ULTIM’ORA / IL SENATO METTE CONTE IN LOCKDOWN

| 19 Gennaio 2021 | 0 Comments

(g.p.)______Palazzo Madama, atto secondo, quello decisivo. La seduta comincia alle 9.30 con le comunicazioni del presidente del Consiglio. Non ci sono novità rispetto a quelle rese ieri alla Camera. Giuseppe Conte rinnova la promessa di offrire ai “costruttori” che lo seguiranno una nuova legge elettorale, di stampo proporzionale: ‘il maggioritario creerebbe instabilità”.  Sulle copiose critiche ricevute, risponde in pratica solo sulle grandi opere, che a suo dire non sarebbero bloccate, sorvolando elegantemente su tutte le altre.

In contemporanea, l’opposizione diffonde una nota unitaria: “Ancora una volta il presidente del Consiglio ha raccontato al Parlamento un Paese che non esiste, cercando di mascherare una cinica operazione di trasformismo con un’operazione politica”.

 

Poi inizia il dibattito, sempre con toni accesi e in un clima teso, come ieri al Senato. Va avanti assai a lungo, solo con una sosta di un’ora per consentire una sanificazione dell’aula.

Anche qui, sia da una parte, sia dall’altra, si ricalcano gli schemi dichiarativi oramai fissati. Però chiedono di parlare in tanti, e, benché i tempi siano rigidamente contingentati intorno ai cinque, sette minuti cadauno, si avvia, si sviluppa e si conclude a tarda ora una vera e propria maratona oratoria di lungo fondo.

Altra pausa di un’ora dalle 16.30 alle 17.30 per una nuova sanificazione.

Quando si riprende, è la volta del discorso più atteso, quello di Matteo Renzi, al quale nelle ripartizioni per gruppo e per testa toccano venti minuti. Se li piglia tutti quanti. Fa una puntigliosa, tignosa, accanita ricostruzione delle ragioni che lo hanno portato ad aprire la crisi.

Cita il termine greco “cairos”: è il momento supremo, il momento delle decisioni, il momento giusto ed opportuno.

Umilia il presidente del Consiglio quanto gli rinfaccia la mancanza di gavetta, di cammino, di percorso formativo, di cultura politica.

Affonda l’accusa di voler rimanere sulla poltrona a tutti i costi.

Gli contesta i continui cambi di opinione.

Ritorna a umiliarlo definendolo un politico da reality show, ritorna a definirlo artefice di un mercato indecoroso delle poltrone, esortandolo ad avanzare idee politiche, grandi temi, non posti di potere.

 

Poi tocca a Ignazio La Russa, il quale dice che avrebbe voluto avanzare critiche, ma subito dopo quelle espresse da chi lo ha preceduto, Matteo Renzi, appunto, che pure di questo governo fu artefice, ammette che non saprebbe fare di più e di meglio.

Lo definisce un perdente di successo; lo rimprovera di aver cambiato in pochissimo tempo più colori politici di quelli delle regioni italiane con le prescrizioni sanitarie; gli ricorda di non essere mai stato eletto da nessuno.

Infine, lo sfida: o fra poco avrà la maggioranza assoluta, assoluta, ricorda i precedenti storici, non un voto in più dell’opposizione, la maggioranza assoluta, a quota 161, oppure dovrà andare a dimettersi.

 

La discussione generale si conclude solo alle 18.50.

Tocca ancora al presidente del Consiglio per la replica. Una replica puntigliosa, ma tecnica, fredda, con cifre opposte ad altre cifre.

Piglia applausi solamente quando ricorda che è l’anniversario della nascita di Paolo Borsellino, che oggi avrebbe compiuto 81 anni. Ribalta su quelli di Italia Viva le accuse di incomunicabilità: “io ho sempre dialogato, voi avete scelto l’aggressione”“Non è importante stare seduti alle poltrone, è importante stare seduti alle poltrone con disciplina e onore”, conclude.

 

Su passa alle dichiarazioni di voto alle 19.20, uno per gruppo.

Questione di fiducia al governo sulla risoluzione presentata dalla maggioranza.

 

Fra gli altri di questa fase finale, per Italia Viva interviene Teresa Bellanova; ricorda a Giuseppe Conte i suoi continui tentativi di aggirare i problemi, le trattative sottobanco, le furbizie; “un arbitro che si è trasformato in giocatore”, dice, “per pura sopravvivenza“. Conclude annunciano voto di astensione, come ieri alla Camera. Una mossa che nella liturgia della politica un senso ce l’ha, serve a dare continuità al dissenso, ma al tempo stesso a non chiudere la porta, oltre a non confondersi con il centro-destra: peccato però che possono capirla solo gli addetti ai lavori; degli altri, nessuno, di quelli che hanno sentito tutte le accuse, pesantissime, e di conseguenze si aspettavano di conseguenza un voto contrario, non un’astensione.

 

Alle 20.30 tocca a Matteo Salvini. In Italia siamo i primi al mondo per mortalità per Covid, ultimi per crescita economica, sostiene; aggiunge: “mettere in discussione un governo che ha fallito su tutto non è un diritto, è un dovere”; e rincara la dose: “state cercando dei complici da pagare per non dover mollare le poltrone”. Cose così. L’affondo  finale è quando ricorda una frase irriguardosa sui senatori a vita pronunciata a suo tempo da Beppe Grillo, chiedendo loro come possono ora votare la fiducia a questo governo del M5S.

 

Ettore Antonio Licheri del M5S, pur leggendo, interpreta il testo della sua dichiarazione di voto  in un sorprendente tono teatrale; difende la scelta del governo dei banchi a rotelle a scuola; definisce “taroccati” i dati con cui l’opposizione ha motivato le proprie contestazioni; mentre aver aperto questa crisi di governo è per lui “una follia”: “Roma è lontana anni luce dal Paese reale“, aveva esordito così.

 

Alle 21.10 ci sono ancora altre dichiarazioni di voto: sono quelle dei senatori che chiedono di parlare a titolo personale, in dissenso dal loro gruppo parlamentare di appartenenza.

Si inizia a votare alle 21.20, per appello nominale, a scrutinio palese, sulla mozione di maggioranza di fiducia al governo.

E’ il momento della verità: se come ieri alla Camera il governo avrà la maggioranza assoluta, ostacolo là superato di cinque punti.

Giallo finale per il voto del senatore Alfonso Ciampolillo, assente alle due chiamate regolamentari,  più all’ultima esortazione fatidica, ma che poi si materializza in extremis, quando la votazione era già stata dichiarata chiusa.

La presidente Casellati ha il suo bel da fare per dirimere la questione, con l’aiuto dei senatori segretari e dei senatori questori, per una trentina di minuti, che paiono interminabili, quanto surreali, mentre in aula tutti fremono per sapere il risultato generale: alla fine, Ciampolillo è ammesso a votare, insieme ad un altro ritardatario, Riccardo Nencini.

 

Questi il risultato al Senato, proclamato alle 22.30:

Presenti 313

Votanti 312

Maggioranza richiesta 149

Maggioranza assoluta 161

Sì 156

No 140

Astenuti 16.

Prima valutazione a caldo. Il governo Conte ottiene la fiducia, ma l’ottiene senza avere la maggioranza assoluta, e in quella relativa con un margine al di sotto delle aspettative.

Questo il dato numerico. Il significato politico è che si tratta di una maggioranza fragile: il premier è come messo in isolamento, un vuoto politico che pare destinato ad ulteriori sviluppi successivi tutti ancora da decifrare.

 

 

 

 

 

Category: Cronaca, Politica

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