti, espressione della società civile, come si dice in gergo: Carlo Trerotola, 62 anni, farmacista, un uomo buono, che considera i cittadini i suoi pazienti, per i quali prepara personalmente i farmaci per curarli, e si è scelto appunto lo slogan ‘Il Buono della Basilicata’.

Tutti convinti: Pittelli nell’ombra, e tutti, dal Pd alle sue liste collegate, varie ed eventuali al completo, per lui, per tornare a governare la Regione.

La ricetta giusta.

Ma che cavolo combina il buon Carlo Trerotola a scombinare tutto?

Embè, ha combinato un bel casino, che la metà basta.

Durante un incontro elettorale pubblico, se n’è uscito con una incredibile affermazione, testuale: “Io non ho mai fatto politica, non so mai andato a comizi, o a cose varie,  tranne quando c’era Giorgio Almirante. Ogni tanto lo ascolto anche adesso, ma non è una scelta politica”.

Per sua sfortuna, c’è pure il video, diventato subito virale, in queste ore di bufera, sul candidato-buono.

Accuse, scandalo, sussurri e grida. E hai voglia a spiegare e specificare, oramai la frittata è fatta.

Se qualcuno ha voglia di consultare un po’ del putiferio scoppiato, il web ne è pieno.

Io, ho preferito aggiungere un po’ di Storia. Aspettando di poter avere tutti quanti insieme una memoria storica condivisa, in cui il nome di Giorgio Almirante non sia più un demone. Nemmeno un angelo, certo: un testimone del tempo,  ecco. Ma in cui comunque l’essere andati a sentire i comizi di Giorgio Almirante non suoni di nuovo mezzo secolo dopo come una colpa biblica di cui ci si debba vergognare. Ma bisognerà a spettare ancora molto, purtroppo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Category: Cultura, Politica

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