“San Martino” DI GIOSUE’ CARDUCCI
(g.p.)______
La nebbia a gl’irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar
Perché alle scuole elementari, alle scuole medie, non fanno studiare più le poesie, le grandi poesie della nostra bellissima tradizione letteraria, Foscolo, Leopardi, Manzoni, Carducci, Pascoli, D’ Annunzio, Ungaretti, Montale, a memoria?
E se fanno studiare qualcosa ancora a memoria, si tratta di astruse filastrocche?
ma per le vie del borgo
dal ribollir de’ tini
va l’aspro odor de i vini
l’anime a rallegrar.
Gira su’ ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
sull’uscio a rimirar
tra le rossastre nubi
stormi d’uccelli neri,
com’esuli pensieri,
nel vespero migrar.
Quanto pomeriggi, quanta fatica, ma quanto diletto, nei fortunati ragazzini che imparavano le poesie dei nostri grandi classici a memoria…
E se non le capivano appieno, pazienza…
Però dai, questa di Giosuè Carducci era facile, e adesso sembra fatta apposta, a farci immaginare un mondo dell’Italia contadina che non c’è più, con i suoi borghi in cui il tempo scorreva lieto e lento, scandito dalle scadenze dettate dall’agricoltura, elemento unificante della cultura di tutti i popoli, e dai ritmi naturali.
Abbiamo bisogno di tornare a studiare. Di tornare sui libri.
E’ la poesia – quella grande, quella vera, quella senza tempo – è una delle ultime cose rimaste, ancora capaci di prendere la nostra mente, e farci fremere il cuore.
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