L’INCHIESTA / SALENTO FUOCO E FUMO

| 4 Luglio 2022 | 0 Comments

CON L’AIUTO DI MARCO GRECO, RESPONSABILE DELLA PROTEZIONE CIVILE, ABBIAMO STUDIATO LA LEGISLAZIONE ANCHE DELLA REGIONE PUGLIA. POI ABBIAMO CERCATO COSA SI CELA NEI DOCUMENTI DEL CATASTO RELATIVI ALLE AREE PERCORSE DA INCENDI. ECCO CHE COSA ABBIAMO SCOPERTO

 

di Flora Fina ______

 

“ Le cause di questa emergenza, che annualmente si ripresenta, sono molteplici. A chi attribuire le responsabilità? Una cosa è certa: le cause degli incendi sono di origine antropica (salvo rarissimi casi). E’ sempre la mano dell’uomo, volontariamente o involontariamente, ad innescare un incendio.

E poi ci sono fattori culturali, economici e sociali che incidono nettamente sul fenomeno degli incendi.

Se guardiamo al nostro Salento, è ormai sotto gli occhi di tutti la tendenza diffusa all’abbandono del territorio, soprattutto in tante zone a vocazione agricola che vengono lasciate incolte.

In tantissime aree, da qualche decennio, anche a causa della parcellizzazione delle proprietà, è venuta meno quell’importante opera di cura e manutenzione del territorio che veniva garantita dalle mani sapienti di tanti piccoli agricoltori e contadini. Molti terreni sono caduti nell’incuria più totale, divenendo “terreno fertile” per le fiamme”.

 

 

 

A parlare  a leccecronaca.it in quest’altro nostro approfondimento approfondimento è Marco Greco (nella foto, a destra) responsabile della Struttura Operativa Regionale della Protezione Civile – con sede a Campi Salentina – e raggiunto telefonicamente proprio in questi giorni di rovente emergenza.

 

L’attenzione chiaramente, è rivolta alle cause, alle responsabilità e agli interrogativi che ci si pone in situazioni del genere: perché accade da anni ciclicamente e puntualmente tutto ciò? In che termini si esprime la legislazione a livello Regionale? E come fare per ostacolare e arginare un tale fenomeno distruttivo?

 

Restano aperti inoltre interrogativi ancora più importanti e rilevanti: il futuro del nostro territorio a quali conseguenze è legato? E soprattutto, tutti i terreni colpiti da incendi a cosa e a quale utilizzo saranno destinati poi?

 

Tutte domande a cui si cerca di dare una risposta, si cerca di indagare per magari giungere a conclusioni concrete, conclusioni difficili da individuare, in un panorama legislativo che appare sì ferreo, ma che necessiterebbe  di atti concreti e coercitivi per arginare una situazione giunta da tempo al collasso più profondo.

 

Se con la Legge Quadro n. 353 del 2000, le integrazioni in materia di incendi sono state molteplici, per essere poi riprese dal Testo Coordinato del DECRETO INCENDI – 8 settembre 2021, n. 120 – denominato “ Disposizioni per il contrasto degli incendi boschivi e altre misure urgenti di protezione civile” – attualmente, e a livello regionale, la copertura giuridica giunge direttamente dalla legge n. 38 del 2016, dove, come ci spiega il nostro esperto “ sugli incendi boschivi si prevedono esplicitamente divieti, chiari obblighi e prescrizioni e severe sanzioni per contrastare il fenomeno degli incendi, anche per scongiurare eventuali attività speculative.

Qualche anno fa è stata effettuata una modifica al nostro codice penale, con l’introduzione dell’articolo 423-bis che prevede il reato specifico di “Incendio boschivo” (che recentemente è stato modificato e inasprito dal D.L n. 120 del 2021).

Le norme ci sono, vanno applicate. I divieti vanno fatti rispettare, gli obblighi e le prescrizioni devono essere applicati, le sanzioni e le multe devono essere irrogate. I Comuni devono aggiornare il catasto delle aree percorse dal fuoco, applicare e far rispettare i vincoli conseguenti.

Indubbiamente serve una piccola rivoluzione culturale affinché le norme e le azioni di contrasto agli incendi possano essere efficaci nel lungo periodo.  Nell’immediato, probabilmente qualche sanzione in più potrebbe fungere da deterrente.”

 

Ed i cambiamenti in ambito giurisprudenziale rispetto al passato, in cosa consistono dunque?

 

“ Il decreto-legge n. 120 dell’8 settembre 2021 ha previsto una serie di importanti misure per il rafforzamento del coordinamento, per l’aggiornamento tecnologico e il potenziamento della capacità operativa nel contrasto agli incendi boschivi, non solo nelle attività di lotta attiva ma anche nelle azioni di previsione e prevenzione del fenomeno.

Sono state previste azioni di potenziamento dell’operatività e della funzionalità sia delle componenti statali (Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, Unità Carabinieri Forestali) sia delle Regioni.

E’ stato finalmente definito (normativamente) l’incendio nelle zone di interfaccia urbano-rurale, ovvero quelle zone dove vi è una stretta interconnessione tra le abitazioni o altre strutture antropiche e le aree naturali o la vegetazione.

Inoltre, è stato coperto un vuoto normativo relativamente ad alcune tecniche (come quella del fuoco prescritto).

Sono stati previsti alcuni investimenti di messa in sicurezza del territorio, anche attraverso il rimboschimento compensativo delle superfici bruciate da parte delle Regioni.

Infine, ma non perché meno importante, come ho accennato prima, sono state apportate alcune modifiche al codice penale e all’apparato sanzionatorio ”.

 

Tutto chiaro dunque, una norma afferente al Codice Penale c’è ed introduce in maniera palese più che mai, il reato di incendio boschivo: a questo fine dunque, la già citata riforma del 2021, mira anzitutto a migliorare l’azione di coordinamento tra Stato e Regioni, introducendo lo strumento del “Piano nazionale di coordinamento per l’aggiornamento tecnologico e l’accrescimento della capacità operativa nelle azioni di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi”, da adottare su base triennale, ma suscettibile di aggiornamento annuale.

Un secondo, importante asse riguarda il rafforzamento della capacità operativa del Dipartimento di Protezione civile e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, specialmente in punto di aggiornamento tecnologico (con riferimento all’acquisizione di nuovi mezzi operativi, terrestri e aerei, e di attrezzature innovative, anche satellitari) e di reclutamento del personale; in terzo luogo, il decreto punta all’accelerazione delle procedure di aggiornamento del catasto dei soprassuoli percorsi dal fuoco, al quale spesso i Comuni non provvedono tempestivamente, attribuendo poteri sostitutivi alle Regioni.

 

Alle Regioni poi, viene inoltre conferita la possibilità di individuare aree da sottoporre a rimboschimento compensativo delle superfici bruciate: un fase importante dunque, per comprendere il futuro di un’ area completamente rasa al suolo e  che probabilmente, potrebbe tornare rigogliosa.

 

Alle misure qui brevemente richiamate si aggiungono chiaramente numerose e rilevanti novità di interesse per il penalista, alle quali è dedicato l’intero art. 6 del decreto, che viene così rubricato in  “Modifiche al codice penale”.

 

Alcune di tali modifiche incidono direttamente sul testo dell’art. 423-bis c.p., che sanziona il delitto di incendio boschivo, o più precisamente i delitti di incendio boschivo: la norma, infatti, prevede due distinte fattispecie, una dolosa (al comma 1) e una colposa (al comma 2), entrambe configurate come reati d’evento a forma libera. Secondo l’interpretazione prevalente, si tratterebbe di reati di danno, in quanto il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice viene individuato (unicamente) nel patrimonio boschivo, a dispetto della scelta del legislatore del 2000 di collocare l’art. 423-bis nel titolo dedicato ai delitti contro la pubblica incolumità; nel caso in cui la condotta di incendio boschivo cagioni altresì un pericolo per l’incolumità pubblica, di conseguenza, il reato de quo dovrebbe concorrere con il delitto di incendio “semplice” di cui all’art. 423 (e con la corrispondente figura colposa delineata dall’art. 449)

 

In poche parole, pur inasprendosi da un punto di vista sanzionatorio, il reato di incendio boschivo passa dall’essere un vero e proprio reato contro il patrimonio boschivo, all’essere un semplice reato di danno.

 

Questo nuovo assetto legislativo, serve pertanto a determinare con chiarezza il presente ed il futuro dell’attuale emergenza ecosistemica in atto, cionondimeno, anche tale norma trova un preciso antecedente nell’art. 452-undecies in tema di eco-delitti, confermando la volontà del legislatore di considerare il delitto di incendio boschivo quale parte effettiva del sistema di tutela penale dell’ambiente, nonostante la differente collocazione all’interno del codice.

 

La domanda però resta sempre la medesima: che fine fa un territorio completamente ridotto in cenere?

 

Ebbene, questo decreto già menzionato punta all’accelerazione delle procedure di aggiornamento del catasto dei soprassuoli percorsi dal fuoco, al quale spesso i Comuni non provvedono tempestivamente, attribuendo poteri sostitutivi alle Regioni. A queste ultime, viene inoltre conferita la possibilità di individuare aree da sottoporre a rimboschimento compensativo delle superfici bruciate.

 

Tuttavia, l’aggiornamento del catasto è funzionale a rendere effettivi i divieti sanciti dall’art. 10 della stessa Legge Quadro, tra cui il divieto di mutamento della destinazione d’uso dei soprassuoli percorsi dal fuoco per il tempo di quindici anni, di edificazione per il tempo di dieci anni, di pascolo e caccia per il tempo di dieci anni. Tali prescrizioni sono assistite da sanzioni amministrative, oltre che da sanzioni civili, come ad esempio, la nullità dei contratti di compravendita di aree e immobili situati nelle predette zone, stipulati entro quindici anni dall’incendio, che non richiamino espressamente il suddetto vincolo di destinazione.

 

E dunque cosa accade realmente a questo punto? Non solo siamo in presenza di un ecosistema completamente annientato, bensì, attraverso alcuni divieti imposti per legge, la destinazione d’uso di un terreno resta ferma per più di un decennio, facendo sì che tutto si cristallizzi completamente.

 

Questo accade perché, chiaramente, un terreno distrutto necessita del tempo necessario per far sì che ci sia un vero e proprio ripristino della sua efficienza ecosistemica, che soltanto una buona dose di mineralizzazione dei terreni può dare.

 

Ipotizziamo però un intoppo di tipo amministrativo, di stampo puramente umano.

Ipotizziamo un errore della burocrazia, un lassismo delle pubbliche amministrazioni e, in particolare ipotizziamo sempre una “ svista ” da parte degli uffici del catasto, che come è risaputo, non brillano per la loro efficienza e precisione.

 

Alla base della nostra inchiesta infatti, oltre alle indagini delle dinamiche puramente ecosistemiche ed ambientali, sono fortemente presenti alcuni fattori di stampo istituzionale, che, con molta probabilità, minerebbero l’usuale efficienza ed efficacia degli uffici pubblici preposti al rispetto di tutte quelle leggi in materia di incendi boschivi da poco citate.

 

Alla radice della seguente questione è emersa infatti, dopo alcune ricerche,  la problematica dei flussi burocratici che dovrebbero garantire uno snellimento  delle pratiche di aggiornamento del catasto, fermo, a quanto pare, al lontano 2005 o, nei casi più eclatanti, con dati mai pervenuti.

 

Questo semplicissimo documento, di intuitiva interpretazione, dimostra in maniera eclatante che non solo le aree percorse dal fuoco su tutto il territorio del leccese non sono mai state aggiornate e ben documentate, ma, nei casi in cui tutto può essere “andato bene” siamo di fronte ad aggiornamenti risalenti al lontano 2013, quasi un decennio.

 

 

Dunque la vergogna che si rincorre tra i tabellari del catasto (nella foto) – in questo caso, come già ribadito, si fa riferimento al territorio della provincia di Lecce – riguarda in particolar modo vaste estensioni di area coltivata e area boschiva che vanno – in ordine alfabetico – da Acquarica del Capo sino a Zollino, mai censite realmente: è evidente cosa abbiamo di fronte.

Abbiamo di fronte a noi non solo la ribalta di un fenomeno che non è iniziato negli ultimi anni, ma anche e soprattutto, un evento ignorato per più di un decennio e finito nel dimenticatoio. Il titolo del documento sotto esame parla chiaro: “CATASTO INCENDI SUPERFICIE SOGGETTA A VINCOLO EX ART. 10 L. 353/2000 (BOSCO E PASCOLO) Provincia di Lecce ”.

 

 

Il dubbio è dunque più che lecito. Senza un aggiornamento del catasto, non solo sulla destinazione d’uso di tutti questi ettari di terreno che sono stati distrutti, ma anche sui programmi di rimboschimento, è difficile vedere l’uscita di un tunnel pieno di fiamme, insicurezze istituzionali e lassismo burocratico.

È chiaro quanto mai che un terreno raramente censito regolarmente al catasto non potrà mai essere censito regolarmente in futuro per il suo rimboschimento e dunque per la sua destinazione d’uso finale.

 

Come se non bastasse, oltre a problemi puramente di stampo burocratico, i numeri di questa emergenza non sono da meno, anzi, sono la rappresentazione matematica di un serio pericolo verso cui stiamo avanzando lentamente ed inesorabilmente: “ La stagione antincendio boschivo (AIB) 2022 è iniziata ufficialmente il 15 giugno scorso, sulla base delle indicazioni contenute nel Decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 177 del 4 maggio.

Se guardiamo al Salento, il fenomeno degli incendi boschivi, considerando la tendenza degli ultimi anni, confermata anche dall’attuale andamento della stagione AIB, si verifica in anticipo, già a partire dal mese di maggio siamo alle prese con una frequenza di eventi che mette sotto pressione il sistema di intervento e soccorso.

Lo scorso anno in Puglia, tra il 15 giugno e il 15 settembre, si sono verificati circa 5.500 incendi, a cui si aggiungono tutti gli eventi precedenti al 15 giugno. Sono numeri rilevanti. Nel solo territorio della provincia di Lecce, nello stesso periodo, si è verificato oltre il 42% del totale degli incendi di tutta la regione. In pratica, quasi 1 incendio su 2, nel 2021, si è verificato in provincia di Lecce. Si comprende bene quanto il fenomeno degli incendi abbia assunto dimensioni e diffusione preoccupanti nel nostro territorio negli ultimi anni.

 

 

C’è da dire, comunque, che gli incendi che interessano aree a vegetazione boscata, per fortuna, rappresentano una bassa percentuale (in media tra il 10 e il 15%) rispetto al totale. Il resto degli incendi sono classificati come incendi di vegetazione, ovvero interessano sterpaglia, terreni incolti, alberi, canneti, stoppie, colture agrarie, ecc. Tuttavia, gli incendi di vegetazione non sono affatto da sottovalutare poiché, a causa della loro frequenza e concomitanza, mettono fortemente sotto pressione il sistema antincendio e le strutture deputate alla lotta attiva agli incendi, sottraendo importanti risorse e mezzi che potrebbero essere impiegati sugli eventi più rilevanti e nelle aree più vulnerabili e sensibili del territorio.

Inoltre, un incendio di vegetazione rappresenta comunque una ferita inferta all’ambiente e, se non si interviene in tempo su un incendio di sterpaglia, vegetazione incolta, uliveto, canneto, le fiamme potrebbero espandersi e propagarsi ad aree boscate eventualmente adiacenti o vicine, oppure mettere a rischio aree abitate, infrastrutture antropiche, viabilità, ecc. ”

 

 

Come ci ha spiegato l’esperto Marco Greco infatti, una regolamentazione regionale c’è, e si ravvisa a livello giurisprudenziale non solo nella legge regionale n. 38 del 2016, ma anche con il Decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 177 del 4 maggio, che in materia di incendi, dichiara ufficialmente lo stato di grave pericolosità e indice, in maniera palese, un vero e proprio stato di emergenza regolamentato sino al 15 settembre con eventuale proroga al 30 settembre.

 

Tuttavia, è chiaro che nonostante l’ampio ventaglio legislativo in materia sia a livello nazionale che regionale, alcuni fattori di tipo puramente sociologico e naturalistico, impediscano altresì il corretto arginamento dii una tale situazione emergenziale.

 

Le istituzioni devono sì impegnarsi in prima linea per debellare un tale eccidio ecologico, tuttavia: “ A questo fenomeno, che ha origini lontane, negli ultimi anni si è aggiunto il flagello della diffusione della Xylella, che ha amplificato l’abbandono del territorio, rappresentando una profonda piaga per l’economia, l’ambiente e il paesaggio. Inevitabilmente la fitopatia ha inciso profondamente sul fenomeno degli incendi e, in particolare, degli incendi di uliveti, che negli ultimi anni rappresentano una costante giornaliera, un flagello non solo per l’ambiente e il paesaggio, profondamente sconvolti, ma anche per tutto il sistema di gestione AIB.

A tutto questo aggiungiamo anche la diffusa abitudine all’abbandono indiscriminato dei rifiuti nelle nostre campagne, che rappresentano ulteriore fattore di innesco e propagazione degli incendi.

Per non parlare di alcune “cattive abitudini” di origine culturale, all’uso del fuoco in alcune pratiche agricole o legate alla pastorizia, oppure per “pulire” terreni incolti, comportamenti colposi che, purtroppo, stentano a scomparire e vengono tollerati. 

Non saprei dire se ci sia anche un sistema criminale dietro la piaga degli incendi e quanto incidano gli incendi di origine dolosa sul fenomeno più ampio.

L’azione investigativa e le indagini per individuare i colpevoli sono competenze delle Unità Forestali dell’Arma dei Carabinieri, nei quali è confluito il disciolto Corpo Forestale dello Stato ”

 

 

I primi passi dunque, devono essere mossi da noi: siamo noi, gli agricoltori, gli imprenditori, i cittadini tutti a dover tutelare in primis il territorio.

Siamo noi, a dover evitare l’abbandono delle campagne, a curarne tutti gli aspetti, e a vigliare attentamente su eventuali avvenimenti di origine dolosa.

E poi, l’altro primario compito, di parimenti importanza e livello, è quello delle istituzioni, degli uffici pubblici del catasto – che mai hanno censito realmente i terreni colpiti da incendi – degli uffici regionali, a dover intessere, abilmente, una strategia che possa essere un concreto cavallo di battaglia per arginare un vero e proprio cancro che sta lentamente e tristemente consumando tutto.

 

 

I nostri territori, insieme a noi, non ce la fanno più: siamo ancora agli inizi di un triste epilogo, siamo all’inizio della fine, e non possiamo più aspettare.

 

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L’APPROFONDIMENTO nel nostro articolo del 20 giugno scorso

L’INCHIESTA / SALENTO FUOCO E FUMO

 

 

Category: Costume e società, Cronaca, Politica

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